Il continuo dibattersi tra cuore, paura e legge

"Dimenticami, io devo seguire la mia strada e se ti vedo non riesco a farlo".
Parole pronunciate con un grande senso di normalità, senza pensare a quanto possano ferire. Ma non importa perché bisogna fare la cosa giusta.
"D'altronde quando ho promesso, sapevo quel che facevo!"
Peccato, io non sapevo ciò che stavi promettendo... e perché.
"Sai che ti amo, ma non posso continuare, non ce la faccio più"
Con quanta leggerezza si parla d'amore. Lo si dice piano, in un orecchio, o forte dall'ambone durante le omelie. Resta solo una parola o forse un timido gesto.
"Non posso vederti, devo accompagnare il vescovo (il confratello, il superiore, ecc.)"
Il fanalino di coda tra gli impegni della settimana. Ma ce l'avevano premesso che il ministero sarebbe stato sempre al primo posto.
"Tanto prima o poi ci dovremo lasciare, dovremo farlo; è inutile che facciamo progetti"
OK. Allora meglio subito. Non è giusto che si viva con questa spada di Damocle che pende sulla testa. Questo perché? Perché dicendo così, lui si libera (o pensa di liberarsi) dall'angoscia della trasgressione, dicendo a se stesso che a breve tutto finirà e la fulgida gemma tornerà a splendere.
"Sono un imbecille, quando ti sto davanti non riesco a mantenere i miei propositi".
Quanto all'imbecille, posso anche darti ragione, e sai perché? Perché mi tratti come se fossi un bene "terziario", così si definiscono quei beni di cui si può fare a meno, del tutto accessori. Sentirsi una tentazione da cui stare alla larga, questo sì che mi piace!
"Debbo rinunciare a te; offrirò questo sacrificio al Signore, lui saprà trasformarlo in bene. Anzi, fallo anche tu"
Ma razza di cretino, pensa per te! Se proprio vuoi offrirti in sacrificio (come se poi il Signore volesse questo, poveri noi!) fallo pure... ma cosa c'entro io? Io non ho nulla da espiare. Ma che parliamo a fare: tu ora ti senti a posto, un eroe dal cuore "indiviso", tragicamente incapace di spezzarsi.
Parole pronunciate con un grande senso di normalità, senza pensare a quanto possano ferire. Ma non importa perché bisogna fare la cosa giusta.
"D'altronde quando ho promesso, sapevo quel che facevo!"
Peccato, io non sapevo ciò che stavi promettendo... e perché.
"Sai che ti amo, ma non posso continuare, non ce la faccio più"
Con quanta leggerezza si parla d'amore. Lo si dice piano, in un orecchio, o forte dall'ambone durante le omelie. Resta solo una parola o forse un timido gesto.
"Non posso vederti, devo accompagnare il vescovo (il confratello, il superiore, ecc.)"
Il fanalino di coda tra gli impegni della settimana. Ma ce l'avevano premesso che il ministero sarebbe stato sempre al primo posto.
"Tanto prima o poi ci dovremo lasciare, dovremo farlo; è inutile che facciamo progetti"
OK. Allora meglio subito. Non è giusto che si viva con questa spada di Damocle che pende sulla testa. Questo perché? Perché dicendo così, lui si libera (o pensa di liberarsi) dall'angoscia della trasgressione, dicendo a se stesso che a breve tutto finirà e la fulgida gemma tornerà a splendere.
"Sono un imbecille, quando ti sto davanti non riesco a mantenere i miei propositi".
Quanto all'imbecille, posso anche darti ragione, e sai perché? Perché mi tratti come se fossi un bene "terziario", così si definiscono quei beni di cui si può fare a meno, del tutto accessori. Sentirsi una tentazione da cui stare alla larga, questo sì che mi piace!
"Debbo rinunciare a te; offrirò questo sacrificio al Signore, lui saprà trasformarlo in bene. Anzi, fallo anche tu"
Ma razza di cretino, pensa per te! Se proprio vuoi offrirti in sacrificio (come se poi il Signore volesse questo, poveri noi!) fallo pure... ma cosa c'entro io? Io non ho nulla da espiare. Ma che parliamo a fare: tu ora ti senti a posto, un eroe dal cuore "indiviso", tragicamente incapace di spezzarsi.