La lettera virtuale

“Non è bene che l’uomo sia solo…” (Gen 18)

Questo blog nasce dall’esigenza di portare alla luce la sofferenza, i problemi, le contraddizioni e gli ostacoli o i divieti che derivano dalla legge del celibato obbligatorio dei preti, così come previsto nell’ordinamento della chiesa cattolica romana.
Vuole essere principalmente un punto per lo scambio di esperienze e per il sostegno reciproco di quanti sono coinvolti in questa problematica:

• Le donne, che sono costrette a nascondersi, talvolta a vergognarsi di ciò che provano, subendo i cambi continui di umore di una immaturità affettiva dei chierici

• I preti, che vivono uno stato di confusione tra ciò che sembra essere il loro obbligo di fedeltà verso la chiesa a cui appartengono, e la bellezza di una nuova scoperta.

• I figli nati da queste relazioni, che hanno tutto il diritto di essere figli come tutti gli altri e quindi amati e cresciuti da entrambi i genitori. Soprattutto, come la gerarchia sosteneva a riguardo del referendum sulla legge 40, hanno il diritto di conoscere chi è il loro padre

E’ evidente che il celibato obbligatorio sia solo uno dei sintomi di una rigidità dottrinale che non contempla il bene dell’uomo e, per questo, la chiesa stessa (il popolo di Dio) deve trovare la forza e la libertà di andare oltre la legge, proprio sulle orme dell’uomo Gesù che ha avuto il coraggio di sfidare i mali del Tempio.

Re: La lettera virtuale

Messaggiodi Stefania » 4 nov 2008, 14:31

Mi è difficile ragionare per stereotipi. Così come non concepisco il rancore ad oltranza, non trovo giusto "non piacersi" per aver rivendicato un proprio sacrosanto diritto. Le cose sono due, cara Martina: 1) le ragioni per cui hai creato distanza tra voi non erano valide e sufficienti; 2) lui ti manca al punto che vorresti non averlo mai fatto e poter vivere ancora di quei brevi e fugaci momenti.
Sono convinta che la tua non sia vendetta, ma un sano rifiuto verso il trattamento indegno che hai ricevuto. Cosa sarebbe accaduto se non ti fossi difesa?
Magari lo vedresti ancora, ma in che modo?
Comunque la mia opinione è che se ritieni di aver sbagliato non è mai troppo tardi per fare ammenda. Vai, fallo! Chiedi perdono per esserti protetta dal suo egoismo e dalla sua superficialità.
La domanda è corretta: dov'è l'amore in tutto questo?
Lui forse non ti ha mai detto di non volerne sapere di te, ma ti sta forse cercando? E' cambiato tanto da farti pensare che le cose andrebbero diversamente?
Secondo me non si tratta del tempo "della tirannia e dell'orgoglio", ma del tempo "della distanza per guarire".
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Re: La lettera virtuale

Messaggiodi Martina » 4 nov 2008, 21:51

Cara Stefania
vedi io non mi sono affatto difesa.
Non ce n’era alcun bisogno. Difendermi da cosa? Da chi?
Da un debole?
Mi sono offesa, questo si. E fin qui, tutto bene.
E come tale mi sono comportata. Male, molto male, te lo assicuro.
Perché mi sono trasformata in una persona forse al pari suo: debole, sciocca, scontata.
Certo che non mi sono piaciuta guardandomi in prospettiva.
Non rivendicavo proprio nessun sacrosanto diritto, insultavo con arroganza!
Ho mille scusanti, certo.
Non mi frusto per come sono stata e nemmeno per l’ovvio silenzio che ne è conseguito da parte sua.
Non vedo tutto ciò in prospettiva di lui, ma di me.
Non ci si protegge così da egoismo e superficialità.
Così si offre solo il fianco affinché l’egoismo e la superficialità altrui si fortifichino, si compiacciano trovandosi davanti una persona disordinata, odiosa, egoista.
Voilà, per la prima volta ho fatto il suo gioco.
Distanza per guarire?
Si, tutti e due probabilmente. Per rimanere uguali.
Siamo due facce della stessa medaglia.
Niente è cambiato se non cambiamo atteggiamento, come ho già scritto.
Con lui o con un altro, con un prete o un professore: se non siamo liberi fino in fondo di essere davvero noi stessi, a costo di sembrare marziani, non troveremo nessuna guarigione.
Martina
 
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