Maria, più vicina alla terra che al cielo

Pubblicato su Il Manifesto l’11 Marzo 2001


Di OTTAVIO DI GRAZIA

Una occasione per rileggere il Magnificat, commentato dalle voci di studiosi e lettori appassionati, convocati da Rosetta Stella a meditare sui singoli versetti di questa preghiera: probabilmente un inno in uso nelle comunità giudeo-cristiane, assunto da Luca nel suo Vangelo e fatto pronunciare da Maria. Le sue parole ci consentono di correggere una idealizzazione che sfiora la banalità, restituendoci la figlia di Israele, figura per eccellenza della relazione, né estranea all’umanità né ad essa superiore


Il Testo del Magnificat (Luca 1, 46-55).
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nel pensiero del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzati gli umili;
ha colmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre.



Questo stupendo inno, preghiera, lode, canto di giubilo, salmo di Maria, che ritroviamo nel Vangelo di Luca, accompagna la singolare avventura coordinata da Rosetta Stella (saggista e studiosa del pensiero della differenza sessuale incrociato alle forme di spiritualità cristiana, ex dirigente dell’Unione donne Italiane e tra le fondatrici della rivista Via Dogana) che ha chiamato a commentare, rileggere, interpretare il Magnificat vari personaggi, credenti e non, donne e uomini, giovani e di età matura, ritenuti "ideali", affidando a ciascuno un versetto, punto di partenza per meditazioni intensissime. (Sul Magnificat, Marietti, pp. 265, L. . 38.000) Tra gli altri, Vittorio e Anna Foa, il teologo Piero Coda, Giuliano Zincone, la storica Lucetta Scaraffia, la scrittrice Melania Mazzucco, Luciana Viviani, storica dirigente del Pci e dell’Udi, Francesca Mambro, Valerio Fioravanti (i due ex ragazzi dei Nar che stanno scontando l’ergastolo), Mara Chiaretti, documentarista e critica d’arte. Un commento, rigo per rigo, un voler puntigliosamente riflettere su queste parole, così semplici, eppure così difficili da pronunciare giacché esse espongono chi le prende sul serio all’ancor più difficile compito di misurarsi con una storia, (la nostra, le nostre storie), troppo rassegnata all’assenza di domande, in cui il pensiero diventa pura registrazione del così stanno le cose, di eventi che si susseguono senza spessore, di un presente diventato un vetro opaco, una statua infranta. Una storia che ormai fa a meno di profezia, di speranza, di memoria.
Un commento rigo per rigo per dar vita a quell’incessante commento alle Scritture, a quell’interpretazione infinita del Testo Sacro, che sola consente di dispiegare pienamente la fatica del pensiero, il farsi del pensiero grazie al quale l’umanità si trasforma, nella ricerca di sempre nuovi significati. Sì, proprio il Magnificat, le parole attraverso le quali Maria di Nazaret, la donna ebrea di una remota borgata della Galilea, [colei che nei primi scritti neotestamentari appare come una donna senza nome (Gal 4, 4), donna del silenzio e dell’ascolto] la madre di Gesù, il Messia, diventa il punto di partenza per testimonianze di vita, riflessioni, laceranti squarci esistenziali; per annodare i fili del dolore, della gioia, della memoria, del rimpianto, dell’amore, dell’incontro, delle perdite, del limite, della speranza, della responsabilità, dell’indignazione. Per interrogarsi sul senso della frammentazione che ci accompagna, sull’alterità, sulla prossimità, sulla relazione, sulla misericordia di Dio, sulla fedeltà; e per porsi e porre le ineludibili domande sulla storia, sul potere, sull’esistenza. Un omaggio a Maria, dunque, ma non un’opera di mariologia, e nella consapevolezza che si tratta di una donna che "dice Dio". Un omaggio al paradosso Maria, uno dei personaggi più discreti del Vangelo al centro, nell’appena concluso anno giubilare, di un "presenzialismo" che ha determinato non pochi problemi sul piano del dialogo ecumenico.
Il Magnificat ci restituisce la Maria dei Vangeli e ci consente di correggere quella idealizzazione, qualche volta al limite della banalizzazione (con statue in lacrime e "segreti" svelati). Restituisce una Myriam, figlia di Israele, donna ordinaria e non una semidea generata da un immaginario alla disperata ricerca di una madre protettrice e con una profonda nostalgia per il grembo materno. Interrogando il salmo di Maria, partendo dalle sue parole, si rimedita sull’avventura stessa di una domanda, di una parola che apre scenari inediti e si scopre una donna che abita la discrezione, pur testimone di eventi, l’Annunciazione e la Natività, che nel silenzio avvengono e sono consegnati alla sua e alla nostra riflessione.
Maria non è una creatura a metà strada tra il cielo e la terra, ma compagna di viaggio "né al di fuori né al di sopra dell’umanità". E’ figura della relazione. Il Magnificat, nasce da questo silenzio da cui scaturiscono poche, scarne parole che ci fanno riconoscere il silenzio come ritmo della parola, la solitudine come orizzonte del dialogo e sorgente di un pensiero e di un’esperienza dell’impensato che sfida la realtà e la sovverte. Dunque, non solo saggi di riflessione teologica, ma anche opere di letteratura, ritratti di personaggi, considerazioni di carattere personale, autobiografico, commenti, racconti di pura fantasia, ma nell’insieme "un’opera polifonica" con forti dissonanze che hanno saputo riproporre "l’armonia di quell’unicum che è il cuore palpitante della donna Maria che si esprime nel grido di giubilo del Magnificat" (Stella). Differenti linguaggi che non smarriscono la febbrile attenzione a un testo che interroga e si lascia interrogare. Rigo per rigo, dicevo prima. Tranne il versetto/riga 17 del Magnificat ("come aveva promesso ai nostri padri"), lasciato senza commento, senza una storia, senza una suggestione. Infatti nel testo compare una pagina bianca. Rosetta Stella, nell’introduzione racconta come, mentre per gli altri versetti era stato semplice trovare un nome da abbinarvi, per questo no. "I padri si smaterializzavano, si disincarnavano davanti a me non appena ne cercavo uno". Resta una pagina da riempire. Una pagina bianca, vuota di parole, quasi un intervallo, un’attesa, l’attesa tra una domanda e una possibile risposta. Una pagina da riempire che dice, simbolicamente, di uno spazio tra promesse e speranze, di disponibilità a rischiare l’incontro con chi irrompe nella storia e la sovverte.
Probabilmente il Magnificat non è una composizione fatta da Maria, (il Magnificat è un insieme di reminiscenze scritturistiche, in particolar modo salmiche) è una preghiera ricca ma semplice, che riflette la spiritualità di circoli di poveri del Signore, gli anawim (termine che designava quelle persone di bassa condizione sociale e che successivamente è servito per indicare tutti coloro che non potevano contare sulle proprie forze, dunque i "curvati", gli "afflitti", gli "oppressi", coloro che potevano contare solo sul Signore) a cui apparteneva anche Maria. Infatti i verbi usati nel Magnificat per esprimere la lode che Maria rivolge al Signore si trovano frequentemente nei salmi degli anawim. Non è neppure opera di Luca ma, come ritiene la maggioranza degli studiosi, un inno in uso nelle comunità giudeo-cristiane, assunto da Luca e fatto pronunciare da Maria. Ma di là da queste notazioni, quello che emerge è un quadro estremamente ricco. Si tratta di una preghiera con cui Maria esprime il suo ringraziamento, la sua lode e la sua benedizione al Dio che ha compiuto meraviglie in lei, ma è anche la preghiera con cui la comunità si rivolgeva con sentimenti di stupore, adorazione, ringraziamento e lode al Dio che ha operato e continuerà a operare meraviglie nella storia. Un canto che celebra la venuta di Dio come qualcosa di sempre nuovo e inatteso, dirompente.
L’incontro con Dio è rischio, prova, apertura. Non è un’emozione che svanisce improvvisa come traccia sulla sabbia. Il Magnificat di Maria è apertura libera alla Parola di Dio, all’impensato, è libertà (Coda). La libertà, l’impensato aprono al futuro. Maria canta la gioia del futuro (Scaraffia). Il Magnificat è il canto dello sguardo che si poggia sul volto d’altri e viene accolto. Maria canta il divenire, il farsi dimora, il farsi amore, risposta e richiesta; canta l’inaspettato che viene accolto (Antonia Tronti). E’ il canto che celebra il senso del limite, dell’umiltà che riconosce che Dio lo si può solo contemplare e lasciarsene contagiare con abbandono. Così va letto il bel contributo di Shahrzad Houshmand Zadeh sulla presenza di Maria nel Corano.
Le profondità impensate del Magnificat si giocano tutte su queste cifre simboliche. Appartiene a un genere letterario che combina elementi del ringraziamento e dell’inno e non si può non sottolineare il suo carattere teocentrico: è un discorso su Dio come protagonista della salvezza. Ciò che Maria celebra, avendola sperimentata nella storia e nella sua esistenza, è la misericordia di Dio, così come Anna la celebrò nel suo cantico (1 Sam 2, 1-10), echeggiato in maniera particolare nel Magnificat, perché le aveva tolto la sterilità. Per due volte, nel Vangelo di Luca, ritorna il tema della misericordia di Dio, tema che viene costantemente variato ed espresso anche nella maniera paradossale del Dio che usa la forza per rovesciare le situazioni di ingiustizia e di oppressione. Proprio il tema della misericordia di Dio è affidato a Mambro e a Fioravanti che ne discutono in un bellissimo epistolario. L’abbattimento degli uni (superbi, ricchi, potenti) diviene salvezza per gli altri (umili, affamati). Perfino nei suoi effetti più violenti, la forza di Dio viene cantata come misericordia. E qui non si possono non annodare cruciali riflessioni sui temi del potere, del sovvertimento di un ordine sociale ingiusto. Questioni che aprono altri interrogativi sul senso e sulle forme di modelli sociali, sull’eclissi della politica che stancamente si trascina senza più confrontarsi con le trasformazioni che ne hanno svuotato categorie e concetti. A questo proposito mi sembra interessante il confronto fra Vittorio Foa e sua figlia Anna. Le parole iniziali del salmo di Maria, contengono le uniche azioni di cui Maria è soggetto: Maria "magnifica" ed "esulta", gioisce di una gioia che trova in Dio la propria sorgente.
La stessa Maria si definisce completamente in relazione con Dio. Azione che consiste in quel "ribaltamento" delle sorti che sarà un tema ricorrente del terzo Vangelo, in cui poveri e umili saranno innalzati e ricchi e potenti sono abbassati. In Luca, Gesù rivolge la sua attenzione a emarginati, esclusi, donne, poveri mostrando che essi sono i destinatari della salvezza promessa da Dio. Tutti questi temi, che trovano il loro apice nelle beatitudini, sono presenti nel Magnificat, che diviene una sorta di sintesi dell’evangelo. Maria la donna povera che esulta perché si riconosce salvata e riconosce di aver fatto l’esperienza della salvezza operata da Dio: "Il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore" (Lc 1, 47). In questo passo va riconosciuta tutta la forza e l’intensità di quel "mio Salvatore" (eco di Abacuc 3, 18) che evidenzia come la salvezza non sia un concetto astratto, ma consista in una relazione con Dio. Il Dio che canta Maria, è il Dio d’Israele, il Dio dei padri, lo stesso Dio narrato da Gesù nella sua predicazione e nel suo agire, il Dio che ha stabilito un patto con i padri e attraverso di loro con l’umanità perché fosse responsabile della creazione e se ne assumesse la responsabilità e la cura. Ancora la relazione dunque: occorre ricordarla, pesarne il valore ontologico. La memoria, dunque, che attraversa non pochi dei contributi di questo volume. La memore misericordia del Signore è sempre più forte dell’incerta risposta umana. Tutto ciò è contenuto nel significato stesso dei nomi di coloro che, accanto a Maria, sono i protagonisti dell’inizio del terzo Vangelo.
Zaccaria significa: "Il Signore si è ricordato". Elisabetta significa: "Il Signore è il suo giuramento". Giovanni significa: "Il Signore è pietoso". Chi dopo duemila anni scosti appena i veli della storia rabbrividisce udendo il Magnificat, questo stupendo canto messianico che salutava con parole di gioia e di esultanza la salvezza avvenuta, la fine dell’umiliazione, dell’oppressione, dell’ingiustizia. Una salvezza del frammento, nel frammento che è la storia. Che ne è di questa salvezza?




La preghiera di Anna
1Samuele 2,1-10
1Sam 2,1 Allora Anna pregò:
"Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io godo del beneficio che mi hai concesso.
2 Non c’è santo come il Signore,
non c’è rocca come il nostro Dio.
3 Non moltiplicate i discorsi superbi,
dalla vostra bocca non esca arroganza;
perché il Signore è il Dio che sa tutto
e le sue opere sono rette.
4 L’arco dei forti s’è spezzato,
ma i deboli sono rivestiti di vigore.
5 I sazi sono andati a giornata per un pane,
mentre gli affamati han cessato di faticare.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita.
6 Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
7 Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta.
8 Solleva dalla polvere il misero,
innalza il povero dalle immondizie,
per farli sedere insieme con i capi del popolo
e assegnar loro un seggio di gloria.
Perché al Signore appartengono i cardini della terra
e su di essi fa poggiare il mondo.
9 Sui passi dei giusti Egli veglia,
ma gli empi svaniscono nelle tenebre.
Certo non prevarrà l’uomo malgrado la sua forza.
10 Il Signore... saranno abbattuti i suoi avversari!
L’Altissimo tuonerà dal cielo.
Il Signore giudicherà gli estremi confini della terra;
darà forza al suo re
ed eleverà la potenza del suo Messia".



La preghiera del profeta Abacuc
Abacuc 3,1-19
3,1 Preghiera del profeta Abacuc, in tono di lamentazione.
2 Signore, ho ascoltato il tuo annunzio,
Signore, ho avuto timore della tua opera.
Nel corso degli anni manifestala
falla conoscere nel corso degli anni.
Nello sdegno ricordati di avere clemenza.
3 Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paràn. Pausa
La sua maestà ricopre i cieli,
delle sue lodi è piena la terra.
4 Il suo splendore è come la luce,
bagliori di folgore escono dalle sue mani:
là si cela la sua potenza.
5 Davanti a lui avanza la peste,
la febbre ardente segue i suoi passi.
6 Si arresta e scuote la terra,
guarda e fa tremare le genti;
le montagne eterne s’infrangono,
e i colli antichi si abbassano:
i suoi sentieri nei secoli.
7 Ho visto i padiglioni di Cusàn in preda a spavento,
sono agitate le tende di Madian.
8 Forse contro i fiumi, Signore,
contro i fiumi si accende la tua ira
o contro il mare è il tuo furore,
quando tu monti sopra i tuoi cavalli,
sopra i carri della tua vittoria?
9 Tu estrai il tuo arco e ne sazi di saette la corda. Pausa
Fai erompere la terra in torrenti;
10 i monti ti vedono e tremano,
un uragano di acque si riversa,
l’abisso fa sentire la sua voce.
In alto il sole tralascia di mostrarsi,
11 e la luna resta nella sua dimora,
fuggono al bagliore delle tue saette,
allo splendore folgorante della tua lancia.
12 Sdegnato attraversi la terra,
adirato calpesti le genti.
13 Sei uscito per salvare il tuo popolo,
per salvare il tuo consacrato.
Hai demolito la cima della casa dell’empio,
l’hai scalzata fino alle fondamenta. Pausa
14 Con i tuoi dardi hai trafitto il capo dei suoi guerrieri
che irrompevano per disperdermi
con la gioia di chi divora il povero di nascosto.
15 Hai affogato nel mare i suoi cavalli
nella melma di grandi acque.
16 Ho udito e fremette il mio cuore,
a tal voce tremò il mio labbro,
la carie entra nelle mie ossa
e sotto di me tremano i miei passi.
Sospiro al giorno dell’angoscia
che verrà contro il popolo che ci opprime.
17 Il fico infatti non germoglierà,
nessun prodotto daranno le viti,
cesserà il raccolto dell’olivo,
i campi non daranno più cibo,
i greggi spariranno dagli ovili
e le stalle rimarranno senza buoi.
18 Ma io gioirò nel Signore,
esulterò in Dio mio salvatore.
19 Il Signore Dio è la mia forza,
egli rende i miei piedi come quelli delle cerve
e sulle alture mi fa camminare.
Per il maestro del coro. Su strumenti a corda.



11 Marzo 2001