COMUNITA’ PARROCCHIALE Dl S. CRlSTINA. S.ANTONIO ABATE. SM. MADDALENA, S.PIETRO D’ALCANTARA (Parma)
Esiste l’inferno?
Incontro sulla Escatologia. (prima parte)
di Don Luciano Scaccaglia
Riprendiamo il primo di una serie di opuscoli redatti da don Luciano Scaccaglia, parroco in Parma della COMUNITA’ PARROCCHIALE Dl S. CRlSTINA. S.ANTONIO ABATE. SM. MADDALENA, S.PIETRO D’ALCANTARA. Ringraziamo don Luciano per questi testi L’inferno tra i cristiani è l’annuncio, il dogma, che gode di minore simpatia e non ha molti credenti: solo una minoranza (così appare da recenti sondaggi) vi crede. E’ vero che non è la maggioranza statistica dei fedeli che stabilisce la verità di un dogma, ma è anche vero che il “sensus fidelium”, “l’istinto di fede dei credenti”, nella Chiesa ha il suo peso e il Magistero deve tenerne conto. Così il Concilio Vaticano Il descrive il “sensus fidelium”: “La totalità dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dello Spirito santo (cf. i Gv. 2,20 e 27) non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà che gli è particolare mediante il senso soprannaturale della fede in. tutto il popolo, quando ‘dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici’ (8) esprime l’universale suo consenso in materia di fede e di costumi. Infatti, per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito dì verità, il popolo di Dio, sotto la guida del sacro magistero, al quale fedelmente si conforma, accoglie non la parola degli uomini ma, qual è in realtà, la parola di Dio (Ct. i Tess. 2, 13),aderisce indefettìbilmente ‘alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi’ (Giuda, 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l’applica nella vita” (Lumen Gentium, 12). Definizione tradizionale dell’infernoEsso consiste nella separazione eterna da Dio dopo la morte. “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, ‘il fuoco eterno’. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1035). In questo testo ufficiale purtroppo si parla ancora di pene dell’inferno e di fuoco eterno, anche se quest’ultima frase è virgolettata, realtà su cui oggi anche i credenti nell’inferno hanno dubbi e perplessità, per non dire anche rifiuto. Gli esegeti infatti parlano di linguaggio simbolico, che non deve essere preso alla lettera: “La Bibbia (anche circa l’inferno, ndr) ricorre a immagini necessariamente negative perché devono indicare il distacco assoluto dalla luce, dalla vita, dalla gioia. Ecco, allora,; il ricorso al ‘fuoco eterno’ (Mt 3,12; 18,8; 25,41) o alla Geenna, una valle di Gerusalemme ove si incenerivano i rifiuti urbani e ove si celebravano riti infami (Mt 5,22-30). Ecco anche l’immagine del pianto e dello ‘stridor di denti’, un’espressione che suggerisce non tanto il gelo ma il terrore (Mt 13,50), oppure il simbolo macabro di un verme che rode senza fine le carni (Mc 9,48), o ancora l’incombere delle tenebre (Mt 8,12)” [1] . La teologia e l’infernoLa teologia contemporanea. 1 L’inferno non è un luogo né la pena consiste nel fuoco eterno. I brani del Nuovo Testamento circa l’inferno non hanno lo scopo di farci conoscere qualcosa su una effettiva realtà ultraterrena, vogliono invece indirizzare verso il bene la nostra vita terrena, hanno cioè uno scopo parenetico esortativo, morale, “vogliono kerygmaticamente influenzare la nostra vita terrena.” [2] . 2 Molti teologi concordano anche nell’affermare che né la Sacra Scrittura, né la Tradizione dicono che qualcuno sia nell’inferno (neppure Giuda, malgrado Mc 14,21; Lc 22,3; Gv 13,27): “Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dai quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!”(Mc 14,21). “Con la canonizzazione la chiesa manifesta sì la propria fede che determinati uomini sono nella beatitudine celeste, ma non fa alcuna affermazione simile circa la dannazione di determinati uomini.” [3] 3 Per un gruppo di teologi può essere conforme alla Sacra Scrittura e al Magistero della Chiesa dire che l’inferno è una possibilità per coloro che muoiono lontano da Dio, ma questi testi “non direbbero tuttavia in maniera cogente che degli uomini muoiono effettivamente in peccato mortale” [4] . 4 La teologia moderna quindi non si sofferma più sul luogo dell’inferno, né sul numero dei dannati, né sulle pene. Prima si parlava di ‘poena damni”, cioè la perdita perpetua della visione di Dio e la “poena sensus”, il “fuoco”, quale sofferenza che coinvolge la creatura nella sua corporeità. Oggi invece, coloro che credono nell’inferno, parlano di una punizione globale e irreversibile del dannato: “L’inferno è, allora, l’incompimento definitivo,’ l’imperfezione eterna dell’uomo, il suo fallimento globale; in quanto perdita definitiva del rapporto di relazione con Dio e con la sua opera di salvezza e perfezionamento dell’uomo. Come tale l’inferno è una situazione eterna, irreversibile, in quanto questo aspetto è conseguente all’estraneamento dell’uomo da Dio: è un rifiuto di Dio che diviene irreversibile e di cui Dio prende atto, operandone una ratifica sostanziale” [5] . Il Magistero della Chiesa Cattolica- Per il Nuovo Catechismo Olandese l’inferno non contraddice la bontà di Dio; anzi chi più ama Dio, più crede nell’inferno: “A volte pensiamo: l’inferno è incompatibile con la bontà divina. Ma proprio coloro che erano profondamente animati dall’amore di Dio vi hanno creduto. Primo di tutti lo stesso Gesù; non dà cifre, ma nella risposta a una domanda circa il numero dei salvati e dei dannati, ammonisce con profonda serietà, perché si segua la vita che conduce alla vita. Qui ognuno dovrà trarre da sé le sue conclusioni. L’ammonimento del Cristo è per noi un beneficio. Anche i santi hanno creduto all’inferno, senza che vi ravvisassero una contraddizione con l’amore di Dio: Per colui che si ostina, il dolce calore dell’amore di Dio diverrà un fuoco di rimorso e di amaro rimpianto. Nelle scene del giudizio universale delle cattedrali medioevali, il gesto di condanna è questo: Gesù mostra le sue cinque piaghe. Per dire tacitamente, senza alcuna parola: Guardate ciò che ho fatto: Che avrei dovuto fare di più? La piccola Teresa cercava la sua risposta anche nella giustizia di Dio: nessuno andrà all’inferno se non lo merita” [6] . - Per il Catechismo degli adulti, l’inferno è una tragica possibilità, legata alla serietà della nostra libertà: “La nostra libertà ha una drammatica serietà: siamo chiamati alla vita eterna; ma possiamo cadere nella perdizione eterna. ‘Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà’ (Sir 15,17). Dio vuole che tutti siano salvati e vivano come suoi figli in Cristo, eppure per ciascuno c’è la triste possibilità di dannarsi: mistero inquietante, ma richiamato tante volte nella Bibbia, con parole accorate di minaccia e di ammonimento.” [7] Anzi, per questo catechismo, l’inferno sarebbe una testimonianza indiretta della grandezza di Dio. “Tuttavia, con il loro stesso rifiuto, i dannati manifestano ancora la grandezza della libertà che ricevono in dono, e quindi la grandezza del Creatore. Con il loro tormento affermano la meravigliosa bellezza della grazia che non accettano, la potenza dell’amore che li attrae e che respingono. Come si può intuire, il male è integrato anch’esso nella gloria di Dio: anche se non è soppresso, è vinto per sempre” [8] > Queste affermazioni per me sembrano fuori da ogni logica umana e divina, in quanto Dio, in Cristo, si è dimostrato un Padre e una Madre dall’amore infinito, tale da non permettere che nessuno vada perduto: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno: Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,39,40). - Giovanni Paolo II in molti suoi interventi ha ribadito l’esistenza dell’inferno presentandolo non come castigo di Dio, ma come scelta libera della creatura; nel contesto ha spesso parlato della esistenza del demonio e della sua presenza certa nell’inferno. “Dio è Padre infinitamente buono e misericordioso. Ma l’uomo, chiamato a rispondergli nella libertà, può purtroppo scegliere di respingere definitivamente il suo amore e il suo perdono, sottraendosi così per sempre alla comunione gioiosa con lui. Proprio questa tragica situazione è additata dalla dottrina cristiana quando parla di dannazione o inferno. Non si tratta di un castigo di Dio inflitto dall’esterno, ma dello sviluppo di premesse già poste dall’uomo in questa vita... La ‘dannazione’ non va perciò attribuita all’iniziativa di Dio, poiché nel suo amore misericordioso egli non può volere che la salvezza degli esseri da lui creati. In realtà è la creatura che si chiude al suo amore. La ‘dannazione’ consiste proprio nella definitiva lontananza da Dio liberamente scelta dall’uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell’opzione. La sentenza di Dio ratifica questo stato. La fede cristiana insegna che, nel rischio del ‘sì’ e del ‘no’ che contraddistingue la libertà creaturale, qualcuno ha già detto no. Si tratta delle creature spirituali che si sono ribellate all’amore di Dio e vengono chiamate demoni (cfr Concilio Lateranense IV: DS 8OO-8O1)” [9] Verso la negazione dell’interno eterno- L’inferno è sempre stato per molti il principale ostacolo per la fede, come afferma don Miguel de Unamuno: “A causa dell’inferno ho cominciato a ribellarmi contro la fede; la prima cosa di cui mi sono disfatto è la fede nell’inferno, come un assurdo morale. La mia paura è stata l’annientamento, l’annullamento, il niente al di là della tomba. Perché anche un inferno, mi dicevo? E questa idea mi tormentava” [10] . - La negazione dell’inferno viene da molto lontano: 1. Fu Origene ad affrontare direttamente il problema nei primi secoli della Chiesa. Per lui le pene non sono eterne ma temporanee. Infatti alla fine dei tempi tutta l’umanità si salverà in Cristo e avrà luogo la “restaurazione finale” (apokatastasis) di tutti gli esseri umani e del cosmo. Tale salvezza coinvolgerà anche i condannati all’inferno e i demoni. 2. Tale dottrina di Origene fu ripresa anche da altri Padri della Chiesa come Gregorio di Nissa, Teodoro di Mopsuestia ed altri. 3. Nel mondo Protestante anche K.Barth propone la teoria origenista della apokatastasis, nel suo commento al tradimento di Giuda; e a favore della sua teoria cita Col 1,19-20: ‘Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei ciel?”. 4. Anche la dottrina evoluzionista di Teilhard de Chardin sembra camminare in questa direzione. 5. In questo ultimo periodo il problema dell’inferno è stato ripreso da un teologo famoso e di indubbia ortodossia cattolica come Von Balthasar; il suo pensiero in merito è espresso da questa sua famosa teoria: l’inferno esiste ma si può sperare che esso sia vuoto; “non si può raggiungere la certezza, ma si può giustificare la speranza” in tal senso, appellandoci in modo particolare all’amore di Dio, che in Gesù di Nazareth, si è dimostrato illimitato. 6. Altri teologi, pur affermando la possibilità dell’esistenza dell’inferno, non come un intervento di Dio, ma come autocondanna umana, affermano una possibilità di salvezza per tutti attraverso l’opzione finale: in punto di morte Dio darebbe un’ultima possibilità di salvezza. “L’inferno non è una condanna, ma un’autocondanna. Una reale possibilità, non una realtà già fatta e preformata. Di nessuno, nemmeno di Giuda, possiamo dire con sicurezza che si sia dannato. Esso comunque consiste nella perdita di Dio non nella pena impossibile del fuoco, la cui natura va interpretata analogicamente e non affermata letteralmente. Una visione nuova, fedele all’insegnamento della Bibbia e della Chiesa, che ha bisogno di un supplemento di attenzione per quanto riguarda il peccato che porta all’inferno. Una questione che nell’ipotesi dell’opzione finale (l’ultima possibilità di salvezza offerta da Dio in punto di morte) troverebbe la sua soluzione più plausibile” [11] . 7. Il teologo latino-americano Leonardo Boff parla dell’inferno in due sue opere. - Nella prima afferma che negare l’inferno è negare l’essere umano e quindi anche Dio, è non prendere sul serio la libertà umana: “L’uomo può tutto. Può essere un Giuda come può essere simile a Gesù di Nazaret. Può essere un Auschwitz, un Dachau, un Mostar. Può essere un santo e può essere un demonio. Dire cielo e dire inferno significa riferirsi a ciò di cui l’uomo è capace. Chi nega l’inferno non nega Dio e la sua giustizia, nega l’uomo o non lo prende sul serio. La libertà umana non è uno scherzo. E’ un rischio e un mistero, che implica l’assoluta frustrazione nell’odio o la radicale realizzazione nell’amore. Con la libertà tutto è possibile, il cielo ma anche l’inferno” [12] - In una sua seconda opera Leonardo Boff, approfondendo la sua dottrina, arriva all’annuncio di un Inferno vuoto. Parte dal principio biblico che in Dio non c’è odio o vendetta, ma solo amore: “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui” (1Gv 4,8-9). In Dio c’è solo amore, perdono e misericordia; è questa la sua natura, ma anche la sua sofferenza, il suo inferno, in quanto spesso tale amore non trova corrispondenza. “In Lui non c’è odio o vendetta. E, se non trova amori continua ad amare e a soffrire. La mancanza di reciprocità nell’amore è riempita dal perdono. Allora Dio perdona e si mostra misericordioso nei confronti di chi Gli ha negato amore. E la sofferenza d’amore, come tutti gli innamorati sanno, è un inferno. Dio ha il Suo inferno, Non è un inferno continuare ad amare chi non sente niente e non mostra amore? E per causa di ciò, soffrire e perdonare, senza ribellarsi, senza castigare e senza offendere come faremmo noi umani? L’amore-misericordia è l’inferno di Dio. Dio è condannato a questo amore infernale perché così è la Sua natura. La misericordia rivela un aspetto essenziale della natura divina: il lato femminile di Dio. Misericordia significa, etimologicamente, possedere un cuore (cor) che si conduole della miseria (miseri) dell’altro perché la sente profondamente come sua. In ebraico è ancora più forte, perché la parola misericordia - rahamim - significa avere viscere come una madre e possedere seni come una donna. E’ commuoversi davanti al male dell’altro perché ci si sente intimamente colpiti e per questo con la disposizione a essere magnanimi, clementi e indulgenti nel suoi confronti” [13] . Ora nulla può offuscare e opporsi a questo amore - misericordia di Dio, neppure l’inferno. Infatti con tale amore Dio svuota l’inferno. “E’ qui che entra la misericordia. La giustizia riempie l’inferno. E’ il bidone dell’immondizia dove Dio dovrebbe gettare tutto quello che non ha funzionato. Ma la misericordia lo svuota” [14] . Dio essendo giustizia infinita, e l’essere umano, spesso ingiusto e peccatore, creano e ri-creano l’inferno, in quanto Dio non è indifferente di fronte al male, tollerante, non è amorale, ma etico. “La giustizia divina e il buonsenso umano creano l’inferno e continuano a crearlo. E le ragioni sembrano convincenti. Perché il criminale e la vittima innocente non possono avere lo stesso destino. Ripugna al buonsenso ammettere che i torturatori latinoamericani si trovino nello stesso posto di chi è stato torturato da loro. O che Hitler stia nello stesso cielo dei bambini ebrei innocenti, da lui mandati alle camere a gas. Non tutto è ammesso in questo mondo. E neanche nell’altro. E Dio non è cinicamente indifferente ai drammi umani. Egli si schiera dalla parte degli schiavi d’Egitto contro il faraone che li opprimeva, degli ebrei mandati alle camere a gas contro i nazisti, molti dei quali cristiani. Gesù non è morto invano sulla croce. Ma per mostrare che non tutto è ammesso. L’inferno è un’esigenza per una mente sensibile all’ordine cosmico. Il caos etico non può essere l’ultima realtà” [15] . Questa giustizia divina esige la figura di un Dio-Padre, giustiziere e ordinatore che nell’aldilà mette le cose al loro posto e lo fa con l’inferno. “Per questo l’inferno è uno strumento della religione del Dio-Padre giusto e giustiziere che mette ordine nel suo universo. E’ un’immagine religiosa, un’esigenza della cultura dell’uomo-maschio, patriarca e gran signore. A partire da questa cultura patriarcale si è creata l’immagine del Dio-Padre giustiziere e ordinatore” [16] . Ma con l’inferno Dio perde la faccia, la faccia di un Dio Padre-Madre, annulla la sua onnipotenza amorosa e salvante. Subentra allora la sua maternità infinita per liberare l’inferno, svuotandolo in modo che tutti i suoi figli e le sue figlie siano con lui. “Vince la religione del Dio-Madre che ha introdotto la misericordia. La misericordia - l’amore sofferto e doloroso - è un altro principio creatore di ordine cosmico. Ma con il vantaggio che adesso Dio è totalmente vittorioso” [17] . “La religione di Dio Padre-Padrone lascia il posto alla religione del Dio-Madre quindi della misericordia. Dio Padre e Madre svuota il bidone dell’immondizia che è l’inferno, anzi non ne ha bisogno. “La natura divina impedisce che il Padre/Madre eterni abbiano un bidone dell’immondizia perché, come ogni madre, Dio sempre ama, perdona e riconcilia. E’ un fatto, Dio non ha bisogno di un bidone dell’immondizia. Significherebbe la Sua eterna vergogna e il Suo infinito fallimento. Ma Egli è sufficientemente buono e misericordioso da aggiustare tutto quello che non ha funzionato nella lunga traiettoria dell’evoluzione verso il Suo Utero infinito” [18] . Solo le religioni e le chiese che vogliono dominare le coscienze dei loro fedeli e imporre leggi che restringono la libertà hanno bisogno di mantenere la paura dell’inferno. “E’ il grande strumento della loro dominazione. Esse creano delle comunità basate sul terrore. Ma in questo modo sacrificano l’immagine del Dio misericordioso di Gesù Cristo, l’idea dell’infinita compassione di Budda e il contributo di tutte le donne della storia, portatrici di misericordia. Queste religioni e chiese cristiane sono ostaggi del paradigma patriarcale. Esse hanno bisogno dell’inferno. E continueranno ad annunciarlo sinistramente finché continuerà a vigere il paradigma del padre-padrone” [19] . ConclusioneL’inferno non è l’ultima parola di Dio perché è stato vinto da Cristo crocifisso e risorto; questo fatto ci deve dare forza per combattere ed eliminare tutti gli inferni di questa terra. “Se Cristo è realmente risorto dalla morte e dall’inferno, ciò suscita la rivolta della coscienza contro gli inferni della terra e contro tutti coloro che li accendono. Infatti la resurrezione di questo condannato viene testimoniata, e già realizzata, nella rivolta contro la condanna dell’uomo da parte dell’uomo. Quanto più realmente la speranza crede che l’inferno è stato sconfitto, tanto più militante e politica essa diventerà nel combattere gli inferni, bianchi, neri e verdi, grandi e piccoli” [20] . Note
[1] G. Ravasi, La Bibbia, risposta alle domande più provocatorie, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, p. 101. [2] Lessico di teologia sistematica, a c. dì W. Beinert, Queriniana, Brescia 1990 p.352. [3] ibid. [4] ibid. [5] Lexicon, Dizionario Teologico Enciclopedico, Piemme, Casale Monferrato 1994, p. 528. [6] Il Nuovo Catechismo Olandese, Elle Di Ci, Torino-Leumann 1969, pp.581-582 [7] La Verità vi farà liberi, Catechismo degli adulti p.586. [8] ibid, p.588. [9] Cfr. L’Osservatore Romano Ediz.settimanale, 30 luglio 1999. [10] M.de Unamuno, Diario intimo, Alianza Editorial, Madrid 1981, 6 ed. p. 41 (tr.it. Patron, Bologna). [11] Cfr Vita pastorale, n.4, 2002, p.51 [12] L.Boff, Vita oltre la morte, Cittadella Editrice, Assisi 1980, p. 83. [13] L. Boff, Il bidone dell’immondizia che Dio non ha e altri racconti, Sperling & Kupfer Editori, Milano 1997, pp. 45-46. [14] Ibidem, p. 48 [15] ibid, pp.46-47. [16] Ibid, pp. 47-48 [17] ibid, p. 51 [18] ibid, p. 53 [19] ibid, p. 52 [20] Brano riportato da H.Küng, Credo, Rizzoli, Milano 1994, p.172. Lunedì, 12 giugno 2006 |