In vista del Seminario sul Kosovo che si terrà Lunedì 9 luglio, ore 17 presso la Casa del Popolo "Andrea del Sarto" Via Manara 6 - Firenze, riceviamo dal prof. Angelo Baracca questo articolo di Johan Galtung come contributo al dibattito.
11 maggio 2007
Il mondo occidentale ha una stampa libera, e una stampa libera può presentare diversi punti di vista. Perché allora la storia del Kosovo è stata è stata rappresentata così uniformemente negli ultimi 15 anni? E perché la proposta di mediazione di Martti Ahtisaari per lo status futuro del Kosovo - e la copertura mediatica data ad essa - è così parziale e non obiettiva?
Un resoconto imparziale dovrebbe includere la prospettiva dei Serbi, dei Rom e delle altre minoranze presenti in Kososvo, non soltanto quella della maggioranza albanese.
E certamente vero che la Serbia, sotto Milosevic, represse duramene gli Albanesi del Kosovo. Laltro lato della medaglia è che questi (gli Albanesi del Kosovo - ndt) furono estremamente propensi a una visione nazionalista e secessionista sin dalla loro collaborazione con Mussolini. Quando, nel 1974, Tito diede loro probabilmente la maggiore autonomia di cui qualsiasi minoranza abbia goduto, essa fu vista da molti Serbi come una politica anti-serba, poiché ricompensava la ribellione (degli Albanesi - ndt) avvenuta lo stesso anno. Inoltre, è certamente nobile prendersi cura dei diritti delle minoranze, ma la comunità internazionale non si è mai interessata allo stesso modo di analoghe repressioni sui civili serbi in Croazia, Bosnia e Kosovo.
E indubbiamente vero che la Serbia ha avuto un potere militarizzato e poliziesco. Ma i resoconti costantemente omettono che la piuttosto riuscita lotta nonviolenta degli Albanesi del Kosovo fu annientata da USA e Germania quando, dal 1993, essi hanno clandestinamente cominciato ad armare gli estremisti albanesi del Kosovo e creato lUCK (Ushtria Clirimtare E Kosove, o anche KLA, Kosovo Liberation Army), alle spalle del leader del movimento nonviolento Ibrahim Rugova.
E sicuramente ragionevole che i governanti serbi debbano essere processati come possibili criminali di guerra. Ma i resoconti costantemente omettono che lattuale Primo Ministro del Kosovo, Agim Ceku, fu il comandante dellesercito Croato durante loperazione della Sacca di Medak nel 1993, dove ogni essere umano vivente e ogni animale fu ucciso; che come tale egli partecipò alle operazioni con le quali 200.000 cittadini Serbi della Croazia furono scacciati nel 1995.
Ceku fu un leader dellUCK e la Nato non ha disarmato lUCK. Il mondo ha voltato i già ciechi occhi da unaltra parte quando 200.000 serbi del Kosovo sono stati espulsi; poi lUCK provocò una situazione di violenza nel Sud della Serbia e la guerra in Macedonia.
E indubbiamente vero che qualcosa come 800.000 Albanesi fuggirono dal Kosovo nel 1999. Essi lo fecero perché a) imperversava la guerra tra le truppe serbe e quelle dellUCK con i suoi 20.000 ben armati combattenti; b) le armate serbe li mandarono via; c) le bombe della Nato caddero per 78 giorni. La prova che supportava le argomentazioni di Bill Clinton a giustificazione dei bombardamenti - che Milosevic avesse un piano, simile a quelli di Hitler, per espellere 1,5 milioni di Albanesi - non è mai stata prodotta. La maggior parte dei media amplificarono questa manipolazione psicologica in favore della guerra.
Gli albanesi del Kosovo sono tornati indietro. I serbi no. Così per lEuropa il problema maggiore rispetto ai rifugiati è con la Serbia. E un fiasco di proporzioni himalaiane e una sconfitta morale per le Nazioni unite, lUnione Europea, la Nato e lOsce - gli attuali governatori del Kosovo - che essi abbiano fallito nel creare le condizioni per consentire il giusto ritorno dei Serbi, dei Rom e delle altre minoranze.
E sicuramente vero che gli albanesi del Kosovo hanno sofferto. Ma sostenere che questa sofferenza significa a) che la Serbia ha perso la sua sovranità sulla provincia per sempre (una sovranità sottolineata nella Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) e b) che il Kosovo deve quindi divenire il secondo stato Albanese indipendente in Europa è di una eccezionalità pericolosa. Che cosa si deve dire allora a proposito della sofferenza in Tibet, Cecenia, Kurdistan, Palestina, Abkhazia, Ossezia del Sud, Tamil Eelam, nella provincia basca, nellIrlanda del Nord, nella parte Nord di Cipro, o in Serbia?
Sono tutti destinati a divenire indipendenti passando attraverso i bombardamenti della Nato e la successiva “magica” mediazione di Athisaari?
E particolarmente bizzarro il caso della Serbia. Nel 2000 i cittadini della Serbia multietnica deposero in modo nonviolento Milosevic, il loro leader durante la guerra. Croati, Musulmani e Albanesi ancora celebrano i loro. Gli attuali leader del Kosovo erano i leader durante la guerra, e noi dobbiamo essere assolutamente sicuri che essi non siano né criminali di guerra né mafiosi prima di premiarli con uno stato indipendente.
La proposta di Athisaari è stata commissionata da poteri politici privi di capacità professionali di mediazione e di risoluzione dei conflitti. E il risultato di lungo periodo di alcuni fatti: che la comunità internazionale non ha mai compreso la complessità della Yugoslavia, che non ha facilitato una soluzione negoziata nei primi anni 90, quando una soluzione era possibile, che non ha mai utilizzato gli stessi principi per risolvere gli stessi problemi e che ha creduto che la pace potesse emergere ignorando una delle parti in conflitto, bombardando un territorio conteso in modo inaudito ed occupandolo.
Gli avvocati dellindipendenza del Kosovo avrebbero dovuto usare creatività ed empatia.
Immaginare che Athisaari potesse offrire alla Serbia cose come una compensazione economica per i bombardamenti e le sanzioni patite, un pagamento per poter accettare un Kosovo al di fuori del patrimonio della Serbia, affittato per dare spazio alla gigantesca base americana Bondsteel e con pattuglie di confine serbo-albanesi.
Immaginare che egli potesse suggerire delle negoziazioni circa lautonomia interna del Kosovo rispetto alle altre regioni della Serbia più a nord, e aperto una via veloce di adesione della Serbia e del Kosovo alla UE.
Immaginare che egli negasse ai leader di guerra oggi presenti in Kosovo lenorme nuovo esercito che essi vogliono; che destabilizzerà la regione e minaccerà la Serbia e gli altri paesi confinanti.
Prima di incolpare i Serbi e la Serbia per le proteste per il piano di Athisaari e della politica occidentale, trovate uno stato sovrano i cui leader del tempo di pace non protesterebbero per tale arroganza. Il piano di Athisaari è ingiusto, intellettualmente non accettabile e non praticabile. In quanto strumento al servizio degli interessi di una miope politica occidentale, esso creerà instabilità, miseria e, molto facilmente, violenza.
Gli autori sono soci della Transnational Foundation for Peace and Future Research, TFF, in Svezia. www.transnational.org. Ognuno di essi ha seguito gli sviluppi, e periodicamente operato nei conflitti nella ex Yugoslavia per più di 30 anni.
Mercoledì, 04 luglio 2007
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