Conoscere lIslam
IL PELLEGRINAGGIO: IL VIAGGIO CHE VALE UNA VITA
L Hajj, o Pellegrinaggio alla Mecca, dovere centrale nellIslam, le cui radici risalgono al profeta Abramo, riunisce milioni di musulmani di ogni razza e lingua in quella che é una delle più coinvolgenti esperienze della vita umana. Da 14 secoli, innumerevoli milioni di musulmani, uomini e donne provenienti dai quattro angoli della Terra, compiono il pellegrinaggio alla Mecca, luogo di nascita dellIslam. Nel fare ciò, essi obbediscono ad uno dei cinque pilastri dellIslam, doveri religiosi dei credenti. I Musulmani fanno risalire le origini del pellegrinaggio, così come esso é prescritto da Dio, al profeta Abramo, o Ibrahim, in arabo. Secondo il Corano, é stato Abramo che, insieme a suo figlio Ismaele, costruì la Kàaba, la "Casa di Dio", punto focale verso cui i musulmani volgono il viso e la mente durante le cinque preghiere quotidiane. E da Abramo, inoltre, - noto anche con il nome di Khalil Allah, "lamico di Dio" - che derivano i riti del pellegrinaggio, i quali ricordano le pratiche della sua vita, di quella di Agar e del loro figlio Ismaele. Nella Sura intitolata "Il Pellegrinaggio", il Corano stabilisce il comando divino di questa pratica e ne profetizza la permanenza: Nel periodo in cui il profeta Mohammad* ricevette la chiamata divina, comunque, molte pratiche pagane si erano sovrapposte al rito originario dellhajj. Il profeta restaurò e ridiede loriginale purezza religiosa al pellegrinaggio di Abramo. Inoltre, lo stesso Mohammed istruì i credenti sui riti del pellegrinaggio in due modi: attraverso la sua pratica o approvando le pratiche dei suoi Compagni. Questo aggiunse complessità ai riti, ma fornì anche grande flessibilità alla pratica dellhajj, e ciò a maggiore beneficio dei pellegrini. E permesso, ad esempio, che vi siano variazioni nellordine in cui i riti vengono eseguiti, perché lo stesso profeta approvò tale condotta. Dunque, i riti del pellegrinaggio sono elaborati, numerosi e vari; gli aspetti di alcuni di essi sono illustrati di seguito. Il pellegrinaggio é un obbligo che incombe su ogni musulmano adulto, uomo o donna, una volta nella vita, purché lo permettano la sua salute ed i mezzi finanziari. Non vi é obbligo per i bambini, anche se é permesso loro di accompagnare i genitori. Prima di stabilire lintenzione di compiere lhajj, il pellegrino dovrebbe astenersi dal o riparare al male che può aver commesso, pagare tutti i suoi debiti, possedere i mezzi per sé stesso e per il mantenimento della famiglia durante il periodo e prepararsi spiritualmente ad un periodo di grande dispendio di energie, fisiche e psicologiche. Quando i pellegrini compiono il viaggio dellhajj, seguono le orme di milioni di credenti prima di essi. Oggigiorno, centinaia di migliaia di credenti arrivano da 70 nazioni diverse in Arabia Saudita, in un viaggio che, per terra, mare o aria, é oggi incommensurabilmente più breve che nel passato ma che, non per questo, é meno affascinante. Fino al 19esimo secolo, arrivare alla Mecca significava essere aggregati ad una carovana. Vi erano tre principali carovane: quella egiziana, che si raggruppava al Cairo; quella irachena, a Bagdad; e quella siriana che, dopo il 1453, si raggruppava ad Istanbul e raccoglieva pellegrini lungo tutto il tragitto e si dirigeva a Mecca via Damasco. Il pellegrinaggio durava mesi, se tutto andava bene. Le asperità del viaggio reclamavano molte vite umane e, non di rado, le strade di accesso alla Terra Santa erano soggette a razzie da parte di gruppi sbandati di predoni. Dunque, il ritorno del pellegrino in famiglia era occasione di gioiose celebrazioni e ringraziamenti da parte di tutta la comunità. Attratti dal misticismo di Mecca e Medina, molti occidentali hanno visitato le due città sante, in cui convergono i pellegrini, già a partire dal 15esimo secolo. Alcuni, travestiti da pellegrini musulmani; altri, sinceramente convertiti, che adempivano al loro dovere religioso. Ma tutti genuinamente commossi dalla straordinaria esperienza. Molti sono i resoconti scritti sul fascino, al di là dellaspetto puramen te religioso, dei riti del pellegrinaggio: primo tra tutti il fantastico colpo docchio di centinaia di migliaia di pellegrini di diverse razze e nazionalità, ma perfettamente identici nellabito della sacralizzazione. Il pellegrinaggio ha luogo ogni anno, tra lottavo ed il tredicesimo giorno del Dhul Hijjah, il 12esimo mese del calendario lunare musulmano. Il primo rito consiste nellindossare lihram. Lihram, indossato da tutti gli uomini, é un indumento bianco privo di cuciture fatto di due pezzi di stoffa: luno cinge i fianchi fino al polpaccio, laltro copre una spalla, trasversalmente. Noi sappiamo che tale indumento fu indossato da Abramo e da Mohammad durante lhajj. Le donne indossano un semplice abito bianco e coprono la testa, ma é vietato coprirsi il volto. La testa degli uomini, anche dei religiosi che usualmente la coprono, deve essere scoperta. Lihram é simbolo di purezza e di rinuncia al male ed ai beni mondani ed indica luguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio. Dal momento in cui indossa lihram, il fedele, uomo o donna che sia, entra in uno stato di sacralizzazione che rende illecita qualsiasi azione violenta, nei confronti di uomini, animali e persino insetti. Il pellegrino deve evitare pensieri cattivi, litigi e rapporti coniugali. Dal momento in cui inizia la sacralizzazione, il pellegrino non può sbarbarsi, tagliarsi le unghie, indossare gioielli fino a quando i riti del pellegrinaggio non saranno conclusi. Indossando lihram, il fedele pronuncia la prima invocazione dellhajj, la Talbiah: "Eccomi, mio Dio, al Tuo comando! Eccomi al Tuo comando! Tu sei Dio senza alcun congenere. Eccomi al Tuo comando! Tue sono le lodi, la grazia e la maestà. Tu sei Dio senza alcun congenere". Il potente, melodioso canto della talbiah risuona non soltanto a Mecca, ma in tutti i luoghi sacri collegati allhajj. Nel primo giorno dellhajj, i pellegrini si spostano da Mecca a Mina, un piccolo villaggio disabitato ad est della città. Durante il tragitto, i pellegrini pregano e meditano. Nel secondo giorno, il nono del mese, lasciano Mina per ritrovarsi nella piana di Arafa per il "wuquf", il rito centrale dellhajj. Riuniti lì, i pellegrini restano in piedi, e la loro immagine ricorda quella del giorno del Giudizio. Alcuni si riversano sul Monte della Misericordia, da cui il Profeta pronunciò lultimo, indimenticabile sermone "delladdio", in cui enunciava i pilastri della nuova religione. Sono queste le ore più intense dellintero pellegrinaggio, che il fedele dedica alla preghiera ed alle invocazioni. In questo luogo sacro, i pellegrini raggiungono il culmine della loro vita religiosa, sentendo come mai la presenza e la vicinanza di un Dio di misericordia. La prima inglese ad eseguire il pellegrinaggio, Lady Evelyn Cobbold, descrisse lesperienza di essere nella piana di Arafa nel 1934: "Ci vorrebbe una penna magistrale per descrivere la scena, pregnante di intensita , di quella grande fetta di umanità di cui io rappresentavo un minuscolo frammento, completamente dimentica nel suo fervore religioso. Molti pellegrini avevano le gote rigate da lacrime; altri rivolgevano il volto al cielo stellato così tante volte testimone della stessa scena. Gli occhi splendenti, gli appelli appassionati, le mani in cerca di misericordia distese nella preghiera mi hanno commosso in un modo mai accaduto prima, ed io stessa mi sentivo spinta da unondata straordinaria di esaltazione spirituale. Ero una sola cosa con il resto dei pellegrini, in un sublime atto di completa resa alla Volontà Suprema che é lIslam". Evelyn va oltre nel descrivere la vicinanza spirituale dei pellegrini al Profeta nella piana di Arafa: " ... mentre stavo sul suolo di granito, mi sentivo su di un luogo sacro. Con gli occhi della mente vedevo il profeta rivolgere ai credenti le ultime raccomandazioni, oltre 13 secoli fa. Vedevo i tanti predicatori che avevano parlato alle moltitudini di Arafa nel corso dei secoli, in quella che é la scena culminante del Pellegrinaggio Maggiore". Un detto del profet a afferma che lo stesso Mohammed implorò a Dio il perdono dei peccati dei credenti riuniti ad Arafa, così tutti i pellegrini si preparano a lasciare con gioia la piana di Arafa, sentendosi spiritualmente rinati. Dopo il tramonto, la massa di pellegrini procede verso Muzdalifah, una pianura a metà strada tra Arafa e Mina. Qui dapprima pregano, poi raccolgono dei sassolini che useranno nei giorni successivi. Prima dellalba del terzo giorno, i fedeli si trasferiscono a Mina dove avviene la "lapidazione di Satana", con il lancio dei sassolini verso una struttura in pietra bianca. Secondo la tradizione, questo rito affonda le sue radici nella storia di Abramo, ed i fedeli ricordano il tentativo di Satana di fare in modo che il grande profeta trasgredisse gli ordini divini. Il lancio dei sassolini é simbolico del rifiuto del credente di essere tentato dal male e dai vizi, non una ma sette volte - e, chiaramente, il numero sette simbolizza linfinito. Alla fine di questo rito, molti pellegrini sacrificano un montone o una pecora, la cui carne, ben chiusa in containers refrigerati, partirà alla volta dei paesi più poveri del globo. Questo rito é associato allobbedienza di Abramo, pronto a sacrificare il suo figlio per adempiere alla volontà del Creatore, e simboleggia la prontezza, da parte del musulmano, a separarsi dalle cose più care se questo é voluto da Dio. Inoltre, ricorda ai fedeli la necessità di condividere i beni terreni con coloro che sono meno fortunati. Terminata , a questo punto, gran parte del pellegrinaggio, i fedeli possono, se vogliono, liberarsi dellihram ed indossare gli abiti giornalieri per celebrare, con la festa del "Sacrificio" (aid alAdha), il termine del mese del pellegrinaggio. Gli uomini possono radersi e tagliare i capelli, e le donne tagliano una ciocca simbolica, per marcare la loro parziale desacralizzazione. Ciò é un simbolo di umilità. Tutte le proscrizioni, tranne quella relativa ai rapporti coniugali, possono essere alleggerite. I pellegrini tornano a Mecca dove compiono un altro rito essenziale dellhajj, vale a dire il "tawaf" la circumambulazione, per sette volte ed in senso anti-orario, della Kàaba, simbolo dellunicità di Dio, e simboleggiante limplicazione che tutte le attività umane devono avere come centro Dio. Thomas Abercrombie, convertito allIslam e scrittore e fotografo del National Geographic Magazine, eseguì il pellegrinaggio negli anni 70 e descrisse il senso di unità e di armonia che i pellegrini sperimentano durante i giri attorno alla Kàaba: "Sette volte abbiamo girato attorno alledificio", scrisse, "ripetendo le devozioni rituali in lingua araba: Signore Iddio, siamo venuti a Te da terre lontane ... Dammi riparo allombra della Tua maestà. Presi dalla scena, alleggeriti dalla poesia degli oranti, orbitavamo attorno alla Casa di Dio in accordo con gli atomi, in armonia con i pianeti". Durante i giri, i fedeli possono toccare o baciare la Pietra Nera. Questa pietra ovoidale ha un posto speciale nel cuore dei musulmani, non come oggetto in sé (lidolatria é estranea al culto islamico), ma poiché, secondo la tradizione, rappresenta lultimo frammento della costruzione originaria innalzata da Abramo ed Ismaele. Secondo la tradizione, il profeta Mohammed la baciò, ecco perché i fedeli desiderano imitare questa azione. Nessuna azione devozionale é correlata alla pietra, né essa é, o é mai stata, un oggetto da adorare. Il secondo Califfo, Omar, rese ciò ben chiaro quando affermò: So che essa non é altro che una pietra, incapace di fare del bene o del male. Ma ho visto il Messaggero di Dio tenerla tra le mani, e questo ricordo me la rende cara". Dopo aver completato il tawaf, i pellegrini pregano, preferibilmente alla stazione di Abramo, il sito in cui Abramo costruì, originariamente, la Kàaba. Qui essi bevono lacqua della sorgente di Zamzam. Questo fa parte dellultimo rito del pellegrinaggio, il sày, o la "corsa", ricordo di un memorabile episodio della vita di Hagar, madre di Ismaele. Il sày ricorda laffannosa e disperata corsa di Hagar tra le due rocciose colline di Safah e Marwa, alla ricerca di acqua per il piccolo Ismaele. Qui ella trovò la fonte di Zamzam, indicatale dal piccolo piede di suo figlio. Alla fine del sày, il pellegrino é completamente desacralizzato, e può riprendere tutte le normali attività. Secondo il costume sociale di molti paesi islamici, ora il pellegrino può fregiarsi del titolo di Hajj. Prima o dopo la visita alla Mecca, nellumra (pellegrinaggio minore, o visita, che può essere fatta in ogni periodo dellanno) e nel pellegrinaggio maggiore, il pellegrino ha lopportunità di visitare Medina, la seconda città santa nellIslam. Qui é sepolto il profeta, nella moschea dalla cupola verde che domina la piccola città, in una semplicissima tomba. La visita a Medina ed alla tomba del profeta non é obbligatoria, e non fa parte dei riti del pellegrinaggio né dellumra, ma la città, che accolse Mohammed quando egli vi immigrò dalla Mecca, é ricca di commoventi ricordi e di siti storici evocativi della vita e dellattività del profeta in quella che fu la prima comunità islamica della storia. Allorché i pellegrini di razze e lingue diverse torneranno ai loro rispettivi paesi, porteranno con sé i commoventi ricordi della terra dei profeti, di Abramo, Ismaele, Hagar e Mohammed. Essi ricorderanno per sempre quel momento unico ed universale, in cui i ricchi ed i poveri, i bianchi ed i neri, i giovani ed i vecchi si sono incontrati in unatmosfera di uguaglianza perfetta. I pellegrini ritornano a casa con la gioia di aver compiuto qualcosa di incredibilmente importante nella vita religiosa: non solo aver obbedito ad uningiunzione divina ma anche aver sperimentato lunione e la fratellanza di tutta la comunità dei credenti in quella che viene definita un "anticipazione del giorno del Giudizio". Soprattutto, sulle loro labbra vi é una preghiera: "O DIO, ACCETTA IL NOSTRO SFORZO E FA CHE SI AVVERI CIO" CHE DISSE IL NOSTRO PROFETA: NON CE ALTRA RICOMPENSA PER UN PELLEGRINAGGIO PIO SE NON IL PARADISO". e la lode é di Dio, signore di tutti i mondi Lunedì, 14 febbraio 2005 |