Verso l’ombelico dell’inconscio sulle tracce di Edipo

di ALBERTO LUCHETTI (il manifesto, 10.06.2005)

Da oggi a domenica un convegno a Venezia riprende il ruolo del celebre mito nella psicoanalisi


Il mito di Edipo può essere stato per Freud uno strumento per scoprire la psicoanalisi, ma la psicoanalisi, d’altro canto, può essere considerata uno strumento che gli servì per scoprire il complesso di Edipo. Questa stretta reciprocità, così come l’ha individuata Wilfred Bion, ha determinato una quasi totale coincidenza tra psicoanalisi e «complesso edipico»: esso è infatti considerato il perno del processo mediante cui il bambino fissa le proprie coordinate soggettive relativamente alla differenza tra i sessi e tra le generazioni, nonché - di conseguenza - tra gli affetti che alimentano i rapporti di cui sarà capace. Solo collocandosi in una ascendenza familiare e rispetto ai differenti generi sessuali una persona può infatti ritagliarsi una identità, benché essa sia sempre da rinegoziare nei rapporti che durante la propria vita ne costituiranno l’alimento essenziale. Peraltro l’Edipo re di Sofocle - che si ispirò a quel mito e lo rilanciò potentemente - si è rivelato per la psicoanalisi una specie di vaso di Pandora. Per le infinite illustrazioni e possibilità di teorizzazione che essa offre, sembra «l’unica storia nella letteratura occidentale che può fungere da ombelico dell’inconscio», scrisse Christopher Bollas. Nel tempo, questa utilizzazione del mito e della tragedia di Sofocle è stata criticata sia sul versante antropologico e storico, per esempio da Jean-Pierre Vernant, sia sul piano della sua generalizzazione a tutte le culture: sono ormai classiche le confutazioni di Bronislaw Malinowski a proposito della società matrilineare trobriandese. E anche all’interno dello stesso campo psicoanalitico è stato osservato come il complesso edipico gemmasse precocemente già nella relazione primaria con la madre. Del resto, il ruolo del complesso edipico è stato messo in dubbio anche riguardo alla sua funzione di cardine nei processi di soggettivazione e identificazione, poiché si è reputato fosse altrettanto decisivo nella strutturazione dell’essere umano, nonché in molte patologie, un piano pre-edipico nel quale sarebbero presenti solo una affettività originaria e uno stato di confusione identitaria. Così che quello edipico costituirebbe solo il livello più organizzato, differenziato e articolato dell’apparato psichico. Altrettanto criticata è stata, inoltre, la collocazione nell’inconscio di questo «complesso nucleare» - come lo definiva Freud - ritenendo che esso vada piuttosto collocato sul versante di quelle costruzioni di senso che servono ad organizzare e regolare l’inconscio più profondo in cui, come affermava lo stesso Freud, non esiste il tempo così lo si concepisce correntemente, né hanno luogo la contraddizione o qualsiasi rapporto tra rappresentazioni o moti pulsionali.

Nella stessa utilizzazione psicoanalitica del mito e della tragedia di Edipo re, peraltro, sono stati via via evidenziati altri aspetti: è stata messa in rilievo la figura di re Laio, padre di Edipo, pedofilo e figlicida; oppure il ruolo cruciale della Sfinge, che da un lato si presenta come una figura sessualmente ambigua (quasi una confusa combinazione delle figure genitoriali) e dall’altro introduce come molla dei processi di soggettivazione, accanto all’amore e all’odio, la sete di conoscenza e l’odio per la conoscenza stessa, come ha proposto lo stesso Bion. Recentemente, inoltre, è stato sottolineato l’attuale sbriciolarsi della funzione del complesso e del mito edipici in quanto fondamento simbolico della realtà umana, una valenza che Lacan nel secolo scorso aveva fortemente ribadito. In questo senso, parricidio e figlicidio sembrerebbero al tempo stesso esasperarsi e affievolirsi, per un declino della funzione paterna - «vaporizzazione di padre», lo definiva Lacan - e per un attenuarsi e un moltiplicarsi al tempo stesso delle differenze tra i sessi che sembrano promuovere nel contempo individualismo e omologazione, al prezzo di un diffuso sentimento di vuoto e di inesistenza.

Proprio per la sua intrinseca problematicità, il tema viene ripreso da un convegno su «Parricidio e figlicidio: Crocevia d’Edipo e dintorni» che oggi si inaugura all’Ateneo Veneto, e che proseguirà fino a domenica 12. Promosso a conclusione delle celebrazioni del cinquantenario della Rivista di psicoanalisi e fortemente voluto dal suo direttore Agostino Racalbuto, recentemente scomparso, vi parteciperanno, accanto ad Alberto Semi, Gilda De Simone, Fausto Petrella e Patrizio Campanile, André Beetschen di Lione, Paul Denis di Parigi, Danielle Quinodoz di Ginevra, Cordelia Schmidt-Hellerau di Boston. Contributi sul versante letterario verranno da Massimo Fusillo, con una relazione sui «Fantasmi freudiani», e da Emanuele Trevi che parlerà di «Edipo alla lettera».



Venerdì, 17 giugno 2005