Nelle emozioni l’esperienza dell’infinito

di MARINA DELLA CROCE (il manifesto, 17.09.2004)

Le conflittualità logiche della mente, tra sentire e pensare. Un convegno dedicato allo psicoanalista Matte Blanco


A quasi dieci anni dalla scomparsa del grande psicoanalista cileno Ignacio Matte Blanco, il gruppo internazionale di Bi-logica ha organizzato a Roma un convegno che si ripromette di approfondire il concetto di emozione come luogo di esperienza dell’infinito: concetto la cui introduzione nell’ambito delle scienze della mente è dovuta agli studi di impostazione epistemologica, che Matte Blanco ha mutuato dalla matematica e dalla filosofia, e che trovano fondamentale ispirazione nella clinica psicoanalitica, dove è molto comune imbattersi in quelle accezioni dell’infinito che sono intrinseche, per esempio, alle manifestazioni di onnipotenza, impotenza, onniscienza. La stessa esperienza introspettiva, del resto, correla l’infinito ai sentimenti, producendo, in noi, qualcosa di profondamente perturbante. Non è difficile riconoscere come le emozione più intense - l’amore, l’odio, la gelosia, la rabbia - emergano con connotati infiniti, come è stato espresso dai poeti di ogni tempo, da Saffo a Leopardi, da Emily Dickinson a Montale. Inoltre, in un disturbo diventato negli ultimi anni piuttosto frequente, le crisi di panico, anche le angosce prendono connotati tendenti verso l’infinito.

Se Freud alla fine dell’ottocento scopre l’inconscio come sistema con connotati propri chiaramente distinti da quelli della coscienza, e identifica nel sogno la `via regia’ per potervi accedere, Matte Blanco sposta il vertice della sua osservazione e identifica la presenza dell’inconscio in ogni manifestazione emozionale. In questa prospettiva, il carattere di infinito, proprio dell’emozione, diventa anche il `marker’ della presenza dell’inconscio nel contesto del funzionamento mentale; mentre, per parte sua, l’inconscio si mostra caratterizzato da una logica chiaramente differenziata dalla logica cosciente, che è fedele alle leggi del principio di non contraddizione. Secondo un’accezione cara allo psicoanalista americano Silvano Arieti, la logica dell’inconscio sarebbe una logica paleolitica, per cui, qualora esista un tratto che li accomuni, elementi che siamo abituati a considerare diversi vengono valutati come equivalenti. Per esempio, se per la logica classica Mario è il padre di Pietro, ma non viceversa, per la logica arcaica dell’inconscio potrà essere vero anche il contrario: un assurdo logico che trova però riscontro nell’esperienza emotiva tale per cui un figlio potrà essere talvolta vissuto da un genitore come fosse il proprio padre.

Già tra le pagine di Freud si trova una definizione dell’inconscio come regno dell’«illogico», ma Matte Blanco sviluppa questa intuizione e la sistematizza affrontandola come scoperta di un aspetto della mente estraneo ai parametri dello spazio-tempo, che normalmente fondano il nostro rapporto con la realtà. Per chiarire la sua posizione rispetto alla più comune lettura di Freud, lo psicoanalista cileno distingue un inconscio rimosso e un inconscio strutturale. Il primo è riferito ai singoli contenuti che caratterizzano la storia delle soddisfazioni e delle frustrazioni istintuali nel corso dello sviluppo individuale, ed è quello che viene abitualmente identificato come l’inconscio freudiano. L’inconscio strutturale fa invece riferimento alle relazioni che articolano il pensiero: questo vuol dire che esso coglie l’aspetto trans-individuale, facendo oggetto della sua ricerca la relazione della mente con i parametri che rendono possibile la pensabilità, in primo luogo i parametri spazio-temporali. Già alla fine del diciottesimo secolo, spazio e tempo erano stati considerati da Kant le pre-condizioni che rendevano possibile il pensiero. Con Freud, e ancora di più con Matte Blanco, lo spazio e il tempo non si riducono a mere categorie ’a priori’, ma sono dialetticamente presenti nel funzionamento mentale, e influenzati in modo determinante dalla pressione esercitata dalle emozioni.

Nei momenti in cui le emozioni restano sullo sfondo, noi utilizziamo le categorie dello spazio e del tempo con relativa facilità, in altri momenti, invece, quando le emozioni diventano così intense da alterare le coordinate del pensiero, siamo esposti al rischio di perderne cognizione. Le emozioni, e ancora di più le sensazioni, sono saldamente ancorate a un’area di frontiera tra il funzionamento mentale e quello corporeo. In genere, la mente tratta i dati sensoriali e corporei quando sono già stati in buona parte trasformati per poter accedere alla rappresentazione e al pensiero. Viceversa, più ci avviciniamo alla concretezza del corpo, più il sentire svela una sua specificità, che non ha equivalenti diretti sul piano del pensiero. Da questo punto di vista, potremmo affermare che ciò che siamo abituati a chiamare «inconscio» coglie qualcosa di molto vicino all’esperienza corporea primigenia, la quale mostra connotati logico-cognitivi diversi da quelli del pensiero cosciente. L’esperienza sensoriale più intimamente permeata dai livelli concreti del corpo diventa allora l’esempio di un ambito che non può ’strutturalmente’ essere riducibile al pensiero, per il semplice fatto che è intrinsecamente incompatibile con i confini della coscienza.

In questo modo Matte Blanco arriva a postulare una conflittualità costitutiva, per cui il sentire viene visto come una componente primaria essenziale dell’essere umano differenziabile dal pensare. Queste logiche incompatibili coabitano nell’essere umano - per usare la metafora di Matte Blanco - «come l’azoto e l’ossigeno nell’aria: insieme e tuttavia separati e mai combinati». Dalla prospettiva dello psicoanalista cileno deriva un modo nuovo e originale di guardare all’esperienza della mente, per cui diventa determinante soprattutto la sistole e la distole del pensiero che si crea nell’interscambio continuo con l’emozione: un livello che era stato in parte intuito dai pensatori presocratici e che è, a più riprese, emerso nel pensiero filosofico, soprattutto attraverso il contributo di Spinoza e di Leibniz. Sul versante pragmatico della rivoluzione epistemologica di Matte Blanco, l’aspetto più rilevante consiste nel fatto che è oggi possibile utilizzare lo strumento psicoanalitico secondo modalità più plastiche di quelle fornite dal classico modello dell’inconscio rimosso: sulla base di queste ipotesi non è dunque più indispensabile entrare in una dimensione storica e ricostruttiva, che richiede lunghi anni di analisi, per osservare il funzionamento del proprio inconscio, perché esso può rendersi evidente nell’atto stesso di articolare la relazione stabilita da ognuno di noi con le proprie emozioni, nonché nel tipo di interscambio e di dialogo che il pensiero è in grado di stabilire con il mondo poco organizzato delle sensazioni corporee e delle emozioni più intense.

Una prospettiva, quella di Matte Blanco, che rende utilizzabile la psicoanalisi anche nelle forme dei disturbi mentali più difficili e che, in certi casi, è in grado di abbreviare considerevolmente i tempi di elaborazione della esperienza analitica.



Domenica, 19 settembre 2004