“MAMMASANTISSIMA” ED “EDIPO RE”: VATICANO E STATO ITALIANO, UNA SOLA “CATTEDRA”!

di Federico La Sala

LA LEGGE 40/2004, IN NOME DELL’EMBRIONE=“CONCEPITO”, RIPROPONE UNA VECCHIA E ‘DIABOLICA’ ALLEANZA.
Avrei voluto con mio honore poter lasciar questo capitolo, accioche non diventassero le Donne più superbe di quel, che sono, sapendo, che elleno hanno anchora i testicoli, come gli uomini; e che non solo sopportano il travaglio di nutrire la creatura dentro suoi corpi, come si mantiene qual si voglia altro seme nella terra, ma che anche vi pongono la sua parte, e non manco fertile, che quella degli uomini, poi che non mancano loro le membra, nelle quali si fa; pure sforzato dall’historia medesima non ho potuto far altro. Dico adunque che le Donne non meno hanno testicoli, che gli huomini, benche non si veggiano per esser posti dentro del corpo […]: così inizia il cap.15 dell’Anatomia di Giovanni Valverde, stampata a Roma nel 1560, intitolato “De Testicoli delle donne” (p. 91). Dopo queste timide e tuttavia coraggiose ammissioni, ci vorranno altri secoli di ricerche e di lotte: “[…] fino al 1906, data in cui l’insegnamento adotta la tesi della fecondazione dell’ovulo con un solo spermatozoo e della collaborazione di entrambi i sessi alla riproduzione e la Facoltà di Parigi proclama questa verità ex cathedra, i medici si dividevano ancora in due partiti, quelli che credevano, come Claude Bernard, che solo la donna detenesse il principio della vita, proprio come i nostri avi delle società prepatriarcali (teoria ovista), e quelli che ritenevano […] che l’uomo emettesse con l’eiaculazione un minuscolo omuncolo perfettamente formato che il ventre della donna accoglieva, nutriva e sviluppava come l’humus fa crescere il seme”(Françoise D’Eaubonne). Dopo e nonostante questo – l’acquisizione che i soggetti sono due e che tutto avrebbe dovuto essere ripensato, si continua come prima e peggio di prima. Anzi, oggi, all’inizio del terzo millennio dopo Cristo, nello scompaginamento della procreazione, favorito dalle biotecnologie, corriamo il rischio di ricadere nel pieno di una nuova preistoria: “l’esistenza autonoma dell’embrione, indipendente dall’uomo e dalla donna che hanno messo a disposizione i gameti e dalla donna che può portarne a termine lo sviluppo” spinge lo Stato (con la Chiesa Cattolico-romana - e il Mercato - in una vecchia e ‘diabolica’ alleanza) ad avanzare “la pretesa di padre surrogato che si garantisce il controllo sui figli a venire, non senza contraddizioni […].
L’estrazione chirurgica degli ovociti dal corpo femminile evoca la fuoriuscita del seme dal corpo maschile producendo una mimesi fra i due sessi che irrompe sulla scena pubblica -e nella coscienza privata- ancora una volta quando arriva in tribunale: è il caso di una donna che contende al marito, da cui si sta separando, gli embrioni in attesa di essere trasferiti in utero. Ma se la separazione e la conservazione di ovociti e spermatozoi permette l’esistenza separata dei "mezzi di riproduzione" e la loro conduzione sotto l’autorità dello stato, seppure con il consenso degli interessati, a noi donne e uomini spetta l’assunzione di una nuova, perché sconosciuta, responsabilità. Abbiamo collettivamente riconosciuto, e resa possibile laddove faticava a emergere, la responsabilità e la libertà femminile sul nostro corpo anche quando racchiude la possibilità di un’altra vita, la responsabilità verso altri e altre (e non solo figli); come essere responsabili di un ovocita sia pure estratto a fini riproduttivi, di un embrione concepito altrove?
Forse prendendo la parola, così che argomenti che sembrano interessare solo esperti da un lato e coppie infertili dall’altro entrino nella coscienza collettiva e assumano quel senso che ora fatichiamo a trovare: se le donne e gli uomini e le coppie che si sentono responsabili degli embrioni residui dichiarassero quale destino pare loro preferibile, se un’improbabile adozione, la distruzione o la donazione alla ricerca scientifica, con la clausola che in nessun modo siano scambiati per denaro o ne derivi un profitto, la vita tornerebbe rivendicata alle relazioni umane piuttosto che al controllo delle leggi, ne avrebbe slancio la presa di coscienza dei vincoli che le tecnologie riproduttive impongono e più consenso la difesa della "libertà" di generare (Maddalena Gasparini, Vice-coordinatore del Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia, 2002: www.ecn.org; sul tema, inoltre, si cfr. anche l’altro suo intervento Dietro al referendum, una riflessione sulla libertà delle donne: www.universitadelledonne.it).
E, andando oltre, finalmente prendere atto – contro tutte le tentazioni biologistiche e nazistoidi - che due esseri umani occorrono per creare un altro essere umano (Feuerbach) - non solo sul piano fisico (“in terra”), ma anche e soprattutto sul piano spirituale (“in cielo”), e - cosa ancora più importante e decisiva - che il famoso soggetto, cioè ogni essere umano, è due in uno – figlio e figlia della Relazione di Due IO…. e che, proprio per questo, è capace – a sua volta (uscito dallo stato di minorità e giunto, al di là dell’Io penso, all’Io sono …) – di mettersi sulla strada del dialogo con altre o più persone e dare vita alla stessa (e tuttavia sempre nuova) Relazione, generatrice di nuove parole, di nuove azioni, e di nuovi esseri umani…..
P.S.
Mentre tutti i mezzi di informazione hanno cercato e cercano di indurre nell’umanità uno sfrenato “culto della personalità” e una generale e planetaria “papolatria”, Karol Wojtyla – Giovanni Paolo II, di fronte alle difficoltà e alle sofferenze, non si è spaventato affatto: lucidamente e coraggiosamente continua il suo viaggio e lancia tutt’altro ‘messaggio’. Come ha riferito il portavoce vaticano, Joaquin Navarro, al rientro dalla sala operatoria, il Papa ha scritto: “… ma io sono sempre totus tuus”, ossia tutto tuo. Questo – come si sa – è il suo motto, che si riferisce all’essere appunto “tutto” della Madonna, della Madre. Cosa vuol dire questa “precisazione”? Se teniamo presente che Gesù dice e sottolinea continuamente del legame e addirittura dell’identità con il Padre, Giovanni Paolo II dice – quasi per farsi perdonare una dimenticanza o una debolezza – e sottolinea con un “… ma” e un “sempre” la sua fedeltà alla Madre…. e la sua condizione di Figlio. Cosa sta cercando di dirci e dirsi Karol Wojtyla, cosa sta cercando di chiarire Giovanni Paolo II a se stesso e a tutti e a tutte?
Con tutto il rispetto possibile, se pensiamo che la madre di Karol Wojtyla era una donna di religione ebraica, sposata con un uomo di religione cattolica, forse capiamo di più il nodo epocale, personale e politico (antropo-teologico e culturale), che co-stringe il cuore e la mente dell’uomo Wojtyla e del papa Giovanni Paolo II. Egli ha percorso tutta la terra … è giunto sino al Muro del Pianto, ma non è riuscito nell’impresa più grande e più importante – riequilibrare il campo tra Maria e Giuseppe, tra la donna e l’uomo, e tra la madre e il padre, e restituire la stessa dignità e la stessa luminosità all’uno e all’altra. All’Unica Luce dei “due Soli”, egli non è potuto giungere. Ma…. forse, non è ancora troppo tardi – perché la Pace dell’Amore scenda nel Suo, e nel nostro, cuore – e su tutta la Terra! Che egli sappia vincere le Sue (e le nostre) resistenze, e si porti al di là della logica del “mammasantissima” e di “edipo” … come aveva ben visto il nostro – dell’umanità intera – amico, Freud.
Federico La Sala



Lunedì, 07 marzo 2005