PREMESSA SU TEMA:
IL PRESIDENTE SARKOZY E IL FILOSOFO J.-L. MARION: DALL’ACCOGLIENZA DELLA DIVERSITA’ ALLA DIFESA DELL’IDENTITA’, ’NAZIONALE’ E ’CATTOLICA’.
ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA: LA CARESTIA AVANZA!!! Benedetto XVI "cambia la formula dell’Eucarestia"! «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!!
PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga (Federico La Sala)
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Il villano che da avvocato si conquistò il paradiso.
Un racconto francese medievale (Il testo originale è costituito da ottosillabi a rima baciata) *
- "Il fabliau è basato su uno dei motivi ricorrenti nella letteratura d’ispirazione popolare dell'epoca mediaevale (XIII-XIV sec.): la "satira del villano", considerato oggetto di irrisione e di scherno da parte del cittadino. In questo caso, però, il contadino riesce abilmente a difendersi, conquistando il posto che gli è dovuto in paradiso (...).
Il racconto lascia trasparire significati più profondi, che riguardano una condizione sociale di inferiorità e di emarginazione. Il contadino è considerato alla stregua di un animale, un essere tanto vile al quale deve essere negato anche il paradiso, dal momento che ogni gioia gli era già stata preclusa sulla terra. Di qui nasce la reazione del protagonista, che, pur presentandosi come un’abile difesa dialettica, è in realtà una sofferta voce di rifiuto e di denuncia delle ingiustizie sociali. Non a caso la protesta si esercita contro i fondamenti della religione, contestata non in se stessa, ma come strumento di inganno e sopraffazione.
Ecco allora che il contadino diventa non solo avvocato, ma teologo e riformatore; non perché discuta le verità della fede, ma perché chiede che a tutti vengano applicati gli stessi principi di giustizia e di perdono, di comprensione e d’amore. Proprio perché presenta questi motivi il fabliau diventa un significativo e suggestivo atto di accusa dal basso contro le prevaricazioni e le iniquità del potere (...)" (cfr. AA.VV, Dal testo alla storia, dalla storia al testo, 1, Paravia, Torino 1993).
Troviamo messa per iscritto
una meravigliosa avventura
capitata un tempo a un villano.
Morì un venerdì mattina,
e gli toccò quest’avventura:
né un angelo né un diavolo andò
da lui nell’ora della morte;
quando l’anima usci dal corpo
non trovò nessuno
che le facesse domande.
Ne fu molto angosciata, sappiatelo,
quell’anima che era così paurosa!
Guardò in alto, a destra, verso il cielo
e vide l’angelo san Michele
che guidava un’anima a gran festa.
S’incamminò da quella parte.
Era paurosa, ma tuttavia andò
dove lei voleva andare.
Seguì tanto l’angelo, sta scritto,
che entrò in Paradiso.
Seguendo quello entrò lì dentro.
San Pietro, che aveva le chiavi in custodia,
accolse l’anima che l’angelo guidava,
poi tornò di nuovo alla porta
incontrò l’anima che era sola.
Le domandò con chi era venuta:
“Qui diamo ospitalità solo a chi
l’ottiene per giudizio divino,
e soprattutto, per sant’Alano,
noi non ci curiamo di un villano:
è un villano, allora qui non entra”.
“Più villani di voi non ce ne sono,
mio caro Pietro, - risponde l’anima, -
voi eravate più duro di una pietra!
Per il santo Padre Nostro,
fu uno stolto chi vi fece suo apostolo!
Ne ricavò ben poco onore!
Quando Nostro Signore fu tradito
ben poca fede aveste voi!
Lo avete rinnegato tre volte,
e sì che eravate suo discepolo!
Non siete degno di questa casa, vi odia
anzi, voi e la vostra sete di potere!
Non dovete averne le chiavi:
sei un falso e un traditore!
Io invece sono un galantuomo e leale
e ho diritto di essere ospitato”.
Strano, ma san Pietro provò onta
tornò indietro vergognoso e vinto
e andò a raccontare
del guaio a san Tommaso.
“Andrò io da lui, - fa san Tommaso, -
qui non resterà, Dio non voglia!”
Torna lì dov’era l’anima:
"Villano, - dice l’apostolo, -
questa dimora è proprietà nostra.
Visto che non sei né martire né confesso
dove ti sei acquistato merito
che credi di restare qui?
Un villano non ci può stare:
questa casa è per gente per bene!”
Tommaso, Tommaso, a rispondere
ti dilunghi più di un leguleio! -.
Non foste proprio voi a dire agli apostoli
(da chi lo si sarebbe saputo)
quando ebbero visto Dio,
dopo che fu risorto,
faceste il vostro giuramento
che non ci avreste creduto
se non vedendo le piaghe
che il vostro maestro ebbe in croce.
Altro che in buona fede siete!
Bugiardo e miscredente foste!”
San Tommaso rinunciò subito
alla disputa e abbassò il capo.
Andò dritto da san Paolo
e gli raccontò di quell’accidente.
“Per la mia testa, ci andrò io, - disse, -
vedremo che risposta mi darà”.
L’anima non si curò di rispondergli
e andò ciondoloni per il Paradiso.
“Villano, - fa san Paolo, - chi vi guida?
Dove vi siete acquistato merito
per cui vi fu aperta la porta?
Fuori di qui, sciocco villano!”
“Cosa? - fa l’anima, - reverendo Paolo
il calvo, come siete bugiardo!
Foste un prepotente cosi ignobile voi!
Non vi sarà più uno così crudele!
Lo sperimentò santo Stefano
che voi faceste lapidare.
So raccontare bene la vostra vita!
Disdegnavate i santi sacramenti:
ovunque mettevate piede
erano morti tutti i santi uomini.
Dio perse la pazienza e vi diede
in ricompensa un bel ceffone.
Di quanti affari e strette di mano
dovete ancora pagare il vino!
Ecco che santo e che profeta siete!
Credete che io non vi conosca?”
San Paolo restò molto male;
voltò il passo cupo e mesto
e tornò da san Tommaso
che si consultava con san Pietro.
Racconta loro l’incredibile fatto
del villano che gli ha dato scacco.
“Per quanto mi riguarda il Paradiso
se l’è guadagnato: è suo”.
Vanno tutti e tre a protestare a Dio:
san Pietro gli racconta per bene
come il villano li ha oltraggiati:
“Con parole ci ha sconfitti,
io stesso ne sono confuso”.
“Andrò io a parlargli, - dice
Nostro Signore, - così sentirò
di persona questa novella, e
va dall’anima, la chiama
e le chiede com’è riuscita
a entrare lì dentro senza permesso.
Qui non è mai entrata anima
di uomo o di donna senza licenza:
come credi di rimanerci tu?"
“Signore, ho diritto di restare
quanto loro, se ottengo il giudizio:
io non vi ho mai rinnegato,
né ho mandato a morte un innocente.
Loro hanno commesso questo grave torto,
un tempo, quando erano in vita
e ora se ne stanno in Paradiso!
Finché io vissi al mondo,
ho fatto una vita onesta e pura.
Ho diviso il mio pane coi poveri,
di cuore, sera e mattina;
ai poveri offrivo un tetto
e davo loro alloggio volentieri
e li riscaldavo al mio fuoco;
ne ho curati molti finché morirono
e poi li ho portati in chiesa.
Di molte brache e molte camicie
li ho rivestiti quand’erano nudi!
Quando mi son visto colto dalla morte
mi sono confessato sinceramente,
ho ricevuto degnamente il vostro corpo
e ci insegnano che Dio perdona
i peccati a chi muore così.
Ora che sono qui, perché dovrei andarmene?
Andrei contro alle vostre parole,
perché avete concesso di sicuro
che chi entra qui dentro ci rimanga;
non vi smentirete certo per me!”
“Amico, - risponde Dio, - te lo concedo;
mi hai tanto accusato il Paradiso
che te lo sei guadagnato da avvocato!
Sai esporre bene i tuoi argomenti!”
Il villano dice in un proverbio:
va ben a scuola molta gente
che pur non è molto dotata.
L’educazione vince la natura,
la menzogna ha ucciso la giustizia,
il torto va avanti e il dritto sta fermo,
vale più l’ingegno della forza.
* Fabliaux. Racconti francesi medievali, Trad. it. di R. Brusegan, Einaudi, Torino 1980.
Mercoledì 09 Maggio,2012 Ore: 08:30