Filmografia
INTERVISTA AL REGISTA DE “L’UOMO DELL’ARGINE” GILBERTO SQUIZZATO.

di CARLO CASTELLINI

SCHEDA PERSONALE DI GILBERTO SQUIZZATO, GIORNALISTA E REGISTA DI RAI TRE. LE SUE OPERE.

A CURA DI CARLO CASTELLINI.
Cercavo qualche attimo di distrazione televisiva sul piccolo schermo, quando incappai nelle fluide immagini de “L’UOMO DELL’ARGINE”, di GILBERTO SQUIZZATO, il titolo della docu-fiction che il regista padovano ha ideato per Rai Tre, insieme ad Ennio Chiodi, figlio di quell’Arturo, amatissimo discepolo di don Primo Mazzolari. Il film-fiction, mandato in onda, in due serate, da Rai Tre, alcuni anni or sono, ebbe circa 4 milioni di spettatori, un alto indice di gradimento da parte dei teleutenti, molti e lusinghieri giudizi della critica.
Il film-documento e’ dedicato all’approfondimento della figura di don Primo Mazzolari, IL PARROCO di Bozzolo, che trascorse quasi tutta la sua vita, nei paesi tra Cremona e Mantova, fornendo una testimonianza dei valori del vangelo, conditi da splendidi esempi di coraggio umano e carità cristiana. Il regista vuole rendere testimonianza a questa figura, che con il passare del tempo emerge in maniera gigantesca, in un’epoca nella quale tutti, chiesa compresa, si arrendevano facilmente a mille compromessi politici e sociali, succubi praticamente di una cultura della omologazione e del pensiero unico.
Dopo la visione del film, mi venne voglia di conoscere il regista. Presi contatto con la Fondazione Mazzolari di Bozzolo (Mantova), cui ero già legato da “IMPEGNO”, la rivista di politica, cultura, religione, edito dalla fondazione bozzolese. Lo incontrai nella sede di Rai Tre, presso Corso Sempione, 27, a Milano; e da allora la nostra conoscenza, e’ diventata una corrisposta amicizia. Da me richiesto, mi ha inviato questa sua scheda personale ed ha accettato di rispondere alle mie domande per una lunga intervista, che avevo richiesto per il sito www.chiesaincammino.org , prima, del caro e compianto Umberto Lenzi e ora, per il sito www.ildialogo.org del bravissimo Giovanni Sarubbi.
                 
GILBERTO SQUIZZATO
Giornalista e regista, dopo aver lavorato per dieci anni nel cinema come aiuto di maestri come Alberto Lattuada e Carlo Lizzani, entra in Rai come giornalista nel 1979, realizzando per il TGR e TG3 centinaia di inchieste e speciali.   Successivamente Angelo Guglielmi, lo chiama a Rai Tre chiedendogli di fondere le due esperienze, giornalistica e cinematografica, nella creazione di film-cronaca, real -movie, docu-fiction, di cui e’ insieme sceneggiatore e regista. E’ cosi’ che Squizzato comincia a realizzare numerose serie per Rai Tre e poi per Rai Uno: “I RACCONTI DEL 113”, “LA GUERRA DELL’ACQUA ROSSA”, “PIANETA EST”, “INTERSET”, “LA FRONTIERA NASCOSTA”, “COSI’ VICINO COSI’ LONTANO”.             
Nel 1999 lavora ad una trilogia milanese, con la quale lancia la categoria filmica e il modello produttivo del real-movie, prima con le quattro puntate de “I RACCONTI DI QUARTO OGGIARO”; POI, NEL 2000, è autore e regista delle quattro ore di “ATLANTIS”; SU Rai Tre, viene trasmessa infine, all’inizio del 2002, “LA CITTA’ INFINITA”, in quattro puntate, che chiude la trilogia.
Da una coproduzione Rai-Televisione svizzera di lingua italiana, nascono le tre puntate de “IL TUNNEL”.Nel 2004 Squizzato scrive e gira per Rai Tre “L’UOMO DELL’ARGINE”, un film sulla vita di don Primo , che fonde fiction e immagini di archivio storico, in un’inedita forma di “history-fiction”.Nel 2005 realizza “SUOR JO”, un giallo politico per Rai Tre scritto con Giuseppe Genna.Nel 2006 ha scritto per Rai Tre “IL RITORNO DEL CAPITANO”, e nel 2007 “IL SEME DEL MALE”.Attualmente insegna giornalismo televisivo presso il Master post laurea di giornalismo dell’Università Statale di Milano.
I lavori di Gilberto Squizzato, hanno partecipato a numerose Rassegne Internazionali (Helsinky film Festival, Mostra internazionale di Bruxelles, Prix Futura Berlino, Mostra del cinema per la Tv di Venezia, Cinema Tout Ecran di Ginevra) e conseguito significativi riconoscimenti, tra cui il Premio Europa, il Premio Filmselezione di Venezia, il Premio della Critica Cinematografica al Festival di Montecarlo, il Premio Flaiano per la fiction).
( CARLO CASTELLINI )
 

 
INTERVISTA AL REGISTA DE “L’UOMO DELL’ARGINE” GILBERTO SQUIZZATO.
 
D. Da quale idea-progetto e’ nato questo film?
R.  Io ed Ennio Chiodi, figlio di Arturo, uno dei discepoli più intimi di don Primo, abbiamo voluto far conoscere soprattutto ai giovani questo profeta di pace di cui ignoravamo perfino l’esistenza, senza sapere che Mazzolari è stato uno dei primi e più decisi oppositori non solo al fascismo e alla sua violenza, ma anche al “pensiero unico “, cioè all’omologazione culturale che non ha cessato di essere la malattia mortale del conformismo opportunista di tantissimi italiani e della stragrande maggioranza, anche dei cristiani, purtroppo.   
Qual è stata la fatica della sceneggiatura e della regia? Non è stato facile scegliere fra le decine di migliaia di stupende pagine scritte da don Primo quelle che meglio fossero adatte a costituire la trama portante di una narrazione che necessariamente deve presentare una ricca multiformità personaggi e la complessità di un’azione drammaturgica richieste da un film.
 
D. A quali fonti informative e documentarie hai attinto per il testo ed i dialoghi?
R. Tutte le parole pronunciate da don Primo nel film sono autentiche e testuali, come pure gli episodi narrati. 
 
D. Quanto costa una produzione di questo genere?
R. All’incirca 800 mila euro per quattro ore di narrazione.
 
D. Chi sono e come hai scelto gli attori?
R. Il protagonista Maurizio Tabani aveva già interpretato per me I racconti di Quarto Oggiaro, accanto a lui circa una cinquantina di professionisti che io scelgo sempre non in base alla notorietà ma alla coerenza fra volto, voce e spirito del personaggio, come pure circa duecento figuranti e comparse presi fra gli abitanti dei paesi nei quali abbiamo girato il film.
Quali difficoltà pratiche e organizzative hanno rappresentato gli attori non professionisti?   R.Nessuna.Sono persone splendide, generose, che ti regalano anche la loro anima offrendoti la spontaneità sincera dei propri volti e del proprio modo di essere
 
D. Quali i luoghi esterni mazzolariani   visitati per gli esterni di questo film?
R. Cicognara, naturalmente e Bozzolo, e soprattutto le campagne mantovane e cremonesi a ridosso dell’argine del Po.
 
D. Piace molto il ritmo narrativo della tua fiction: pur essendo lungo e molto documentato il legame tra le immagini risulta fluido e gradevole, come storia raccontata: in termini di tempo e di tecnica cosa significa per noi profani? Prove? Riprove? Tagli?Ritagli?
R. Un gran lavoro di ricerca sia per le immagini di repertorio dell’epoca, sia per l’identificazione dei set (cascine, strade, piazze, ecc.) ancora quasi perfettamente conservate che dovevano restituire l’atmosfera ell’epoca.  
D. Qual e’ la differenza con le altre fiction a carattere religioso (Padre Pio, Giovanni Paolo II, Giovanni XXIII, Il fondatore di Nomadelfia)?
R. Non sta certo a me dichiararlo.
 
D. Perche’ continui a dire che la Chiesa ufficiale non lo farà mai santo?
 R. Perché Mazzolari non è un testimone del vangelo a cui chiedere miracoli. E’ lui che chiede a te quello della fedeltà al Vangelo e della coerenza.
 
D. A mano a mano che il tuo progetto prendeva forma quali sono gli aspetti peculiari che ti hanno piu’ colpito della figura di don Primo Mazzolari? L’intelligenza, l’umanità, il coraggio, la santità?
R. Il coraggio, sicuramente, e la capacità di essere sempre pronto a scelte difficili, rigorose, irrinunciabili. E’ l’uomo del “kairòs”, dell’stante decisivo in cui bisogna scegliere e che non torna più indietro. Per questo intitolò “Adesso” la sua rivista.
 
D. Tra i suoi libri quale ti e’ stato di maggiore aiuto per i dialoghi, il testo e la ricostruzione della sua figura? 
 R. Il diario, certamente, ma anche i sui racconti e suoi romanzi , che sono in sostanza delle autobiografie in forma di racconto.
 
D. In che cosa ti ha cambiato dentro questo film?
R. Mi ha convinto ancor di più che nella vita non è necessario vincere, far trionfare il proprio punto di vista . Ma per diventa “invincibili” basta non lasciarsi vincere, non piegare la schiena e le ginocchia davanti al potere, in tutte le sue forme.
 
D. Hai detto che sei stato aiuto regista di Carlo Lizzani e Alberto Lattuada: che cosa ti hanno insegnato? In che cosa li consideri maestri?
R. Da Lattuada ho imparato come funziona la macchina del film, l’arte della recitazione, i segreti del montaggio; da Lizzani la velocità di scelta e di esecuzione, oltre al forte impegno culturale, politico e civile.
 
D. Si sente che sei legato a questo film: lo consideri il tuo capolavoro?
R. Non è un capolavoro. E’ un onesto servizio – come ci sono riuscito- alla memoria viva di don Primo. Ma sono legato allo stesso modo a tutti i miei racconti filmici per la tv.  
 
D. Che cosa e’ una docu-fiction, una real-moovie e una history-fiction,  un reality-show? La tua che cos’è?
R.Vi prego di risparmiarmi la penosa risposta sui reality. Docufiction è un documentario che mette in scena anche attori, in alcune parti del racconto. Real movie è un film scritto e girato su eventi e situazioni reali, anche se trasformati in racconti secondo le regole e il linguaggio cinematografici “normali”. History fiction è una fiction ambientata in epoche passate che utilizza anche immagini autentiche girate a quel tempo. 
 
D. Nei tuoi films documentari, non si nota l’immagine che seduce, ma le sequenze filmiche interpellano la mente, toccano le coscienze: cosa ti sei proposto di fare?
R. Di ascoltare il suggerimento di un maestro come Kieslowski. Se egli propugnava un cinema dell’inquietudine morale, io quell’inquietudine vorrei portarla dentro il piccolo schermo.
 
D. Come hanno accolto la tua opera critica e  pubblico?
R. Anche sé è andato in onda in contemporanea con gli europei di calcio del 2004 è stato seguito da quasi il 10% di pubblico (circa quattro milioni di spettatori) e la critica è stata unanime nell’apprezzarne il valore sia linguistico che civile e culturale, direi anzi spirituale
 
D. Che cosa hai scritto nel frattempo, dopo la realizzazione nel 2005 della serie Suor Jo, i gialli dell’anima
R. Circa una ventina di soggetti e sceneggiature , fra cui una sulla stage di Erba. Ma nessuno di questi progetti è stato accolto da Paolo Ruffini, il direttore di Rai Tre da cui dipendo.
 
D. Il tuo film in genere piace alle persone colte: comprendono certe figure perche’ hanno letto e sanno fare i dovuti collegamenti: le persone semplici rimangono  qualche volta sconcertate: e’ solo una mia impressione o cosa puoi dirci del pubblico cui l’hai presentato?
R.Non è vero. I semplici lo capiscono e lo sentono molto più dei colti e ei furbi, che ci costruiscono sopra anche degli alibi per giustificare le viltà di tanti contemporanei (e anche confratelli preti).
 
D. Chi e’ il prete sospeso a divinis che e’ stato di stimolo alla tua fede? Ce ne puoi parlare brevemente? Cosa ti ha colpito in lui? La sua umiltà, la sua fede, il suo coraggio?
R. Don Marco D’Elia è la persona che più delle altre mi ha appassionato alla figura di Gesù di Nazareth. Un prete di frontiera, come don Primo, che ha pagato duramente la sua fedeltà al Vangelo. Colpito dalla sanzioni disciplinari ecclesiastiche, ha fatto per vent’anni prima il bidello, poi l’elettricista, poi il falegname. Ora lo perseguita il morbo di Parkinson, che affronta con coraggio e grande pazienza evangelica.
  
D. Don Primo non ha dialogato col fascismo, ha combattuto il comunismo, e stretto la mano ai socialisti: cosa ci puoi dire?
R. Che ha combattuto il fascismo e ha dialogato col comunismo, se vogliamo essere storicamente precisi…
 
D. Non arriva troppo tardi la riabilitazione di don Primo sia di Montini ma anche di Giovanni XXIII? A che cosa gli e’ servito essere riconosciuto tromba dello Spirito in terra mantovana, o essere invitato predicare le missioni popolari a Milano, se per tutta la vita e’ stato sospettato di eresia e di prete ribelle?
R.  Quello che ha sofferto Mazzolari, interiormente, nessuno lo può immaginare. Ma non c’è da stupirsi. Come appunto disse Paolo VI : “E’ il destino dei profeti. Camminava con un passo troppo lungo e noi non riuscivamo a stargli dietro”. 
 
D. Come giornalista che cosa pensi dell’informazione religiosa e cattolica in particolare, degli attacchi a Famiglia Cristiana?
R.  Mi pare ci sia troppa acquiescenza nei confronti di posizioni (come quelle leghiste tollerate dagli alleati del PdL) che non esito a definire antievangeliche, perché sdoganano spesso e propugnano una grettezza del cuore (contro immigrati, rom, ecc.) che mi amareggia e mi ripugna. Purtroppo quando un settimanale coraggioso come Famiglia Cristiana prende posizione, c’è anche chi, fra le alte gerarchie, di dissocia e dichiara che quelle non sono le posizioni della Santa Sede. E questo mi fa soffrire.    
(CARLO CASTELLINI)


Lunedì 01 Dicembre,2008 Ore: 15:42