L’antico illegalismo che piace al sig. B.

di Franco Cordero ("la Repubblica", 28 gennaio 2004)

Gennaio mese crudele, mugola il Sire d’Arcore post lifting: l’anno scorso, martedì 28, la Cassazione a pieni ranghi disinnesca, interpretandola nell’unico modo serio, una legge Cirami che s’era affatturato perché voleva andarsene da Milano nemmeno fosse appestata, e i suoi processi seguitano lì; è un martedì anche stavolta, 13; la Consulta dichiara invalida quella con cui li aveva elusi proclamandosi non giudicabile. I due responsi dicono tutto della sciagura italiana. Caso scolastico d’invalidità rilevabile a colpo d’occhio: i cittadini non sono più eguali (art. 3 Cost.) se uno risulta immune dal processo, quindi dall’eventuale pena, finché presieda il consiglio; ovverosia sine die, con i soli limiti imposti da madre natura, visto che, mostruosamente ricco e padrone d’una lanterna magica, incantando larghe masse può ripetersi due o tre volte consecutive al banca elettorale. La longevità governativa è fenomeno ricorrente. Sebbene non abbia 20 miliardi d’euro né tre televisioni, Agostino Depretis forma 8 ministeri, Giolitti 5, Mussolini uno lunghissimo (20 anni, 8 mesi, 25 giorni). Quel capolavoro pro divo Berluscone non concede nemmeno d’acquisire le prove deperibili. Lasciamo da parte altri aspetti d’incostituzionalità. Anche gl’illetterati sanno cosa significhi «legge»: previsione astratta e generale; e non se n’era mai vista una così personale; gli yes-men gliela cuciono addosso come i doppipetti. Siccome poi diritto, logica, etica, sono lumi intermittenti sotto le lune d’Italia, degl’intenditori, consultati dal Quirinale sul punto se tali mirabilia siano promulgabili, rispondono gravemente che lo sono. Così nasce il lodo sotto mani trasversali: conosciamo l’inventore, un manovale, il tessitore; «parto macabro», m’ero permesso d’annotare (qui, 17, 21, 24 giugno).
Non è roba chic, ammettono i bienséants abbassando gli occhi, ma bisogna inghiottirla: dal 1° luglio comincia il semestre italiano nell’Ue; possiamo esporre al parterre europeo un presidente del consiglio sotto gravi accuse (essersi comprato delle sentenze?). Ovvia l’obiezione: così presentano al mondo un’Italia gaglioffa; e com’era prevedibile, perché gli uomini sono macchine psicofisiche, quel signore planante au dessus de la loi recita sé stesso, esasperando l’effetto fin dall’esordio. Ora, le norme sospette d’invalidità, tali ritenute da chi deve applicarle, passano al vaglio d’una Corte che nell’ipotesi affermativa le estromette dall’ordinamento. Il malfamato lodo può sopravvivere solo se 8 giudici su 15 chiudono gli occhi sulla Carta. Forzaitalioti, consoci, ausiliari, parassiti, finti neutrali, lo speravano, delusi dal verdetto.

Lo sconfitto reagisce a modo suo, moltiplicando la posta. Dei «poteri forti» gl’insidiano l’investitura conferita da milioni d’elettori?; resta da vedere chi sia più forte, e butta sul tavolo varie carte: immunità parlamentare, riforma dell’ordinamento giudiziario, una nuova Corte. Gli accoliti, ministri e no, cantano i soliti fini argomenti, in barba a tre secoli d’arcinoto pensiero liberal-costituzionale: B. sta lì, issatovi dal popolo sovrano; i suoi elettori hanno diritto a goderselo 5 anni ma dei parrucconi gli sferrano colpi proditori; bisogna fargli scudo. Possibile che 15 (rectius 10) «nominati» o «indirettamente eletti» smentiscano 454 parlamentari?, ringhia un druido della mistica padana.
Déja oui, tante volte. I commenti soi-disants neutrali esalano severa malinconia. Usciamo sconfitti, tutti. Bisognava rifondare il sistema, anziché spendere metà legislatura nei rabberciamenti ad personam. Come rifondarlo? Che domande: procure ubbidienti al ministro; tribunali servizievoli, sillabanti le formule dettate dagli eletti; premier padrone del governo e delle Camere. Quale occasione persa! Convinto che i presidenti del consiglio vadano protetti, così esposti ai pubblici ministeri quaerentes quem devorent, finché siano ancora indipendenti, un quasi oppositore aveva cavato dalla manica l’idea: è lui il phraseur del testo galeotto, racconta un ex capo dello Stato; e la notizia diffusa dalla Consulta lo chiama «lodo Maccanico». Avessero seguito quella via, «non saremmo qui», dolenti sul cadavere d’un lodo, lamentano gli oracoli. E invece sì, l’epilogo funereo sarebbe identico. L’autore o consulente se ne chiama fuori distinguendo «improcedibilità» e «immunità», come se la zuppa non fosse pan bagnato. Insomma, l’occasione persa sta nei fatto che destra, centro, sinistra, non abbiano virtuosamente convolato nell’aborto.

Cose dell’altro mondo, direbbe lo spettatore ingenuo, ma sull’anomalo scenario italiano non suonano poi tanto stravaganti. Esistono vari centri e sinistre. Inter alios, uno ambiguo (vedasi l’inventore dei lodi) e una alle cui gloriose manovre bicamerali B. accenderebbe delle candele, fosse meno assordato dall’Ego: ha trovato Nostro Signore nell’orto, ossia interlocutori comodi; né gli basta comandare in casa; avendo lo stomaco senza fondo, vuol anche scegliersi gli oppositori. Il grave è che vi riesca. Contegnosi avversari, infatti, negano con biasimo e sdegno ogni sintomo d’un regime berlusconiano. Anche stavolta dialogano: il problema esiste e va risolto, senza gesti protervi beninteso; eccome il premier ha bisogno d’uno scudo; parliamone quindi. Singolare problema. L’Europa lo ignora, idem gli Usa. Nei 156 anni dal giorno natale dello Statuto albertino nessuno se n’era accorto, nemmeno quando Crispi tentava oblique manovre antigiolittiane. Anche votato da tutti, ex art. 138 Cost., il lodo rinasce morto: vigono priorità nella Carta; è invalida la norma, ivi interpolata, che le stravolga. Vogliono gl’immuni? Tolgano l’art. 3, retrocedendo Italia all’ancien régime, quando i gradi militari erano conseguibili solo dai nobili, con effetti disastrosi nelle armi dotte quali artiglieria e genio (il Gotha 2004 lo stampa Mediaset). O senza tanto strepito, combinino una Corte meno eccentrica, dove almeno 8 teste su 15 pensino sul quadrante governativo.
L’ha annunciato e possiamo credergli, rivuole l’ immunità parlamentare (deputati e senatori non giudicabili senza l’assenso della Camera dove siedono, perché, unti dal popolo, hanno sangue blu): figurava nell’art. 68 Cost.; l’ha abolita una legge Cost. 29 ottobre 1993 n. 1, sciaguratamente, gridano i berluscones e qualche alleato, dando a intendere che fosse un voto coatto dalla paura davanti alla ghigliottina giustizialista. Macché, era vergogna. Quel privilegio aveva trasformato le aule in luoghi d’asilo, come le vecchie chiese: «confugio», lo chiamavano i napoletani; e la parola indica faune brulicanti; infatti, costituiva punto cronico del dissidio monarchie-Chiesa. Nella forma virtuosa l’immunità difendeva gli oppositori da una magistratura troppo incline a servire i governi (così la sogna l’impresario delle tre reti). Inutile dire quanto premano i nostalgici del malaffare sotto ali politiche e che effetti inquinanti scatenerebbe una regressione (segnalata dall’art. 6 1. 20 giugno 2003 n. 140). L’unica ideologia riconoscibile nei banditori della cosiddetta via nuova (vogliono cambiare l’Italia!) è l’antico, voracissimo, impenitente illegalismo.



Marted́, 30 marzo 2004