(SZ del 16.9.2002) È assolutamente evidente che il presidente del Consiglio e imprenditore [ndt.: o impresario?] dei media Silvio Berlusconi ha in mente meno il bene di tutti che gli interessi di singoli. Eppure i politici che siedono sui banchi dell’opposizione si beccano gli uni gli altri, invece di controllare tutti insieme il lavoro del governo. Di conseguenza gli italiani devono aspettarsi nulla di buono dalla politica del Palazzo. Non v’è dunque da meravigliarsi se ora si radunano in massa sulla piazza. Molte centinaia di migliaia di persone, fra le quali molti artisti ed intellettuali, alla fine della scorsa settimana sono andati a Roma nelle strade. Essi non protestavano solamente contro il governo, ma ammonivano anche l’opposizione [parlamentare] a svolgere una buona volta sul serio il proprio ruolo. Occasione per la pubblica contestazione era una progettata riforma della giustizia con il cui supporto Berlusconi e i suoi vogliono salvarsi da una possibile condanna penale. La Commissione Giustizia del Parlamento romano ha approvato il contestato progetto di legge sabato scorso, nello stesso momento in cui ad un paio di chilometri di distanza, su una delle più grandi piazze d’Italia, affluivano i primi dimostranti. Così la Piazza si è messa contro il Palazzo. Silvio Berlusconi intanto ha prodotto una serie veramente notevole di leggi che giovano soprattutto ad una persona: a lui stesso – dalla abrogazione delle imposte di successione, attraverso l’annacquamento della legge sul falso in bilancio, gli intralci alla collaborazione internazionale anticriminale fino all’ampliamento dell’immunità dei parlamentari, dal veto sul mandato d’arresto europeo ad una nuova legge sui media che favorisce un solo concorrente privato (Mediaste di Berlusconi), fino alla legge ora proposta sul “legittimo sospetto”. Al normale cittadino queste modifiche legislative giovano ben poco, all’imprenditore Berlusconi al contrario moltissimo. E alimentano il legittimo sospetto che Berlusconi dal suo primo periodo di governo nel 1944 in verità non ha imparato alcunché. Se oggi Berlusconi sulla scena internazionale si vuole dare arie di uomo di Stato con lo charme italiano e il suo particolare talento di show-man – nel paese la sua politica della giustizia ha l’effetto di una dichiarazione di guerra allo Stato italiano. Non soltanto perché con le nuove norme giuridiche egli indebolisce inesorabilmente la giustizia del Paese, ma molte delle sue leggi sono anche “retroaktiv”, ciò che in Italia significa: hanno validità per fatti accaduti prima della loro promulgazione. Mediante tutto questo Berlusconi può liberarsi da molti guai, ma portando nello stesso tempo il sistema giudiziario al disastro. Che effetto può avere la minaccia di sanzioni penali dello Stato sui cittadini, se eminenti politici le mettono fuori uso a favore di loro stessi? Già nel Paese sembra essere ormai uscita all’aperto l’astuta, sapiente trasgressione della Carta Costituzionale. Infatti l’Amministrazione della città di Roma registra una fiorente ripresa dell’edilizia abusiva nella periferia, perché i proprietari di case si aspettano una sanatoria a posteriori. E in televisione compare una ribelle della giustizia alla quale è riuscito evitare la carcerazione preventiva nonostante pressanti indizi di infanticidio. A Milano pare quasi certo che un processo per fondi neri contro l’impero di Berlusconi, Fininvest, che dopo anni di investigazioni sarebbe dovuto iniziare in questo autunno, probabilmente non avrà per niente luogo. Secondo la legge sul falso in bilancio il crimine dovrebbe presumibilmente essere caduto in prescrizione. E con l’introduzione del “legittimo sospetto” come motivo di ricusazione di un intero distretto giudiziario Berlusconi potrebbe sbarazzarsi di un secondo ulteriore processo, nel quale si tratta di corruzione e di acquisto di sentenze mediante pagamento dei giudici. Tuttavia Berlusconi deve mandare avanti i progetti di legge attraverso i competenti organi parlamentari alla massima velocità, a frustate, perché i processi stanno per andare a sentenza. Nell’anno 1994 la coalizione di Berlusconi cadde dopo pochi mesi, perché il presidente del Consiglio agiva troppo apertamente nel proprio interesse. Oggi egli sa di avere dietro a sé una comoda maggioranza. Eppure è giustificato chiedersi quanto a lungo chi dei suoi sodali nella coalizione che crede in una conservazione dei valori fondamentali potrà conciliare con il proprio senso del pudore questo far salire una marea di losche modificazioni legislative. Già qualche ex democristiano nel campo berlusconiano storce il naso. Così si dovrebbe sperare che il vento della piazza scateni uno starnuto generale. In ogni caso nulla ci si può attendere dall’opposizione parlamentare. I cittadini non avevano ancora finito, sabato scorso, di radunarsi che l’ex capo del governo e attuale presidente dei Democratici della sinistra, Massimo D’Alema, proclamava che con simili dimostrazioni non si raggiunge comunque un bel niente. Forse che i suoi intrighi portano più risultati? A suo tempo egli ha distrutto a tempo indeterminato il modello governativo di una coalizione di centro-sinistra. Per vanagloria adesso egli semina discordia nei propri ranghi – anche quest’uomo non ha imparato nulla. Che altro resta ai cittadini, in considerazione di tanta “retroattività”, se non diventare attivi essi stessi? “Siamo irremovibili su un solo punto”, ha gridato il regista Nanni Moretti ai dimostranti, “nella difesa della democrazia”. Appunto, si tratta proprio di questo.
Lunedì, 30 settembre 2002
|