Berlusconi, vergogna dell’Europa

Il capo del governo italiano tenta di mettere la museruola allo Stato di diritto, in Italia come a livello comunitario.


di Jean de Maillard (La traduzione italiana è di José F. Padova).

Il testo francese originale di questo articolo è apparso su "Libération" del 5 dicembre 2001 con il titolo: Berlusconi, honte de l’Europe, ed è disponibile sul sito: http://www.liberation.fr/

Jean de Maillard è magistrato. Ultima opra pubblicata: "Un mondo senza legge" (Stock, 1998).

Mercoledì 5 dicembre 2001

La prossima fine della guerra in Afganistan, almeno nella sua fase militare attiva, permetterà forse agli Europei di prendere nuovamente in considerazione i problemi loro propri. Il governo di Silvio Berlusconi, in effetti, ha approfittato della diversione fornita dalla campagna antiterroristica per accelerare il suo processo di destabilizzazione della giustizia, rara istituzione italiana che ancora gli opponga resistenza e che tenti di mantenere una sembianza di Stato di diritto nel paese. Tutti, nelle cancellerie europee, hanno distolto lo sguardo dalla catastrofe che sta per compiersi in Italia. L’Europa, già mal ridotta, si rimetterà dai colpi di maglio che dovrà subire, sotto le provocazioni dello strano potere che si è insediato dall’altra parte delle Alpi?

L’uomo dal patrimonio di dubbia origine, diventato presidente del Consiglio dopo essere stato il più famoso "salvato per un pelo" (ndt.: gioco di parole fra repris de justesse e repris de justice=pregiudicato) del sistema giudiziario italiano, è scampato a tutte le condanne grazie ai sotterfugi procedurali che la legge italiana mette generosamente a disposizione dei mafiosi e dei corrotti. Ma tutto questo non gli basta, perché finché resterà un solo giudice italiano che faccia il suo lavoro, esisterà il rischio per l’"uomo più ricco e potente d’Italia" di finire in prigione. È per questo motivo che, con cinismo ma determinazione, dal momento del suo arrivo al potere ha iniziato a fare votare, da un Parlamento composto da sue creature, delle leggi che in ogni altro paese civilizzato avrebbero ai nostri giorni già provocato una crisi di regime. E tuttavia sembra che non si sia ancora che alle premesse dell’impresa di distruzione. I mafiosi si fregano evidentemente le mani, perché i loro avvocati sono nella cerchia dei governanti i quali, oh ironia!, hanno deciso di alleggerire o di sopprimere le scorte di polizia dei magistrati per economizzare il denaro pubblico! Dopo aver fatto votare delle leggi scellerate destinate a candeggiare il presidente del Consiglio e i suoi amici – accorciamento dei termini di prescrizione per il delitto di falso in bilancio, rigetto dei documenti giudiziari provenienti dall’estero che non siano confezionati in conformità dell’apposita legge, ecc. – il governo, col suo capo in testa, si prodiga adesso senza risparmio per infrangere la resistenza dei giudici e dell’istituzione giudiziaria. Minacce, calunnie, pressioni, ingerenza nel funzionamento della giustizia… tutto sembra buono per eliminare i magistrati designati come irriducibili nemici. E tutto questo nel silenzio, forse imbarazzato, ma forzatamente complice, degli altri governi europei, che non hanno ancora proferito parola. Più il tempo passa, nondimeno, più l’Italia sprofonda in una regressione democratica che minaccia l’Europa stessa e la sua fragile costruzione. Le autorità europee e i governi dei Quindici potranno ancora a lungo restare muti di fronte alla depravazione delle consuetudini democratiche che colpisce uno dei paesi fondatori dell’Unione europea, degenerazione ch’essi circondano per il momento con il loro pesante e vergognoso silenzio? Finché il governo italiano limitava i suoi eccessi alla scena politica e giudiziaria interna e finché essi stessi potevano pretendere d’essere occupati dagli avvenimenti afgani era loro ancora possibile guadagnare tempo. Ma comunque diventerà necessario che reagiscano.

Incoraggiato concretamente dalla pusillanimità dei suoi interlocutori, Silvio Berlusconi esercita ora il suo "diritto di azione giudiziaria" contro i giudici fin dentro i corridoi della Commissione europea. Egli rifiuta di dare all’Ufficio europeo di lotta antifrode (Olaf), incaricato di proteggere le finanze dell’Unione europea, la collaborazione di magistrati italiani, perché questi sono stati scelti e destinati all’incarico prima che egli salisse al potere. Seguendo una procedura trasparente, garantita dalle strette regole del reclutamento dei funzionari europei, tre magistrati sono stati selezionati per partecipare alle funzioni del nuovo ufficio, creato in seguito alle dimissioni della commissione Santer. Fra questi tre magistrati specialisti nella lotta alla mafia uno è stato scelto direttamente dal direttore generale dell’Olaf per essere il futuro direttore operativo, che dirigerà le indagini col concorso di un pool di magistrati selezionati da qualche mese in ognuno degli Stati membri. Si può ben comprendere che il capo del governo italiano, miracolosamente scampato alle indagini anticorruzione, veda di cattivo occhio la costituzione di équipes europee d’investigatori che potranno venire a fare nel suo paese le indagini ch’egli vorrebbe ormai proibire ai suoi propri giudici. È chiaro che una parte dei suoi sforzi per impedire alla giustizia di raccogliere le prove sarebbe annullata se dei magistrati italiani, rotti ai circuiti di corruzione della penisola e conoscitori sulla punta delle dita delle reti criminali italiane e dei loro sistemi, potessero fare in seno all’Olaf quello che non potranno più fare in Italia. Tanto più che le prove raccolte dall’Olaf sono giuridicamente valide dinanzi ai giudici nazionali e che l’Olaf potrebbe condurre in porto le inchieste che i procuratori italiani non avranno più i mezzi per fare. Si comprende sempre meno che l’insieme degli Stati membri e delle istituzioni europee non si levi con veemenza contro le sue pretese di bloccare il funzionamento dell’Unione europea e di consegnarla mani e piedi legati alle predazioni del crimine organizzato. Per il momento, una parte del braccio di ferro è ingaggiato fra Silvio Berlusconi e il Consiglio superiore della magistratura (CSM) italiano da un lato e lo stesso Silvio Berlusconi e la Commissione europea dall’altro. Il presidente del Consiglio in realtà ha scritto di suo pugno una lettera di minaccia indirizzata al CSM, che si riuniva il 20 novembre per confermare la nomina dei tre magistrati all’Olaf: informava il CSM ch’egli non darebbe l’autorizzazione ai magistrati scelti, Alberto Perduca (designato come direttore delle operazioni dell’Olaf), Nicola Piacente e Mario Vaudano, di raggiungere i loro posti di lavoro presso l’Olaf anche se il CSM confermasse la loro nomina. Il CSM, aggiungeva Berlusconi, "dovrà tenerne conto nella sua decisione…". A questi modi da condottiere (ndt.: in italiano nel testo) il governo aggiunge la diffamazione: il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ha prodotto note anonime secondo le quali "il precedente governo di centro sinistra e il suo ministro della Giustizia avrebbero in qualche modo "favorito" la nomina dei tre magistrati". Il direttore generale dell’Olaf e la Commissione hanno dovuto minacciare l’avvio di procedimenti giudiziari se le insinuazioni non fossero cessate. Il CSM ha rinviato la decisione di quindici giorni, sotto la pressione del governo, al 5 dicembre 2001. Sarà capace di resistere e di difendere in questo affare la sua propria indipendenza e quella di tutta la magistratura italiana?

I governi dei Quindici, la Commissione e le altre istituzioni europee dovranno riflettere prima di permettere che Silvio Berlusconi e i suoi uomini di mano calpestino in questo modo le regole dello Stato di diritto. Le mafie, tornate a corte, rialzano dappertutto la testa. Esse non limiteranno le loro razzie alla penisola. Già voci si levano per denunciare il mortale colpo d’arresto che si rischia sia inferto alla cooperazione giudiziaria internazionale, alla lotta contro il crimine organizzato, il finanziamento del terrorismo e la corruzione. Alcuni chiedono a giusto titolo che l’Italia sia iscritta sulla lista nera dei paesi che non collaborano in materia di riciclaggio di denaro sporco. Il crimine, oggi, non ha più confini. Se Berlusconi vince in Italia la sua battaglia contro lo Stato di diritto avrà partita vinta anche in Europa. Impedirà ai Quindici di adottare il mandato di cattura europeo che cerca con difficoltà di venire alla luce, bloccherà le convenzioni e le direttive europee che, con fatica, a piccoli passi, tentano di fare progredire il diritto e la giustizia contro il crimine e la corruzione.

L’Europa aveva messo l’Austria sotto sorveglianza quando si era dotata di un governo sospetto riguardo ai diritti umani e alle libertà pubbliche. L’Europa deve mettere oggi l’Italia di Berlusconi sotto esame. Altrimenti sarà l’Europa del crimine e dei criminali che costruiremo d’ora in poi. Churchill aveva avvertito i negoziatori degli accordi di Monaco: "Avete voluto evitare la guerra nel disonore. Avete il disonore e avrete la guerra". Bisogna temere che i nostri governi, volendo evitare di perdere l’Europa, le nostre libertà e la nostra sicurezza collettiva, non evitino un nuovo disonore.



Le chef du gouvernement italien tente de museler l’Etat de droit, en Italie comme au niveau communautaire.

Berlusconi, honte de l’Europe

Par JEAN DE MAILLARD
Jean de Maillard est magistrat. Dernier ouvrage paru: "Un monde sans loi" (Stock, 1998).

Le mercredi 5 decembre 2001

La fin prochaine de la guerre en Afghanistan, du moins dans sa phase militaire active, va peut-être permettre aux Européens de se pencher de nouveau sur leurs propres problèmes. Le gouvernement de Silvio Berlusconi a en effet profité de la diversion procurée par la campagne antiterroriste pour accélérer son processus de déstabilisation de la justice, rare institution italienne qui lui résiste encore et qui tente de maintenir un semblant d’Etat de droit dans le pays. Tout le monde, dans les chancelleries européennes, a détourné les yeux de la catastrophe en train de s’accomplir en Italie. L’Europe, déjà mal en point, se remettra-t-elle des coups de boutoir qu’elle va devoir subir, sous les provocations de l’étrange pouvoir qui s’est installé de l’autre côté des Alpes?

L’homme à la fortune douteuse, devenu président du Conseil après avoir été le plus fameux "repris de justesse" du système judiciaire italien, a échappé à toute condamnation grâce aux finasseries procédurales que la loi italienne fournit généreusement aux mafieux et aux corrompus. Mais cela ne lui suffit pas, car tant qu’il restera un seul juge italien pour faire son travail, il existera un risque pour "l’homme le plus riche et le plus puissant d’Italie" de finir en prison. C’est pourquoi, avec cynisme mais détermination, il a entrepris dès son arrivée au pouvoir de faire voter, par un Parlement composé de ses créatures, des lois qui, dans tout autre pays civilisé, auraient déjà provoqué de nos jours une crise de régime. Et pourtant, il semble que l’on n’en soit encore qu’aux prémisses de l’entreprise de destruction. Les mafias se frottent évidemment les mains, puisque leurs avocats sont dans l’entourage des gouvernants qui, ô ironie, ont décidé d’alléger ou de supprimer les escortes policières des magistrats pour économiser les deniers publics! Après avoir fait voter des lois scélérates destinées à blanchir le président du Conseil et ses amis - raccourcissement du délai de prescription pour le délit d’établissement de faux bilan, rejet des pièces judiciaires provenant de l’étranger qui ne sont pas établies conformément au droit italien, etc. -, le gouvernement, son chef en tête, se dépense à présent sans compter pour briser la résistance des juges et de l’institution judiciaire. Menaces, calomnies, pressions, ingérences dans le fonctionnement de la justice... tout paraît bon pour éliminer les magistrats désignés comme d’irréductibles ennemis. Et cela dans le silence, gêné peut-être, mais forcément complice, des autres gouvernements européens qui n’ont encore pipé mot. Plus le temps passe, pourtant, plus l’Italie s’enfonce dans une régression démocratique qui menace l’Europe elle-même et sa fragile construction.

Les autorités européennes et les gouvernements des Quinze pourront-ils encore longtemps rester muets devant la dépravation des mœurs démocratiques qui affecte l’un des pays fondateurs de l’Union européenne, dépravation qu’ils entourent pour l’instant de leur pesant et honteux silence? Tant que le gouvernement italien limitait ses excès à la scène politique et judiciaire intérieure, et tant qu’ils pouvaient eux-mêmes se prétendre occupés ailleurs par les événements afghans, ils pouvaient encore gagner du temps. Il va bien falloir pourtant qu’ils réagissent.

Encouragé en effet par la pusillanimité de ses partenaires, Silvio Berlusconi exerce maintenant son "droit de poursuite" contre les juges jusque dans les couloirs de la Commission européenne. Il refuse de donner à l’Office européen de lutte antifraude (Olaf), chargé de protéger les finances de l’Union européenne, le concours de magistrats italiens parce que ces derniers ont été choisis et recrutés avant qu’il accède au pouvoir. Suivant une procédure transparente, garantie par les règles strictes du recrutement des fonctionnaires européens, trois magistrats ont été sélectionnés pour participer au fonctionnement du nouvel office, créé à la suite de la démission de la commission Santer. Parmi ces trois magistrats spécialistes de la lutte antimafia, l’un d’entre eux a même été choisi par le directeur général de l’Olaf pour être le futur directeur opérationnel, qui dirigera les enquêtes avec le concours d’un pool de magistrats recrutés depuis quelques mois dans chacun des Etats membres. On peut comprendre que le chef du gouvernement italien, miraculeusement rescapé des enquêtes anticorruption, voit d’un mauvais œil la constitution d’équipes d’enquêtes européennes qui pourront venir faire dans son pays certaines des investigations qu’il voudrait désormais interdire à ses propres juges. Il est clair qu’une partie de ses efforts pour empêcher la justice de recueillir des preuves serait anéantie si des magistrats italiens, rompus aux circuits de corruption de la péninsule et connaissant sur le bout des doigts les réseaux criminels italiens et leurs méthodes, pouvaient faire au sein de l’Olaf ce qu’ils ne pourront plus faire en Italie. D’autant que les preuves recueillies par l’Olaf sont juridiquement valides devant les juges nationaux, et que l’Olaf pourrait ainsi faire aboutir les enquêtes que les procureurs italiens n’auront plus les moyens d’effectuer. On comprend moins que l’ensemble des Etats membres et des institutions européennes ne se dresse pas violemment contre ses prétentions de bloquer le fonctionnement de l’Union européenne et de livrer celle-ci aux prédations du crime organisé.

Pour l’heure, une partie de bras de fer est engagée entre Silvio Berlusconi et le Conseil supérieur de la magistrature (CSM) italien d’un côté, le même Silvio Berlusconi et la Commission européenne de l’autre. Le président du Conseil a en effet écrit de sa main une lettre de menaces adressée au CSM, qui se réunissait le 20 novembre pour confirmer la nomination des trois magistrats à l’Olaf: il informait le CSM qu’il ne donnerait pas l’autorisation aux magistrats choisis, Alberto Perduca (pressenti comme directeur opérationnel de l’Olaf), Nicola Piacente et Mario Vaudano, de rejoindre leurs postes auprès de l’office même si le CSM confirmait leur nomination. Le CSM, ajoutait Berlusconi, "devra en tenir compte dans sa décision"... A ces manières de condottiere, le gouvernement ajoute la diffamation: le ministre de la Justice, Roberto Castelli, a produit des notes anonymes selon lesquelles "l’ancien gouvernement de centre gauche et son ministre de la Justice auraient en quelque façon "favorisé" la nomination des trois magistrats". Le directeur général de l’Olaf et la Commission ont dû menacer d’engager des poursuites judiciaires si les insinuations ne cessaient pas. Le CSM italien a reporté sa décision de quinze jours, sous la pression du gouvernement, au 5 décembre 2001. Sera-t-il capable de résister et de défendre dans cette affaire sa propre indépendance et celle de toute la magistrature italienne?

Les gouvernements des Quinze, la Commission et les autres institutions européennes devraient réfléchir avant de laisser Silvio Berlusconi et ses hommes de main piétiner ainsi les règles de l’Etat de droit. Les mafias, revenues en cour, relèvent partout la tête. Elles ne limiteront pas leurs prédations à la péninsule. Déjà, des voix s’élèvent pour dénoncer le coup d’arrêt mortel qui risque d’être donné à la coopération judiciaire internationale, à la lutte contre le crime organisé, le financement du terrorisme et la corruption. Certains demandent, à juste titre, que l’Italie soit inscrite sur la liste noire des pays non coopératifs en matière de lutte contre le blanchiment de l’argent sale. Le crime, aujourd’hui, n’a plus de frontières. Si Berlusconi gagne sa bataille contre l’Etat de droit en Italie, il la gagnera aussi en Europe. Il empêchera les Quinze d’adopter le mandat d’arrêt européen qui tente difficilement de voir le jour, il bloquera les conventions et les directives européennes qui, péniblement, à tout petits pas, tentent de faire progresser le droit et la justice contre le crime et la corruption.

L’Europe avait mis l’Autriche sous surveillance quand elle s’était dotée d’un gouvernement suspect au regard des droits de l’homme et des libertés publiques. Elle doit mettre aujourd’hui l’Italie de Berlusconi en examen. Sinon, c’est l’Europe du crime et des criminels que nous allons dorénavant construire. Churchill avait prévenu les négociateurs des accords de Munich: "Vous avez voulu éviter la guerre dans le déshonneur. Vous avez le déshonneur et vous aurez la guerre." Il faut craindre que nos gouvernements, en voulant éviter de perdre l’Europe, nos libertés et notre sécurité collective, n’évitent pas un nouveau déshonneur.



Martedì, 11 novembre 2003