LA POLITICA POSSIBILE NEI 1OO PENSIERI DI MINO MARTINAZZOLI, PRIMAVERA DUEMILA
PRESENTAZIONE E COMMENTO
DI CARLO CASTELLINI.
Dire niente per farsi propaganda a ritmo di spot è un esercizio molto diffuso. Dire qualcosa resistendo ai vizi della superficialità e della immediatezza e soprattutto alla tentazione della menzogna è maledettamente più difficile.
Io ho cercato di farlo nel corso della mia ormai lunga militanza politica. Ne sono usciti appunti, annotazioni, aforismi, citazioni che una mano amica ha voluto numerare fino a 100 e raccogliere in un libretto da tenere in tasca per i momenti giusti.
Io non mi sono opposto. Perché nella loro incompiutezza, queste parole, nate in tempi e luoghi assai diversi, una volta messe insieme e lette di fila, mi
paiono trasmettere la cosa più importante: che le competizioni elettorali passano ma non passa l'impegno a pensare e ad essere umanamente veri. (MINO MARTINAZZOLI).
QUESTO E' IL TEMPO.
La storia politica è prima di tutto la storia di un'idea che nasce e si incarna e si confronta , combatte e si arricchisce e si precisa nel contrasto ma cresce e, anche se sconfitta, riprende la sua strada, ritorna e vince quando ha diritto di vincere per il consenso che matura e per la speranza che suscita.
Non esiste il luogo a cui tornare. Non c'è un passato da ripercorrere. C'è invece una nuova storia che dobbiamo deciderci ad aprire, se non vogliamo declinare la nostra responsabilità e sigillare il nostro destino.
La speranza che intendiamo aleggiare . Che non è una dolcezza ma un'ostinazione – la speranza umana cui il nostro stigma cristiano dà amore e valore, se non è del tempo, vive del tempo. Questo tempo. Che non ci rifiuterà se non lo rifiutiamo. Se decidiamo di viverlo per la nostra virtù, senza paura, senza avarizie, senza inganni.
Occorre guardare oltre la superficie cangiante delle cose per comprendere che le speranze – e la verità -non esigono tracce abbaglianti, ma durano e sono forti in una luce discreta, quasi un'ombra.
A CHE PUNTO È LA NOTTE ?
Sono davvero forti le parole di KIERKEGAARD. Sembrano scritte per l'oggi della comunità sociale e politica. “La nave è ormai in mano al cuoco di bordo e ciò che trasmette il megafono del comandante non è più la rotta ma ciò che mangeremo domani”.
FRANZ KAFKA, che ha scavato dalla sua incompatibilità di vivere quasi il dono della profezia, pensava che “le sirene possiedono un'arma ancora più terribile, del loro canto, il loro silenzio”. E aggiungeva:”Non è mai avvenuto, ma si potrebbe pensare che qualcuno si sia salvato dal loro canto, non certo dal loro silenzio”. L'uomo dell'attualità conosce il silenzio delle sirene e può confermare che da lì non viene salvezza.
Il rapporto di ogni uomo con se stesso, con il proprio senso e il proprio destino, con la propria vita e con la propria morte, affonda in un vuoto di risposte, si decompone per uno sradicamento quello che Simone Weil riconosceva come la dannazione del nostro tempo. Se si guardano queste èpifanie della decadenza, cresce lo sgomento di un mondo non tanto secolarizzato – come spesso si dice – ma più esattamente profanato.
Ci sono due righe di JOSEPH ROTH che tragicamente durano. Le scrisse nel 1939, a Parigi, mentre giungeva al fondo della dissoluzione la fuga straziante dal suo male di vivere e dalla persecuzione razzista del nazismo. Diceva dunque ROTH:”Nulla può, ormai, suscitare orrore. E questo è il vero orrore”. Oggi c'è un deficit, non un troppo della politica ma un tendenziale niente della politica.
La politica è in crisi, non solo da noi, poiché i suoi strumenti e le sue istituzioni sono ancora quasi tutti contenuti dentro l'angustia dei confini nazionali, mentre le competizioni della tecnica e dell'economia, quelle che davvero contano e decidono per la vita, di ciascuno di noi, sono ormai largamente dislocate nelle grandi dimensioni transnazionali.
Siamo in una società che chiamiamo dei due terzi. La maggioranza dei cittadini ha condizioni di vita accettabili e purtroppo il terzo escluso è sempre più escluso, sempre più debole. Qui sta il problema. In società come queste, la regola della maggioranza rischia di perdere per strada la sua capacità di riscatto, perchè le democrazie sociali ci hanno portato a questo risultato agendo in società nelle quali la maggioranza era fatta da quelli che stavano peggio e la minoranza da quelli che stavano meglio. Se l'equazione si capovolge, la regola democratica, cioè la regola di maggioranza, minaccia di diventare niente di più che la tutela di chi è dentro: e l'esclusione di chi è fuori. Ciò descrive la condizione critica delle democrazie moderne, ne spiega la struttura sociale.
Potremmo tornare alla prima scena di una sterminata opera teatrale di KARL KRAUS:”Gli ultimi giorni dell'umanità”. Siamo a Vienna, nell'anticamera del primo ministro poche ore dopo l'attentato di Sarajevo. La stanza è affollata di giornalisti in attesa. Quando esce dall'ufficio del primo ministro, l'addetto stampa informa che si stanno prendendo delle decisioni e si sta redigendo un comunicato. Alla domanda: “Quali decisioni?”, l'addetto stampa risponde:”Dipenderà dal comunicato”. Ormai la decisione dipende dal comunicato.
Ridurre il rischio dell'incomprensione, aumentare e ottimizzare il compenso di annunci accattivanti comincia a diventare un'ossessione e l'avidità di notizie del sondaggio incoraggia comportamenti francamente caricaturali, come quello di chi andasse a chiedere all'orologiaio notizie sull'eternità.
La televisione non sarà disinventata, Internet conquisterà il pianeta, le forme della nostra vita, singolare e plurale, individuale e collettiva, e cioè le forme della convivenza e del conflitto, dell'altruismo e della violenza, della libertà e della solidarietà, della pace e della guerra, e dunque la forma della politica,la forma del governo e della cittadinanza nella polis, si plasmeranno sulla misura delle lunghezze tecnologiche.
Si tratta e si tratterà per tanti aspetti di uno straordinario aumento di una storia in cui la vita possa riconoscersi per una appartenenza, per l'idea di un destino condiviso. Al contrario la parola “gente” adombra un'anomia, un'inconsapevolezza della sorte comune dice un'addizione di solitudini piuttosto che un sentimento comunitario. Inseguendo questa cronaca “minuto per minuto”, rischiamo di non essere mai puntuali, e, comunque, di perdere di vista la verità dei propositi e la coerenza dei gesti, Del resto questa non è neanche la politica spettacolo, ma proprio la prigionia, che deriva da un'enfasi dell'immagine, tale che induce a credere c he se un pensiero o una parola o un'ipotesi non sono registrate o risultano prive di un'immediata apparenza, allora vuol dire che non esistono.
Sulla giostra delle riforme elettorali e istituzionali è girato di tutto. Bisognerebbe fermare la giostra e accordarsi su qualche premessa, di contenuto e di metodo. Se le riforme vengono pensate dai partiti come un supplemento - o E' già accaduto anche con le migliori intenzioni, senza costrutto.(MINO MARTINAZZOLI, a cura di Carlo Castellini).
Sabato 19 Novembre,2016 Ore: 21:45 |