[Ringraziamo di tutto cuore Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59@libero.it) per averci concesso questa intervista. E ringraziamo di tutto cuore anche lacuta e sororale intervistatrice.
Maria G. Di Rienzo e una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dellUniversita di Sydney (Australia); e impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nellislam contro lintegralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]
- "La nonviolenza e in cammino": Sulla tua carta didentita la professione e "scrittrice". Senza offesa, Di Rienzo, come tale ti conoscono in mezza dozzina. Non e unesagerazione?
- Maria G. Di Rienzo: No, davvero. E la mia professione praticamente da sempre. Subito dopo aver imparato che i gatti sono magnifici e che aprire gli involucri dei formaggini puo presentare qualche difficolta, ho imparato a scrivere. Da sola, prima di andare a scuola. Questo e il motivo per cui leggo molto velocemente, ma faccio errori nel leggere anticipando il significato di una parola prima di averla decifrata lettera per lettera: infatti, ho appreso a decodificare le parole come simboli "interi". La prima cosa che scrissi a cinque anni fu una filastrocca in rima baciata, e ad oltre quarantanni di distanza il virus contratto in cosi tenera eta si ripresenta occasionalmente... Perche scrivo? Perche e la mia ancora di salvezza, il mio piacere supremo, il modo in cui comunico meglio, laquilone che io faccio volare e che per reciprocita fa volare me, la mia "arma" (parafrasando Woody Guthrie potrei alzare una biro e dire: questa macchina si oppone ai fascismi). Naturalmente, laspirazione di chiunque scriva e essere letto. Raccontarmi le mie stesse favole senza farne partecipi altri era gratificante fino agli otto anni o giu di li, dopo di che ho cominciato a considerare i compagni di banco un pubblico a portata di mano: i piu carini ricambiavano in disegni, suscitando la mia ammirata gratitudine quale essere totalmente negato per le arti figurative. Il mio primo interesse di scrittura erano e restano la science fiction e la fantasy, quali attrezzi che mi permettono una liberta quasi sconfinata. Posso indagare tendenze gia presenti nelle societa umane e spingerle a realizzazioni diverse, posso figurarmi limpatto di nuove tecnologie, disegnare scenari alieni... E una pacchia, insomma. Da bambina leggevo Urania, probabilmente ero labbonata piu giovane che avessero, anche se non devono averlo mai saputo.
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- "La nonviolenza e in cammino": E allora vediamo un po questo scrivere ed essere letti. Dove pubblichi, dove hai pubblicato?
- Maria G. Di Rienzo: Per piu di dieci anni ho scritto regolarmente per "Babilonia". Allinizio, nella seconda meta degli anni 80, ero lunica donna che firmasse con il suo vero nome su una rivista il cui sottotitolo era "mensile gay/lesbico". Scrivevo un po di tutto: recensioni di fantascienza, ad esempio, passione che avevo ed ho in comune con lallora redattore Giovanni DallOrto, un ottimo storico e giornalista, e impareggiabile come amico; e poi pezzi satirici, rievocazioni di figure storiche, recensioni letterarie, interventi politici. Il mensile ha avuto parecchie vicissitudini e scontri interni in cui ho scelto di non entrare, sino ad abbandonare la collaborazione. Attualmente ho una rubrica fissa su "Azione nonviolenta" e ne vado orgogliosissima, non per quello che riesco a scrivere, ma per la compagnia che ho a livello redazionale e di lettori/lettrici. Ho collaborato e collaboro occasionalmente con riviste di ogni tipo, dalle fanzine musicali incollate a mano alle pubblicazioni femministe, e poi qualche racconto e finito sulle riviste di fantascienza. Questo per quanto riguarda laspetto giornalistico della faccenda, diciamo. Sul web mi si sono offerte altre opportunita, come la collaborazione con il foglio elettronico "La nonviolenza e in cammino" che da qualche anno mi riempie di gioia o con il bel sito de "Il dialogo". Spesso anche il sito dellUniversita delle Donne pubblica i miei articoli o le mie traduzioni, e poiche sul web e facile, e giusto, far "girare" i pezzi, ogni tanto mi accorgo di collaborare a mia insaputa a numerose altre riviste elettroniche. Infine, ci sono i libri, non molti ma ci sono: Favole per adultere, Babilonia, Milano 1994; Il linguaggio traveste i pensieri, La Fenice di Babilonia, Milano 1996; Donne disarmanti. Storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi (con Monica Lanfranco), Intra Moenia, Napoli 2003; Senza velo. Donne nellIslam contro lintegralismo (con Monica Lanfranco), Intra Moenia, Napoli 2005. Inoltre, fra poco dovro alla gentilezza, allabilita ed alla fiducia di Nicoletta Crocella (edizioni Stelle Cadenti) luscita di un romanzo breve di fantascienza, Il giudizio di Morna, che scrissi nel 2001.
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- "La nonviolenza e in cammino": E delle commedie che mi dici?
- Maria G. Di Rienzo: Scrivere per il teatro era inevitabile, anche se non sapevo come e quando sarebbe accaduto. Se a dodici anni reciti Shakespeare, prima o poi scriverai commedie, tragedie o qualcosa che ci assomiglia. La prima piece strutturata lho scritta per un gruppo parrocchiale di adolescenti. Dovevano raccogliere fondi per costruire un pozzo in una missione africana. Non so come accidenti ci riuscimmo, ma sprememmo una donazione significativa ai temerari che vennero a vedere "Una fata in collegio". La cosa divertente e che dovetti scrivere il testo su misura per gli attori che avevo a disposizione, il che significava le attrici: una decina di simpatiche femmine e un singolo coraggiosissimo maschio... Recitare non era considerato dagli altri giovani cattolici molto virile. Onore a lui, in retrospettiva. Be, il parroco sapeva benissimo che ero una atea-femminista-divorziata-eccetera, ma la domenica dopo la recita fece (mi dissero) una bellissima predica sul fatto che nella comunita cerano persone come me, neppure cattoliche, che si erano impegnate nei progetti di solidarieta della chiesa, mentre tanti mostravano una devozione di forma e non di sostanza. Onore anche a lui. Con la stessa compagnia e un mio lavoro contro il nucleare, "La citta nuova", vincemmo un concorso per il miglior testo originale. Altri testi teatrali sono su "Favole per adultere", e questi sono stati messi in scena da gruppi diversi in svariati periodi. Altri ancora, come un paio di pezzi di teatro-danza, sono stati usati durante manifestazioni contro la guerra.
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- "La nonviolenza e in cammino": Come hai scelto di definirti "femminista"?
- Maria G. Di Rienzo: Come scelgo di respirare: in realta, e una cosa che funziona da sola. Va bene, va bene. Diciamo che lho scelto in modo conscio a quattordici anni, leta della mia prima manifestazione pubblica: era un corteo femminista e alcune dimostranti invitarono noi ragazzine che le guardavamo dai marciapiedi ad unirci a loro. Io accettai. Quelle donne "grandi" mi apparivano tutte straordinariamente belle, vive, piene di energia. Se dovevo continuare ad esistere, pensai allora (e, visto come andavano le cose nella mia... disfunzionale famiglia, fino a quel momento non ne ero per nulla certa) era fra loro che avrei appreso come. E i fati furono benigni. Puo darsi che i gruppi di autocoscienza eccetera oggi appaiano quadretti ammuffiti, ma un bel po di quel che ho imparato su me stessa e sul mondo lho imparato grazie alle relazioni che ho stretto nei gruppi femministi.
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- "La nonviolenza e in cammino": Oggi pero da questo punto di vista sei una "single".
- Maria G. Di Rienzo: Va bene cosi, anche se non e del tutto vero, visto che faccio parte della "Convenzione permanente di donne contro le guerre". Ma va bene cosi perche per ogni cosa ce il momento adatto. Lavorare con le donne e per le donne in Italia e ancora come viaggiare in mare aperto, con tutte le bellezze ed i rischi che cio comporta. E splendido il modo in cui il "linguaggio comune" opera nel reciproco riconoscimento e il senso di opportunita aperte che circola nei gruppi, il che spesso permette intuizioni profonde e soluzioni innovative. Ma ci sono anche i ma, appunto. Ho partecipato a gruppi femministi/femminili molto diversi, e sono giunta ad una conclusione personale: posso collaborare con qualunque donna (e qualunque uomo, certamente), e con qualunque gruppo femminile o misto, a progetti chiari e condivisi; non ho piu lenergia per perdermi in discussioni futili o per assistere a "sgomitamenti" su chi ha simbolicamente "la testa del corteo", o per ripercorrere tutta una serie di ostacoli e di dubbi che io ho gia saltato, abbattuto pacificamente, o risolto. Cioe, non posso piu far parte di gruppi femminili che contengano quelle che io chiamo "socie-di-rallentamento". Ad esempio, durante la riunione fondativa di un osservatorio femminile sul razzismo, una donna intervenne dicendo che le metteva allegria vedere tante femmine insieme, ma non ne capiva il senso. Glielo spiegammo. Al termine dellincontro si rivolse ad unaltra donna, una delle organizzatrici come me, dicendo: "Avvisami quando si fa la riunione vera, quella con gli uomini". Era la prima volta che scoprivo di non essere reale, in assenza di maschi. Vi aspetterete, suppongo, che la tizia in questione non si facesse piu vedere, stante anche il fatto che vi erano associazioni miste in cui avrebbe avuto riunioni "vere" a volonta. Invece, divenne una "socia-di-rallentamento" fissa: le sue preoccupazioni vertevano sul disagio dei maschi, lesclusione dei maschi e la possibilita che le nostre azioni "urtassero" i maschi. Lovvieta che si volesse dare unanalisi di genere ai fenomeni razzisti le sfuggi sempre. Altre "socie-di-rallentamento" furono coloro che appartenevano al gruppo ma anche a partiti di sinistra: pian piano lagenda dei loro partiti fagocito lagenda dellosservatorio e le diverse appartenenze entrarono in conflitto. In sostanza, losservatorio si chiuse non perche era, negli intenti, femminista: ma perche non lo fu abbastanza.
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- "La nonviolenza e in cammino": Che ne penserebbe la sapiente Diotima? (Dai, e una provocazione.)
- Maria G. Di Rienzo: Bella la figura di Diotima nel Simposio, ha tutta la mia considerazione, ma visto che non e il mio modello, sarei grata alle amiche che ci si rifanno se non me la tirassero addosso ad ogni pie sospinto: tengo una conferenza su Aphra Behn, drammaturga, scrittrice, traduttrice e spia al soldo del suo governo, eccetera, e una scalmanata prende il microfono per ruggire a denti strettissimi che non ho menzionato Diotima. E allora? Diotima non e il prezzemolo, a quanto ne so, e per collegarla allIncomparabile Astrea (nome letterario e nome in codice di Aphra Behn) avrei dovuto spiegazzare la logica come uno strofinaccio. La stessa personaggia si e presa lorganizzatrice che mi aveva contattata in un angolo, a spiegarle come fosse stato un orrendo errore chiamare una senza-dea come me, anche se tutto il resto delluditorio aveva mostrato di aver gradito quel che avevo da raccontare e dato inizio ad interlocuzioni assai piu interessanti. Il fatto che non condividessimo la stessa "fede" oltraggiava questa persona come se in sala si fosse presentato il mostro di Firenze. Se dosi massicce di Diotima fanno questo effetto, consiglierei moderazione. E considerate questaltro episodio: contribuisco ad allestire una mostra fotografica, un primo maggio, sul lavoro di produzione e riproduzione delle donne ed arrivano due sconosciute "filosofe", senza premettere neppure un "buondi", a chiedere con la stessa aria di duello: "Ma tu sei o pro o contro le pari opportunita?". Io sorrido e rilancio: "Diotima, vero?". Era vero. Allora, io sono una femminista che lotta per i diritti umani delle donne: sara obsoleto e poco filosofico, ma tende a migliorare e a salvare vite di donne e bambine/i e uomini. Il mio orizzonte potra sembrarvi basso, ma io lo vedo luminoso e attraente. E quando parlo di "salvezza" non mi sento unapostola, rassicuratevi, ho chiarissimi i miei limiti e le mie capacita. Per cui lasciatemi fare il mio piccolo lavoro, io ho il massimo rispetto del vostro. E se volete prendermi per i fondelli vi aiuto pure, ridere fa bene, per cui eccovi il mio slogan alla "Catalano - Quelli della notte": "Vivere meglio e meglio. Firmato: la Servetta di Tracia".
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- "La nonviolenza e in cammino": Perche hai scelto la nonviolenza?
- Maria G. Di Rienzo: Perche non ce, alla lettera, nessunaltra strada per la salvezza dellumanita, delle altre specie viventi, del pianeta Terra. Nessuna. Se vogliamo che guerra, sfruttamento, esclusione, genocidi e ginocidi escano dalla storia umana, e dobbiamo volerlo, per il nostro bene e quello altrui, e necessario che nulla e nessuno possano giustificare la violenza. Deve diventare un tabu, un orrendo obsoleto attrezzo appartenente al passato. Io molto probabilmente non vedro mai il mondo nuovo in cui cio potrebbe accadere, ma lo sogno, ed oltre a sognarlo metto cocciuta dei mattoncini atti a costruirne qualche parte dove posso. Con i training allazione nonviolenta, con quello che scrivo, con atti concreti di solidarieta e amore. E con "lamore duro" della lotta nonviolenta. Non vi piacerebbe vivere in un luogo in cui i vostri bambini guardino alle armi in un museo e dicano: "Lumanita era davvero cosi stupida, mamma?". E poter rispondere: "Si, eravamo stupidi ed egoisti, ma cera anche molto di buono, in noi, e abbiamo imparato".
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- "La nonviolenza e in cammino": Ho esaurito le domande. Ce qualcosaltro che vuoi dire?
- Maria G. Di Rienzo: Vorrei concludere con un appello: sara spudorato e totalmente egoistico, per cui potete anche saltarlo e considerare il pezzo chiuso al paragrafo precedente. Sto per compiere 48 anni, leta che aveva Charles Bukowski quando la lungimirante editoria statunitense si accorse infine che le sue opere non erano spazzatura. Io non sono un geniaccio come lui, ma se dovessi dare un giudizio comparativo direi che in Italia si pubblica ben di peggio di quel che scrivo io. Da circa ventanni mando romanzi e raccolte di racconti a case editrici di ogni tipo. Non ho conservato le rarissime risposte, ma la piu onesta lho ricevuta lanno scorso e diceva piu o meno: "Non abbiamo soldi, per cui non potremmo pubblicarla neppure se volessimo. Desidera la restituzione del suo dattiloscritto?". Li ho amati teneramente, neppure io ho un centesimo bucato.
Il silenzio e la risposta che ottengo di solito, ma la caratteristica comune delle altre e quella di non aver letto neppure la prima pagina. Al primo posto della classifica di frequenza sta: "Non leggiamo i testi inviatici, pero se ci manda tot euro puo partecipare al nostro concorso". Umilmente, a volte ho osato far presente che non ho denaro disponibile, mi sono scusata per il disturbo e ho pensato che la cosa si chiudesse li. Signori finissimi e di nome noto, a questo punto, si sono sentiti in dovere di scaricarmi addosso gragnuole di insulti e sarcasmi: chi mi credevo di essere e cosi via. Se qualcuno di loro sta leggendo glielo ribadisco: credo, e a ragion veduta, di essere povera, tutto qui.
"Non pubblichiamo fantascienza": questa e invece stata la divertente replica di una casa editrice che ha in catalogo alcune delle opere migliori di sf degli ultimi anni e un paio di scartafacci veramente brutti, ancorche rientranti nel genere, degli amici degli amici. Non ho amici nelleditoria, pazienza.
"Pubblichiamo solo opere spirituali. (Pero puo partecipare al concorso inviandoci $$$$)". Anche in questo caso, se costoro stanno leggendo: avete scorso una pagina, un paragrafo, un rigo? Che ne sapete? Poteva essere il romanzo piu spirituale del secolo e ve lo siete persi, tie.
"Mi dia tot soldi, ovvero si assuma le spese di stampa, ed e fatta". No, preferisco restare in mezzo alle mie cartacce non pubblicate. Chiedo venia: ma credete che se quei soldi li avessi davvero non potrei arrangiarmi da sola? Pensavo che fare leditore fosse un lavoro diverso dallintermediario o sensale per la stamperia.
Comunque, adesso chiudo. E no, lappello non e inteso a dire "pubblicatemi, per carita, sono il dono di dio alluniverso letterario". E inteso a ricevere risposte sensate. La prossima volta che vi capita in mano il mio ennesimo tentativo di fare il lavoro per il quale sono meglio attrezzata (non ho difficolta a riconoscere che non so fare molto altro, oltre a scrivere), se vi prendete la briga di notificarmi un rifiuto, usate parole decenti quali: "Non rientra nei nostri programmi editoriali". Oppure, se il giorno vi e dolce in modo particolare e volete davvero fregiarvi del titolo di editori, ditemi: "Secondo noi non e perfetto, dovrebbe allungare il tal paragrafo, riscrivere il tal capitolo, dar maggiore spessore a questo o quel personaggio. Questa volta non ha vinto, signora, ma puo ritentare".
Una postilla smemorata: sempre riguardo alla mia attivita, anzi allattivita altrui, mi sono dimenticata di dire che mi hanno tradotta in serbo-croato: Shura Dumanic e il nome dellintrepida editora che presentera questa versione del mio "Manuale per lazione diretta nonviolenta", arricchita da testi di altri ecc., al prossimo Salone delleditoria di pace. Se non e bello questo, come diceva lo zio di Vonnegut, cosa lo e? Tratto da Notizie minime de La nonviolenza è in cammino
proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Arretrati in: http://lists.peacelink.it/
Numero 81 del 6 maggio 2007
Domenica, 06 maggio 2007
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