Scritto dalla giornalista Caterina Provenzano per Lettere Meridiane Anno II – n.8
Ha inaugurato “Mafie”, la nuova collana della casa editrice Pellegrini di Cosenza, ed è già libro cult. Il Piccolo Gatsby, la storia di Rocco Perri, il re del contrabbando di liquori, scritto dal giornalista Antonio Nicaso, ha riscosso un enorme successo di pubblico e di critica. Lambisce la biografia, ma è storia, sociologia e analisi fortemente critica di un’epoca storica e dei personaggi che l’hanno animata. Testimone di una prosa fluida, ferma e oggettiva è lo scrittore Oliverio Beha che nella Prefazione parla di Nicaso come colui che «“sta” nel libro, “partecipa” alle vicende con forte vitalità che gli permette di immedesimarsi nella storia e nelle storie così da descrivere i personaggi come le figure di un presepe, che, archivio e ricerche alla mano, dimostra di conoscere benissimo». Avvincente, a tratti filmico, visibile nelle scene rocambolesche di vita vissuta al di fuori della legge, il libro racconta di Perri, povero di Platì che emigrò in Canada sul finire dell’Ottocento per diventare il re del contrabbando dei liquori nel periodo del Proibizionismo, un gangster socio di Frank Costello, amico di Stefano Speranza, fornitore di Al Capone, conosciuto anche da Joseph Kennedy, il padre di JFK, famoso tuttora in Canada e oltre, che morì probabilmente nel 1944 «chissà come e chissà dove». Antonio Nicaso – che oggi vive e lavora in Canada, noto esperto di organizzazioni criminali in Nord-America, nato in Calabria ma cresciuto in Sicilia, terra che dovette lasciare, però, a causa di un attentato a seguito della pubblicazione di un suo libro sulla criminalità – ha centrato questo lavoro sulla personalità multiforme di Rocco Perri, figura versatile, camaleontica, che seppe cambiare abito al momento giusto. Alcool, droga, scommesse clandestine, contrabbando d’oro e chissà cos’altro ancora. Una vita vissuta tra gli agi, le ricchezze, il potere. Se risulta ancora oscura la personalità di Rocco Perri e la sua vita più interiore e privata, di certo molti lati della sua attività illecita sono stati tutti scandagliati e portati alla luce da Antonio Nicaso che ha ricostruito l’attivismo redditizio e la storia giudiziaria con prove inconfutabili: articoli di giornali, sentenze di giudici, interviste. Le domande ancora senza risposte ne alimentano il mito, o forse, la curiosità. È stato lui a commissionare l’omicidio della compagna Bessie? E lui? Com’è morto, e quando, e dove? Ma Il Piccolo Gatsby, non è solo biografia, dicevo, ma anche saggio antropologico e sociale. Sugli argini della vita di Perri siede una comunità canadese dove i calabresi venivano additati come alien anemy, da tenere lontani, come se l’Ontario non si fosse sviluppato grazie agli italiani, e ai calabresi. Lo stereotipo del gangster, dell’usuraio e del malinconico tutto bile è stato tuttavia alimentato dalle teorie positiviste di Lombroso e Niceforo che ne hanno maggiorato il pregiudizio meridionale, come se il Canada o qualsiasi altra parte del mondo non avesse già una sua “autoctona” gang criminale. Ma il motto O brigante o migrante pare che in quei tempi funzionasse. Il peggio è che ci credevano tutti, calabresi compresi. Perri era un uomo che «mangiava e faceva mangiare», pieno di idee e manager di se stesso. All’ombra una moltitudine di gente che, cambiato nome e cognome, viveva e sopravviveva.
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Caterina Provenzano è addetto stampa per la Conferenza Episcopale Italiana per Stella Maris di GT. Nata a Paola (Cs) oggi vive a lavora a Gioia Tauro (Rc). È giornalista e docente di Lettere.
Venerdì, 02 marzo 2007
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