C’E LEGAME TRA AMORE E VIOLENZA?

di Maria Teresa D'Antea

Ho letto con estremo interesse e curiosità un libretto di nemmeno sessanta pagine, ma ricchissimo di spunti per riflettere sulla storia violenta dell’uomo, sulla colonizzazione della donna in una cultura maschile, sul sentimento più imperioso ed esigente che possa nascere nel cuore umano, cioè l’amore. Edito da Effigi con il titolo alquanto inquietante di “Il legame insospettabile tra amore e violenza”, ha avuto l’avallo della provincia di Grosseto e del comune di Milano, oltre la collaborazione di una compagnia teatrale di Arcidosso e di alcuni centri antiviolenza di Milano, Grosseto e Orbetello. Lo hanno scritto in tandem Lea Melandri, scrittrice e insegnante in pensione, e Stefano Ciccone, fondatore nel 2007 dell’associazione nazionale “Maschile Plurale” per avviare, anche nelle scuole, incontri di presa di coscienza dei maschi sulla loro violenza contro le donne. Il libretto è molto stimolante e su ogni paragrafo ci sarebbe da aprire un dibattito. Sorprende però che i due autori siano rimasti così tenacemente freudiani, trascurando tutta la ricerca psicoanalitica che sul tema dell’eros è stata portata avanti da Freud in poi. Sarebbe bastato che avessero almeno citato un grande contemporaneo dello scopritore dell’inconscio, cioè Carl Gustav Jung, e i ragazzi avrebbero compreso che l’amore non è fatto solo di pulsioni sessuali. A parte ciò, anche se oggetto della violenza manesca e omicida dell’uomo, oggi come ieri, è purtroppo la donna, siamo sicuri che la violenza abbia solo una connotazione maschile e non ne abbia una anche femminile? Certo quella femminile è più sottile e nascosta, essendo da secoli la donna relegata in un ruolo di sesso secondario e inferiore che l’ha spinta a sviluppare atteggiamenti rancorosi non solo nei confronti delle altre donne ma anche verso l’uomo. Questo rancore antimaschio della donna appare chiaro solo quando glielo spiattella in faccia, esternando tutto quello che pensa di lui. Ed è qui che l’uomo non regge. Se infatti il disprezzo verbale degli uomini contro le donne è frutto di pregiudizi secolari cui le donne, ahimè, fanno poco caso perché storicamente rivolto a tutte, l’insulto femminile contro il maschio trincia a sangue la pelle perché spesso fondato su oggettiva verità.
Un altro esempio di violenza femminile poco considerato è la seduzione. Tutti gli uomini si sentono lusingati quando una donna indirizza loro l’attenzione ponendo in primo piano i suoi attributi femminili esteriori, cioè cosce, glutei, seni. Non capiscono che sono fatti oggetto di tutto il disprezzo di cui è capace una donna perché in quel modo gli viene detto che saranno zimbelli nelle sue mani, manovrabili come burattini, non importa se per un’ora o per tutta la vita. Quanti matrimoni, specie dei cosiddetti potenti, sono basati su questa ingannevole e violenta premessa? L’uomo crede invece di aver trovato la donna più adatta a lui, perché non solo sa comprendere e stimolare le sue elementari pulsioni, ma è anche così brava da reificarsi da sola, farsi oggetto, ossia una schiava da cui facilmente pretendere tutto. L’uomo cade nell’inganno di una sessualità di potere, da lui stesso voluta e istituzionalizzata, in cui l’altra è però altrettanto assetata di dominio quanto lui. Entrambi non si rendono conto che si tratta di una sessualità fascista fin da quando le prime orde maschili (eccolo qui il maschile plurale!) costrinsero le donne a seguirli dietro i loro sanguinari carri di guerra. Il fascismo ha radici lontanissime e spaventosi germogli attuali, non è affatto una invenzione del secolo scorso. Lo capì un serio studioso, Renzo De Felice, ( uno storico, non uno psicanalista) che tentò di farlo comprendere anche ai militanti del suo stesso partito, quando affermò che il fascismo storico era stato sconfitto, ma restava da sconfiggere quello psicologico, serpeggiante in tutti gli strati della società. Come risposta ricevette una democratica pedata al fondoschiena e fu estromesso dal PCI. Dove ci sono rapporti di potere ci sono autoritarismo, presunzione, disprezzo e violenza, cose assolutamente non imparentate con l’amore che vuole stima reciproca, rispetto, ascolto paziente, capacità di farsi indietro e scusarsi, ma soprattutto tanta tenerezza e sostegno vicendevole nella faticosa avventura della vita. Botte e amore non sono la stessa cosa, tantomeno omicidio e amore. Per questo il libretto avrebbe dovuto avere un titolo che includesse almeno un democratico dubbio al posto di una asserzione tanto dogmatica. Ma non importa, contano le intenzioni educative, anche se nella cultura patriarcale tutto è ingloriosamente antieducativo. Per fortuna i giovani interpellati hanno dimostrato di comprendere la tragedia della violenza maschile sulle donne, forse perché meno corrotti di noi adulti. Uno di essi ha sostenuto che per lui non ci sono maschi e femmine ma solo persone. Ecco, penso proprio che abbia indicato la strada giusta. Approfondire l’idea di persona, con tutti i suoi diritti e doveri, le sue responsabilità, la sua intangibile libertà finalizzata non alla prevaricazione dell’uno sull’altro, ma alla piena realizzazione di sé attraverso la relazione d’amore, è l’unica via da percorrere. Se le donne fossero viste e si considerassero persone, non vedremmo i parlamenti di tutto il mondo pieni di maschi, le gerarchie ecclesiastiche traboccanti di soli maschi, la storia e la letteratura universali abitate solo da maschi. Soprattutto imparerebbero fin da bambine a difendere la propria dignità.
(m.t.d’a.)



Venerdì 05 Febbraio,2021 Ore: 19:12