Dialogo cristiano-islamico
La mia esperienza ad Algeri
Di Libera Nasti
Abbiamo conosciuto Libera Nasti durante l'incontro di dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre a Caserta, durante il quale ci ha parlato della sua esperienza ad Algeri di cui questo testo è la sua testimonianza scritta di cui la ringraziamo vivamente. Sono Libera Nasti, laureata in fisica e con dottorato in ingegneria. Ho iniziato la mia carriera nel campo della ricerca ambientale, e ora mi dedico all’insegnamento. Un po’ più di un anno fa lessi sul web“cercasi insegnante di materie scientifiche” presso la scuola “Roma” di..non avevo letto il resto. Inviai il curriculum e passai oltre. Il giorno dopo ero già assunta alla “Scuola Roma di Algeri” ecco la dicitura completa, previo contatto telefonico. Mi convinsero le parole entusiaste del mio datore di lavoro, il presidente dell’Ente gestore che lodò il mio curriculum e i miei studi, non badando al fatto che quella sarebbe stata la mia prima esperienza. Mi sentii gratificata e la prospettiva di cominciare dall’estero mi entusiasmò. Non stavo ignorando le recenti sommosse della “primavera araba”, ma avevo organizzato proprio pochi mesi prima un convegno sulla rivolta araba in collaborazione con il mio professore del liceo di arabo, poeta e scrittore, con il quale sono rimasta in contatto e che vedeva in questo movimento una speranza per il futuro. Contattai comunque lui prima di partire, che dopo non solo mi rassicurò, ma mi incoraggiò ad intraprendere questo viaggio formativo. Arrivata ad Algeri, posato le mie cose in una villetta con giardino che la scuola mi aveva messo a disposizione, conosciuto il mio autista che si sarebbe fatto carico di portarmi ogni mattina a scuola e ogni pomeriggio a casa, conosciuta la mia sede di lavoro per i successivi otto mesi, mi resi conto che la scuola era un’istituzione davvero a misura di famiglia e di “ragazzo” e soprattutto c’era solo l’aria che mi sembrava diversa, ma faticavo a credere di non essere ancora in Italia, magari in qualche paese del Nord, dove tutto funziona bene e tutto è ordinato. La signora preside mi accolse benissimo e subito mi presentò i frequentanti della secondaria di primo grado che erano appena tre con a disposizione tutto il corpo docente: docente di lettere, matematica, inglese, francese ecc. La scuola secondaria di primo grado era paritaria. Al liceo c’era un solo studente al quale io avrei insegnato matematica e fisica. Sarebbero state lezioni praticamente individuali. L’educazione di quei ragazzi e la loro gentilezza mi resteranno sempre nel cuore. Mi occupai in quella scuola anche di sollevare la preside da alcune incombenze di segreteria e, non appena parlammo del fatto che amavo l’arte e che avevo frequentato per un anno l’Accademia di Belle Arti tutte le mie “potenzialità” vennero messe a frutto: realizzai la scenografia delle recite scolastiche in collaborazione con i ragazzi e mi affidarono un laboratorio di manualità con i bambini della materna. Tutto andava bene. Anche i genitori dei ragazzi, conosciuti all’Ambasciata d’Italia sembravano gentili e collaborativi e pronti a venirmi incontro in qualunque momento, nel momento in cui ne avessi fatto richiesta. Tutto andava fin troppo liscio. Mi sembrava di ricevere finalmente tutte le attenzioni che un qualunque insegnante meritava, a differenza dell’Italia, dove di solito il corpo docente è considerato forse all’ultimo gradino sociale. Eppure qualcosa che non andava c’era. Cosa avevano in comune tutti i ragazzi, gli allievi della “Scuola Roma di Algeri”? Bè, nessuno di loro era algerino. Esisteva infatti nello statuto della scuola una regola che appresi dopo: potevano accedere alla scuola solo figli di espatriati e dunque di algerini, a parte la femme de ménage e la cuoca della scuola non se ne vedevano proprio. Altro che scambio tra le civiltà. In quel momento percepii chiaramente quello che avevo avvertito nei giorni precedenti. Il mio essere confinata in una “bolla”, anche se di sicurezza. La svolta arrivò tre mesi dopo, quando grazie alla conoscenza della direttrice dell’Istituto Italiano di cultura ad Algeri, la sezione culturale dell’Ambasciata d’Italia, luogo dove si tenevano costantemente mostre, conferenze, proiezioni di film tutti sulla cultura italiana ma anche luogo di promozione di scambi italo-algerini realizzati tramite l’erogazione di borse di studio, e luogo costantemente popolato da algerini, bè, là capitò la proposta che mi liberò dalla “bolla”. Ella mi propose di tenere delle lezioni sulla lingua e cultura italiana presso l’Istituto stesso, e così ebbi modo di entrare in contatto con gli algerini. Erano algerini curiosi certo quelli che ho conosciuto, ma erano di un’altra religione, di un’altra cultura e portavano con sé la loro storia. Appresi da loro il sentimento di amicizia che li lega al popolo italiano, considerato da loro “amico”, grazie al contributo di uomini speciali come il fondatore dell’E.N.I. Enrico Mattei, che aiutò il popolo algerino stesso nella lotta per l’indipendenza dalla Francia circa cinquant’anni fa. Sempre su iniziativa della direttrice tenni anche un ciclo di seminari sulla storia dell’arte italiana che riscosse un discreto successo proprio presso la comunità algerina che ruotava intorno all’Istituto. Sono davvero grata alla direttrice dell’Istituto per questa opportunità che mi è stata data. Credo che sia stato in quei momenti che ho potuto sentire il contatto con il popolo algerino. Nello scambio reale delle civiltà. Alla fine delle lezioni e dopo gli esami, per salutarmi i miei allievi algerini mi hanno portato a mangiare la “pizza”, in mio onore. Eravamo un tavolo lunghissimo nel locale. Tutti hanno tenuto a ringraziarmi e a salutarmi facendomi sentire la loro presenza affettuosa e sincera. Ricordo anche la cena a casa della famiglia di una mia studentessa algerina. Un tavolo lungo con delizie tipiche locali dal profumo speziato. Ho avuto davvero la sensazione di essere a casa. Il fratello della mia studentessa era stato in Italia più di dieci anni e aveva studiato recitazione all’Accademia di arte drammatica a Roma. In Algeria aveva una sua casa di produzione cinematografica e, pur non avendo visto nessuno dei suoi film, avendolo conosciuto, ho avuto la sensazione che in tutto ciò che avrebbe prodotto ci sarebbe stata un po’ della sua Italia. Così, come per me, ci sarà sempre qualcosa dell’Algeria migliore con la quale ho avuto la fortuna di entrare in contatto. I cattolici ad Algeri hanno a disposizione una bellissima chiesa per pregare, situata in una posizione panoramicissima e collegata alla città da una teleferica. Ha la dignità di basilica minore ed è sede di concerti frequentemente, grazie anche alla presenza di un organo che produce suoni celestiali. Si chiama Nostra signora d’Africa e all’interno si può leggere la scritta “Notre Dame d'Afrique priez pour nous et pour les Musulmans" (Nostra Signora d'Africa pregate per noi e per i Musulmani). L'invocazione, oltre che in francese, è riportata in arabo e in cabilo. Giovedì 01 Novembre,2012 Ore: 16:31 |