34798. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. "Morto Laghi, il diplomatico del Vaticano" (Corriere della Sera); "Pio Laghi, mediatore del papa tra guerre e crudeli dittatori" (La Nazione); "Pio Laghi, addio al cardinale della pace" (il Resto del Carlino); "È morto il cardinale Laghi diplomatico di lungo corso tra Usa e Medio Oriente" (il Tempo). A scorrere i titoli di molti dei principali giornali italiani (con alcune eccezioni, come Repubblica, l'Unità, il manifesto), quella del card. Pio Laghi, 86 anni, sembrerebbe essere la morte di un ecclesiastico illuminato; addirittura di un difensore della pace e del dialogo tra i popoli. Tanto più che lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è sentito in dovere di inviare un suo personale messaggio al Segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, rendendo omaggio alla passione per le grandi questioni internazionali del cardinale. Nonostante amnesie e rimozioni dei mezzi di comunicazione cattolici e "laici", quella del card. Pio Laghi resta una delle più controverse figure della Chiesa cattolica del Novecento.
Una carriera a tutto "campo"
Nato a Castiglione di Forlì nel 1922, Laghi fu ordinato sacerdote il 20 aprile del 1946. Nel marzo del 1952, dopo aver conseguito le lauree in Teologia e in Diritto Canonico all'Università Lateranense, cominciò la carriera diplomatica nelle Nunziature di Nicaragua, Usa e India, tornando poi a lavorare per 5 anni in Segreteria di Stato. Eletto arcivescovo titolare di Mauriana, nel maggio del 1969 fu designato da Paolo VI delegato apostolico in Gerusalemme e in Palestina, pro-nunzio a Cipro e visitatore apostolico per la Grecia. Considerato tra i diplomatici più preparati della Santa Sede (si era formato alla scuola del card. Agostino Casaroli), nell'aprile del 1974 Laghi divenne nunzio apostolico in Argentina, Paese dove restò sino al dicembre del 1980, quando Giovanni Paolo II lo inviò negli Stati Uniti. Rientrò in Vaticano nel 1990, quando fu nominato prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, cui fece seguito (1991) la berretta cardinalizia.
Sono appunto gli anni spesi come nunzio in Argentina a costituire l'aspetto più buio della carriera di Laghi. Anni in cui la dittatura militare, salita al potere nel 1976, causava atroci sofferenze al popolo argentino, perseguitando sistematicamente ogni forma di opposizione sociale, culturale e politica, imprigionando, torturando ed uccidendo migliaia di persone, tra cui moltissimi credenti e sacerdoti impegnati a fianco dei più deboli, fatti sparire nel nulla. Desaparecidos, appunto, come si cominciò tristemente a definirli sin dalla fine degli anni '70. In quel periodo Laghi strinse uno stretto rapporto con Emilio Eduardo Massera, l'ammiraglio che faceva parte della prima giunta militare e che era a capo dell'Esma - la Scuola di Meccanica della Marina, uno dei principali lager del regime -, e che partecipò in prima persona alle operazioni di sterminio degli oppositori.
La questione della connivenza-complicità di Laghi con la dittatura venne alla ribalta internazionale solo nel 1995, quando le Madres de Plaza de Mayo, il 7 marzo di quell'anno, recitarono nella cattedrale di Buenos Aires un duro j'accuse contro decine di sacerdoti, vescovi e contro lo stesso nunzio, tutti sostenitori del regime in nome dell'"anticomunismo". Scandirono i loro nomi uno ad uno: "Nunzio apostolico Pio Laghi - dissero in quella occasione - reclutavi assassini e torturatori invece di sacerdoti e maestri. Non perdonarlo Signore, perché agiva nel tuo nome". Nei giorni seguenti, le Madri girarono la città e attaccarono alla porta di casa dei tanti ecclesiastici "conniventi" (ben più numerosi di quelli "chiamati" in Cattedrale) un cartello con una sola parola a caratteri cubitali: "Assassino!". Appena qualche giorno prima, il 3 marzo, il capitano di corvetta Adolfo Scilingo, primo esponente delle Forze Armate argentine ad aver confessato pubblicamente i crimini della dittatura, in un colloquio-intervista con il giornalista Horacio Verbitsky sulle pagine del quotidiano di Buenos Aires Pagina 12, affermò che negli anni 1976-1977, ogni mercoledì, 15-20 prigionieri politici venivano caricati sugli aerei, narcotizzati e gettati vivi in mare, finendo il più delle volte in pasto ai pescecani che infestavano la zona. Erano i famigerati voli della morte, effettuati per sbarazzarsi dei corpi "ingombranti" dei dissidenti politici, affinché sparisse - in perfetto stile nazista - ogni traccia dei crimini perpetrati dal regime. Tutti gli ufficiali che presiedevano alle operazioni erano agli ordini del Comandante delle Operazioni Navali Luis Maria Menda, che - dichiarò Scilingo - riferì di essersi "consultato con le autorità ecclesiastiche per cercare una forma cristiana e poco violenta" per eliminare i desaparecidos. A chi conservasse qualche scrupolo di coscienza al rientro da queste missioni, i cappellani militari leggevano citazioni del Vangelo sulla necessaria separazione del loglio dal frumento.
Connivenza
Le ragioni di questa condiscendenza della gerarchia cattolica con i crimini della dittatura si trovano in un libro di Ruben Dri, Teologia e dominio, in cui vengono citate le parole pronunciate da Laghi nel 1976, durante un viaggio a Tucumán. Conversando con i giornalisti del quotidiano La Nacion, Laghi difese l'azione sterminatrice del generale Antonio Domingo Bussi, governatore militare della zona: l'Argentina - disse il futuro cardinale - "ha una ideologia tradizionale e quando qualcuno pretende di imporre un complesso di idee differente ed estraneo, la nazione reagisce come un organismo con gli anticorpi contro i germi, generandosi così una situazione di violenza. In questi casi bisognerà rispettare il diritto fino a dove è possibile. I valori cristiani sono minacciati dall'aggressione di una ideologia che è rifiutata dal popolo. Per questo ognuno ha la propria parte di responsabilità, la Chiesa e le Forze Armate: la prima è inserita nel processo e accompagna la seconda, non solo con le preghiere, ma con azioni in difesa dei diritti umani e della Patria".
Sin dal 1976 la maggioranza dei vescovi della Conferenza episcopale argentina rifiutò di ricevere le Madres de Plaza de Mayo che chiedevano disperatamente dov'erano i loro figli; esse stesse riferirono inoltre di essere riuscite a scambiare soltanto poche parole con il papa durante le udienze generali, e mai Giovanni Paolo II concesse loro un'udienza privata perché, riferirono, Pio Laghi stesso consigliò il Vaticano di non riceverle in quanto "comuniste" (v. Adista n. 76/95).
Proprio nei confronti di Laghi le Madres de Plaza de Mayo presentarono due diverse denunce: la prima alla giustizia argentina, attraverso due testimonianze rese nel 1983 alla Commissione Nazionale sulla Scomparsa di Persone (Conadep, lo stesso organismo che nel 1984 pubblicò un rapporto, Nunca mas, che inserì Pio Laghi nell'elenco delle 1351 persone qualificate come "vincolate con la repressione"); la seconda, nel marzo 1997, all'allora ministro di Grazia e Giustizia italiano, Giovanni Maria Flick (v. Adista n. 42/97). In base alla loro denuncia, nel corso della sua permanenza in Argentina con la carica di nunzio apostolico, Laghi "collaborò attivamente con i membri sanguinari della dittatura militare e portò avanti personalmente una campagna volta ad occultare, tanto verso l'interno quanto verso l'esterno del Paese, l'orrore, la morte e la distruzione. Monsignor Pio Laghi lavorò attivamente smentendo le innumerevoli denunce dei familiari delle vittime del terrorismo di Stato e i rapporti di organizzazioni nazionali e internazionali per i diritti umani". Ma - scrivono ancora le Madri - Laghi fu anche colpevole "di aver messo a tacere le denunce internazionali sulla sparizione di più di trenta sacerdoti e sulla morte di vescovi cattolici. Pio Laghi provvide, con i membri dell'episcopato argentino, alla nomina di cappellani militari, della polizia e delle carceri che garantissero il silenzio sulle esecuzioni, le torture e gli stupri cui assistevano. Questi cappellani avevano l'obbligo non solo di confortare spiritualmente gli autori dei genocidi e i torturatori, ma anche, tramite la confessione, di collaborare con l'esercito estorcendo informazioni ai detenuti".
Nel loro j'accuse, le Madri fornirono al ministro Flick anche un elenco di persone che potevano essere chiamate a testimoniare, persone che in gran parte erano già state ascoltate dalla Conadep.
Le testimonianze accreditavano la presenza di Pio Laghi nei campi di concentramento argentini, mentre accompagnava gruppi di militari in ispezione o parlava con i reclusi. Juan Martin, un sopravvissuto al lager impiantato nei locali dello zuccherificio "Nuova Baviera" di Tucumán, disse che lui ed altri compagni erano stati condotti dal generale Bussi davanti a Laghi e ad altri sacerdoti, all'interno del campo di concentramento. Lì Laghi si era avvicinato al detenuto e gli aveva chiesto da quanto tempo si trovasse in quel luogo e se la sua famiglia fosse al corrente della sua reclusione. Juan Martin gli aveva risposto che era lì da diversi mesi e che la sua famiglia ignorava dove si trovasse. Il detenuto era stato selvaggiamente torturato dai militari. Pio Laghi si limitò ad abbracciarlo e a consegnargli una Bibbia, raccomandandogli di aver fede. Per alcuni questo gesto gli salvò la vita, visto che Juan Martin fu uno dei pochi ad uscir vivo da quel lager. È in ogni caso evidente che il nunzio, contrariamente a quanto da lui sempre affermato, sapeva dell'esistenza di luoghi di detenzione e di sterminio del regime. E non la denunciò mai.
Complicità
Ma c'è di più. Perché, oltre che di connivenza, Pio Laghi fu anche accusato di complicità con il regime.
Così affermò, ad esempio, Maria Ignacia Cercos de Delgado, moglie del giornalista Julián Delgado, scomparso nel giugno 1978: "Il nunzio apostolico Pio Laghi era a conoscenza di tutto quello che accadeva nella Scuola di Meccanica della Marina", e "il comandante in capo della Marina, Armando Lambruschini, lo consultò se dovesse lasciare in vita un gruppo di 40 detenuti-scomparsi che aveva ricevuto, assumendo l'incarico dal precedente Comandante della Marina, Emilio Eduardo Massera".
L'ex Segretario generale della Marina, l'ammiraglio Horacio Zaratiegui, confermò - durante il processo che lo vide imputato (e condannato) nel 1985 - che Laghi manteneva una stretta relazione di amicizia con Massera: "Sposò i suoi figli, battezzò i suoi nipoti, pranzavano insieme e giocavano molto spesso a tennis" (in sua difesa Laghi affermò di aver giocato "solo" 4 partite in sei anni con Massera. E chissà che Giacomo Galeazzi non si riferisse al campo da tennis, quando l'11/1 titolava sulla Stampa: "Morto Laghi, il cardinale del dialogo a tutto campo").
Il nunzio apostolico avrebbe anche autorizzato la cessione di un'isola di proprietà della Curia di Buenos Aires per destinarla come centro clandestino per detenuti desaparecidos. Si tratta, come denunciò il giornalista Verbitsky, di un'isola nella località del delta del Tigre chiamata "Il Silenzio". Mons. Emilio Teodoro Grasselli, assistente del vicario castrense mons. Adolfo Servando Tortolo, la cedette, con l'autorizzazione del nunzio apostolico, al gruppo operativo dell'Esma, perché fosse utilizzata come Centro Transitorio di Concentramento di Detenuti.
Laghi non sarebbe intervenuto nemmeno quando ad essere in pericolo erano degli uomini di Chiesa. Ada D'Alessandro, delle piccole sorelle del Vangelo della Fraternità di Charles de Foucauld, raccontò che la Fraternità fu selvaggiamente perseguitata dai militari argentini con piena approvazione e assenso di Pio Laghi. La scomparsa dei religiosi fu infatti denunciata alla Nunziatura e fu chiesto un intervento diretto di mons. Laghi per la loro liberazione. Il nunzio, riferisce la D'Alessandro, rifiutò di intervenire dicendo che si trattava di persone infiltrate nella Chiesa con "gravi deviazioni ideologiche".
Il card. Laghi smentì in varie interviste di essere stato a conoscenza dei delitti della dittatura. In un'intervista a Famiglia Cristiana (n. 22/95) affermò: "Come potevo fare una denuncia pubblica se non sapevo?". Ma la Nunziatura, per ammissione di mons. Grasselli, aveva compilato almeno 2.100 schede sui casi dei desaparecidos e riceveva pile di lettere di richiesta di aiuto da tutto il Paese. Familiari di desaparecidos che incontrarono Laghi per chiedergli di intervenire a salvezza dei loro cari testimoniano che il nunzio maneggiava le cartelle con dati e foto dei desaparecidos che non poteva aver avuto se non dai militari sequestratori.
Continuità
Ma anche come prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, Laghi si segnalò per il suo zelo anticomunista.
Qualche esempio. Nel novembre del 1994 proibì al teologo peruviano Gustavo Gutierrez di tenere una lezione alla Pontificia Università Gregoriana (v. Adista nn. 1 e 5/95); nel novembre del 1996 inviò una lettera riservata alla Conferenza episcopale messicana nella quale enumerava alcuni "problemi speciali" dei centri messicani di formazione dei religiosi. Tra questi - affermava il prefetto - "l'esistenza di alcuni centri diretti da religiosi, dove le scienze ecclesiastiche sono insegnate con un orientamento marcatamente radicalizzato e socializzante della Teologia della Liberazione e di altri dove, in minor grado, esistono professori simpatizzanti o conniventi con essa; si notano a volte la loro veemente inclinazione contestataria e il loro progressismo teologico in materie di dogma e di morale". Di fronte a tanto "disastro", scriveva Laghi, si rende "necessario eliminare qualsiasi disorientamento teologico in persone e gruppi di consacrati, in particolare quando la diminuzione dell'intensità della vita spirituale e comunitaria abbia causato una perdita di 'identità'". Una delle conseguenze della lettera fu la chiusura dell'Istituto Interreligioso e del Centro di Studi Teologici di Città del Messico (v. Adista n. 25/97). Ma Laghi si diede da fare anche in Italia. Nel '98 fece estromettere dalla cattedra di Filosofia del Diritto dell'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano il filosofo Luigi Lombardi Vallauri di cui condannò, senza possibilità di contraddittorio, le tesi sull'inferno, sul peccato originale, sull'autorità del magistero, sulla morale sessuale (v. Adista nn. 84/98 e 16/99). (valerio gigante)
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da Adista n.7 - notizie - del 24/1/2009
Articolo tratto da
ADISTA
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Marted́ 20 Gennaio,2009 Ore: 17:24