31181. L'AQUILA-ADISTA. Di nuovo nei guai l'Armata Bianca. L'associazione
antiabortista fondata da padre Nicola D'Ascanio (divenuto frate cappuccino
col nome di padre Andrea), promotrice di alcune iniziative che suscitarono
grandi polemiche in Italia, come la costruzione di un monumento "al
bambino mai nato" a l'Aquila nel 1991, e la stipula di convenzioni
con alcune Asl per la tumulazione dei feti abortiti, è da quasi
due anni al centro di una inchiesta giudiziaria da parte della procura
dell'Aquila. Ora la Procura ha formalizzato l'accusa che coinvolge il
fondatore dell'Armata, D'Ascanio, appunto, indagato addirittura per
violenza sessuale ai danni di un minore, e altri aderenti alla "setta",
tra cui un altro religioso, padre Giovanni Antonucci (il vice di D'Ascanio)
e Maria Teresa D'Abenante (la più stretta collaboratrice di padre
D'Ascanio), accusati di partecipazione ad associazione per delinquere
"per avere - si legge - costituito l'Associazione denominata 'Armata
bianca', apparentemente dedita ad attività religiose con scopo
di commettere delitti di violenza sessuale, privata e truffa".
L'intera vicenda era iniziata il 19 maggio del 2000 (v. Adista n. 43/00),
quando nella chiesa di Sant'Apollonia a L'Aquila, di cui D'Ascanio era
il rettore (e dove aveva sede il movimento antiabortista) - ma anche
in altre parti d'Italia e nella stessa casa del fondatore - erano stati
operati numerosi sequestri da parte dell'autorità giudiziaria,
che avevano portato alla luce una realtà fatta di abusi sessuali
su donne e minori, ma anche di violenza psicologica sugli adepti, finalizzata
anche ad acquisirne i beni. Nonché un'evasione fiscale che, secondo
la Guardia di Finanza, si può stimare intorno ai 3 miliardi di
lire.
Il 21 maggio 2000 una donna, sotto la promessa dell'anonimato, raccontò
al "Messaggero" ciò che già aveva denunciato
ai carabinieri, circa la sorte che capitava a molte adepte: "Dopo
la confessione e la comunione, la malcapitata si prostrava carponi davanti
al 'profeta' che, con indosso i paramenti sacri, abusava di lei. Il
rapporto, spesso durava ore". Questi rituali venivano definiti
"Nozze mistiche". Così la donna prosegue il suo racconto:
"partendo dal presupposto che il Paradiso non si realizza solo
in cielo ma anche in terra, diverse donne venivano baciate, palpeggiate
ed a volte costrette a violenze sessuali mentre in una stanza attigua
alcuni adepti pregavano. Queste "messe" avvenivano di notte
e solo in pochi, tra gli aderenti al Movimento, vi potevano partecipare".
"Obbedire ciecamente perché c'è la salvezza - prometteva
padre Andrea secondo l'intervista rilasciata dall'adepta pentita - si
capirà dopo". Le donne erano invitate a recitare preghiere
prima del rito: "Ecco il mio corpo, l'offro in sacrificio per te",
era la formula che veniva usata: "quindi il frate prendeva l'ostia
e la offriva alla donna. Poi... poi spesso si verificavano gli abusi
sessuali il cui fine dichiarato era quello di prendere lo spirito cattivo
ed immettere quello buono".
E le attenzioni di padre D'Ascanio non si rivolgevano solo alle donne.
Anzi, uno degli obiettivi della "setta" era proprio quello
dell'evangelizzazione dei bambini. Il frate cappuccino si recava spesso
nelle scuole e nelle case per parlare con i più piccoli, e raccontare
loro la storia dei tre pastorelli di Fatima. "Per raggiungere la
salvezza - spiegava spesso padre Andrea - sono necessari 5 milioni di
bambini che durante la consacrazione gridano il loro sì a Maria,
come i pastorelli di Fatima. Essi porranno fine alle guerre e porteranno
il regno di pace e di amore".
Ma la predilezione per i bambini si è forse spinta troppo in
là. D'Ascanio è stato infatti accusato di avere abusato
sessualmente di L.P., che all'epoca aveva 4 anni, con la complicità
del padre. Secondo la procura, abusando dei suoi poteri, faceva accompagnare
il bimbo nella chiesa di Sant'Apollonia, dove il piccolo era obbligato
a pregare e veniva sottoposto a riti di esorcismo nella sacrestia. Veniva
inoltre costretto a prendere la comunione (la Chiesa notoriamente vieta
di dare la comunione a bambini così piccoli), e gli veniva inoltre
intimato di non riferire mai e per nessuna ragione quello che avveniva
in quegli incontri.
Tra le altre contestazioni che vengono fatte al frate in sede giudiziaria
vi è poi un'altra lunga scia di reati di violenza privata: aver
costretto una giovane donna che aveva abortito spontaneamente a non
curarsi (padre D'Ascanio era contrario alle cure mediche), averne costretto
un'altra a lasciare marito e figli, un'altra ragazza a non curare il
tumore di cui era affetta, aver costretto al matrimonio una giovane
coppia e altre due donne a lasciare il proprio lavoro.
Il Vaticano non si è mai molto fidato del movimento fondato da
padre D'Ascanio. Anche se l'edificazione del monumento "al bambino
mai nato" aveva avuto la benedizione dell'allora Arcivescovo dell'Aquila,
Mario Peressin, ed alla cerimonia inaugurale aveva preso parte anche
il parlamentare e presidente del "Movimento per la Vita" Carlo
Casini (nonché il regista Franco Zeffirelli), le gerarchie si
erano sempre rifiutate di riconoscere l'Armata Bianca, ed avevano impedito
in due occasioni che due suoi aderenti fossero consacrati preti.
A tutt'oggi, tuttavia, a parte il fatto che da giugno del 2000 D'Ascanio
non è più titolare della rettoria di Sant'Apollonia, non
sono stati presi provvedimenti disciplinari nei suoi confronti. Neanche
dall'Ordine Francescano e dalla Curia di l'Aquila: attendono comunque
che si pronunci la Santa Sede, che da più di due anni ha aperto
un fascicolo sul prete aquilano. Adesso ai difensori del frate cappuccino
rimangono venti giorni per presentare le loro memorie difensive o chiedere
un supplemento di indagini.
"ARMATA BIANCA" IN CRONACA NERA. SCHEDA
31182. L'AQUILA-ADISTA. Nicola D'Ascanio, fondatore e "consigliere
spirituale" (così si fa chiamare dai suoi adepti), dell'Armata
Bianca, ha 68 anni. Di lui all'interno del movimento si racconta che
prese i voti da frate minore cappuccino dopo un pellegrinaggio a Pietralcina,
dove incontrò padre Pio. E si dice che fu proprio il beato a
suggerirgli di consacrarsi. Trasferitosi in Puglia in Puglia, a Taranto,
il 24 febbraio 1973, accade un primo strano evento, legato alle sue
pratiche esorciste. Durante una funzione da lui guidata morì
una donna, Silvia Cosima Martucci. La donna si era rivolta al frate
credendo che il figlio, studente di Medicina, fosse posseduto dal demonio.
Il frate organizzò allora una notte di preghiera in cui le attenzioni
furono rivolte al ragazzo, mentre il pomeriggio successivo l'esorcismo
riguardò la Martucci, con la presunta possessione non c'entrava
nulla. Secondo quanto raccontato dal "Messaggero" del 20/5/2000,
chiusa in stanza con D'Ascanio e con la sua collaboratrice Maria Teresa
D'Abenante "da lì la donna uscì soltanto morta per
lesioni. Secondo il perito il decesso era dovuto alle "eccessive
pratiche di soccorso". Il giudice Lavernicocca incriminò
padre Nicola e la D'Abenante per omicidio colposo e chiese una "perizia
neurologica" per la donna".
Le tracce di padre Nicola riemergono all'onore delle cronache nell''84
quando, trasferitosi all'Aquila e divenuto rettore della chiesa di Sant'Apollonia,
fonda il Movimento per la Vita Armata Bianca. Il 28 dicembre 1991 il
Movimento inaugura nel cimitero del capoluogo di provincia un monumento
dedicato "al bambino mai nato". Il movimento tra le sue ragioni
di vita aveva la diffusione del Vangelo nei Paesi dell'est, ed all'evangelizzazione
specie dei bambini più piccoli, si proponeva infatti come il
cardine di una lotta senza quartiere contro l'aborto. Era riuscito anche,
tramite alcune sue sezioni, ad aprire delle convenzioni con alcuni ospedali
(a Novara, a Vercelli, ma anche all'Aquila) per poter ottenere i feti
abortiti così da celebrarne il funerale e procedere con la sepoltura
(la legge stabilisce che ciò può avvenire solo su esplicita
richiesta dei genitori). Ovviamente ci fu una inchiesta, archiviata
però nel 1992.
Nonostante il suo coerente antiabortismo, padre D'Ascanio è sempre
stato guardato con sospetto in Vaticano. Su di lui pende ancora una
indagine della Santa Sede, la quale non ha mai riconosciuto il suo movimento,
e si è sempre opposta alla consacrazione sacerdotale di aderenti
al movimento. Ci provò lo scomparso monsignor Mario Peressin,
ex vescovo dell'Aquila, tra i grandi sponsor dell'Armata Bianca. In
due occasioni cercò di consacrare due membri della "setta".
In entrambi i casi il Vaticano impose un veto sulle nomine. Il primo
maggio del 1997 Peressin aveva deciso di consacrare cinque nuovi sacerdoti
tra cui due dell'Armata: Giovanni Antonucci di Villa Sant'Angelo ed
il napoletano Carlo Benedetto Lauro. Arrivò dal Vaticano una
lettera di diffida. Il 2 agosto dello stesso anno ci fu un nuovo, inutile
tentativo. Ma Antonucci (vice di D'Ascanio) alla fine ce la fece, pare,
secondo quanto scrive "il Messaggero" il 27/5/2000, grazie
a monsignor Hnilica, che avrebbe "propiziato la frettolosa ordinazione
a sacerdote".
Difendendo il suo è pupillo nel bollettino parrocchiale del gennaio
'98 Peressin scrisse: "Per quanto riguarda Padre Andrea D'Ascanio,
l'arcivescovo, in vista di un eventuale loro riconoscimento ufficiale
da parte della chiesa ha preso il frate alle sue dipendenze. Allo stesso
tempo l'arcivescovo ha sottomesso all'esame della Santa Sede tutti gli
scritti di Padre Andrea, in modo da chiarire punti controversi. Del
resto lui ha sempre desiderato di sottoporre al supremo giudizio della
Santa Sede non solo la sua persona, ma anche le sue attività
religiose ed apostoliche. Aspettiamo, quindi, tutti con serenità
e con fiducia le indagini della Chiesa".
Si arriva così alle inchiesta aperta ufficialmente con i sequestri
del 19 maggio 2000. In seguito ad esse (era nel frattempo in scadenza
il mandato) il nuovo arcivescovo metropolita, monsignor Giuseppe Molinari,
tolse il rettorato di sant'Apollonia a padre D'Ascanio (sostituendolo
con don Pasquale Rocchi, parroco della chiesa di San Francesco di Paola).
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