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www.ildialogo.org “NONOSTANTE TUTTO”, AUTOBIOGRAFIA, MINO MARTINAZZOLI, SCHOLE', (MORCELLIANA), A CURA DI TINO BINO,di CARLO CASTELLINI.

“NONOSTANTE TUTTO”, AUTOBIOGRAFIA, MINO MARTINAZZOLI, SCHOLE', (MORCELLIANA), A CURA DI TINO BINO

PESCANDO TRA I MIEI RICORDI...


di CARLO CASTELLINI.

L'ho visto e ascoltato per la prima volta in pubblico, presso la sala cinematografica del Crocera, di allora, davanti al porticato di Piazza Zanardelli, (ora è tutto cambiato): un incontro di alto profilo, tra politici nostrani, in cui MINO MARTINAZZOLI, aveva ottenuto una specie d' investitura per un alto incarico, non ricordo più quale, presentato ufficialmente al pubblico presente da BRUNO BONI, in quell'occasione in veste di padrino del nostro Mino. Erano gli anni 69-75. Io ero al mio terzo anno di filosofia alla Cattolica di Milano.
Lui, in piedi, compito, concentrato e preciso, leggeva il suo intervento, dopo aver pescato le sue parole con un suo bilancino costruito su un dizionario curato e lessico levigato. Aveva già al suo attivo varie e significative esperienze politiche che lo avevano temprato per traguardi più alti.
Da quell'incontro le immagini, delle cronache televisive, si confondono con i miei ricordi personali, che per forza di cose, non sono mai in ordine cronologico. Ma sono sedimentate molto prima di alcune date ricordate da TINO BINO nella sua onesta e puntuale introduzione e ricostruzione storica di questo pregiato scritto autobiografico.
Ricordo ancora un suo intervento presso il Ristorante Portichetto di Flero, alla periferia di Brescia, gremito per l'occasione, dove aveva tenuto un applaudito discorso, su politica e problematiche attuali. Non era mai monotono, ed i suoi giudizi erano calibrati e ascoltati con attenzione; spesso anche sorprendeva, non si esprimeva con luoghi comuni; per esempio sottolineando come in certe iniziative e cariche “le donne sono migliori di noi uomini”.
Poi presso la Sala dell'Agricoltura e del Commercio, se la memoria non mi tradisce, aveva accolto CIRIACO DE MITA, che aveva preso la parola e il suo discorso si era soffermato sulle istituzioni ed aveva fatto conoscere all'assemblea le sue personali idee sul valore di esse; in quell'occasione si era detto molto d'accordo con il nostro illustre concittadino.
Poi un altro stacco, che mi rimane impresso nella memoria: quando diede l'ultimo saluto, credo in Piazza Loggia, al sindaco BRUNO BONI, che aveva onorato la sua carica per 27 anni, e quindi veniva salutato come “sindaco per sempre”. Mino Martinazzoli, si era commosso e non era riuscito a contenere le lacrime. Gli era vicino allora PAOLO CORSINI.
Qualche anno più tardi, l'avremmo rivisto presente, al discorso inaugurale per la candidatura alla politica di LUIGI MORGANO. Questi da Martinazzoli si aspettava una sorta di “nulla osta” e un'accoglimento del suo programma, riconosciuto dal nostro orceano con parole di incoraggiamento. Per l'occasione GIUSEPPE ONOFRI, già vicesindaco della nostra città, aveva tentato di strappare al nostro Mino qualche battuta d'effetto: ma che Martinazzoli aveva elegantemente evitato.
Infine presso la sede delle Acli di via Corsica: in atteggiamento dialogante e distensivo, su argomenti di politica e di attualità, intervistato dal prof. ANSELMO PALINI, su temi scottanti passati e presenti. Aveva una speciale simpatia per questo suo modo di esibirsi e di esporsi; che gli offriva la possibilità di pescare nei ricordi, di attingere alle sue esperienze personali di ex ministro, di deputato, poi di senatore; riferendo di incontri personali con persone di alto livello amministrativo, giuridico e politico per cui le sue risposte non erano mai scontate e banali; ricordava spesso il valore della politica, la necessità della partecipazione, ma anche i limiti della stessa; della crisi della Dc, del suo scioglimento e della rifondazione del Partito Popolare e della sua chiusura e scioglimento.
Fino alle ultime immagini dei suoi funerali presso la cattedrale di Brescia: accolto dal vescovo LUCIANO MONARI, che lo aveva ricordato con parole di riconoscenza per la sua testimonianza, umana, politica e cristiana. Lo aveva ricordato
per i suoi successi, ma anche per i suoi momenti di crisi e dei suoi insuccessi.
Ho cercato di mettere ordine, tra i miei personali ricordi, dopo avere visto pubblicato un piccolo libretto, poco più che tascabile, definito della sua ”AUTOBIOGRAFIA” con un titolo di bilancio critico “NONOSTANTE TUTTO”, edito da SCHOLE', leggi MORCELLIANA, con la onesta e pacata introduzione di TINO BINO, che racconta tra l'altro, la storia di questo dattiloscritto.
E' stato scoperto dall'avvocato PAOLO DE ZAN, in fondo ad un cassetto di una scrivania dello studio MARTINAZZOLI. Lo scritto era accompagnato da una lettera di RAFFAELE CROVI, che giudicava lo scritto “accattivante, agile, intelligente, organico”. Questo testo è rimasto nascosto e integro.
Le parole introduttive di Tino Bino, aiutano il lettore a comprendere il senso di questo scritto; infatti riesce più comprensibile e attuale se collegato alle vicende storiche e politiche del nostro paese. Specie lo scioglimento della Dc
la rifondazione del Partito Popolare, lo scioglimento dello stesso e l'avvento e ingresso in politica, ahimé, di Silvio Berlusconi.
Un altro quadretto che mi rimane impresso nella memoria è quello del suo incontro con gli abitanti del Villaggio Sereno. Alcuni anni prima della sua scomparsa, presso il Centro socio culturale di Trav. XII, 58, per qualche occasione pre-elettorale. Mentre prendeva posto, si aggiustava il microfono (a motivo della sua statura alta, era troppo basso), ed aveva esordito con una battuta sulla statura di Amintore Fanfani. E superato l'impasse del primo contatto, si era addentrato in temi di stringenti attualità. Ma anche con ricordi e riflessioni di uno che si stava congedando dalla politica e lasciava, quasi a mo ' di testamento per tutti.
Ricordo che tra i presenti vi era un certo EMILIO DEL BONO, che nel dialogare di Martinazzoli era stato ricordato più volte, (circa otto, se ben ricordo). Al che mi ero chiesto:”Non è che Del Bono sia magari un suo figlio adottivo?” Parlando più tardi con l'interessato in via Volturno, ci siamo fatti una risatina. Visto comunque il consenso di poi, Mino non aveva sbagliato “cavallo”.
Mino Martinazzoli, era per forza di cose molto selettivo nelle sue amicizie, come selettivo era stato nella scelta dei suoi indirizzi di studio. Mi piace ricordare tra gli altri l'amicizia con Francesco Cossiga, che nutriva per il nostro una grande stima. E credo che proprio Cossiga abbia avuto un grande peso nell'orientare Mino perchè accettasse una eventuale candidatura a Presidente della Repubblica. Sappiamo poi come sono andate le cose. Era stato poi Mino a portarlo a Brescia in occasione della inaugurazione e accensione del Termoutilizzatore. Una presenza significativa la sua.
COSA DIRE DEL LIBRETTO?
I capitoletti in cui è stato diviso il libretto sono leggeri e molto leggibili, specie quando alcuni personaggi sono ricordati per alcuni loro aspetti particolari e sono commentati in maniera ironica, per qualche loro aspetto eccentrico o maniacale. Mi è piaciuto il secondo capitoletto, perchè ricorda i tempi del liceo, del collegio Borromeo e dell'università e alcuni suoi maestri per lo studio e la vita che conducevano.
“Non ho scelto la politica, testimonia il nostro, per vocazione e non considero la politica una professione”. Ha vissuto la politica come servizio richiesto e dovuto alla comunità. Studiava molto, perchè aveva l'ambizione non tanto di primeggiare, quanto per essere alla pari; leggeva i giornali per parlarne con gli amici; leggeva invece di più i libri perchè ricchi di ragionamenti.
Significativo è il ricordo per il suo insegnante di religione, Padre CARLO MANZIANA, divenuto in quegli anni giovanili suo punto di riferimento, ma anche per altri giovani cattolici bresciani.
Padre MANZIANA era un grande amico di Padre GIULIO BEVILACQUA, anche lui filippino, originario di Isola della Scala (Verona), ispiratore e confessore di Giovanni Battista Montini, uomo colto ed erudito, che ebbe un grande peso nella formazione della coscienza del futuro PAOLO VI.
MANZIANA era una persona affascinante, con alle spalle una storia esemplare, avendo percorso da protagonista le tappe principali del cattolicesimo bresciano: nella fase del partito popolare di DON STURZO, nella opposizione antifascista, finendo per le sue convinzioni fino in campo di concentramento a DACHAU.
Fu lui a suggerire a Martinazzoli di tentare di concorrere per ottenere una borsa di studio in uno dei collegi di PAVIA, in cui il BORROMEO E IL GHISLIERI diventano per lui un traguardo.
Si iscrive allora a Medicina, e dopo avere sostenuto quattro esami, superati i quali poteva conservare l'ospitalità del Collegio, chiese al rettore del medesimo, Mons. CESARE ANGELINI, umanista, scrittore, manzonista, di poter convincere il padre, per poter cambiare facoltà e iscrivermi a Giurisprudenza.
CHI ERA ANGELINI?
Era uomo molto piccolo, aveva solo capelli bianchissimi, li pettinava di continuo, con cura. “Mi ricordo, testimonia Martinazzoli, che quando andammo a Roma per l'anno santo nel 1950, mentre aspettavamo di incontrare il Papa Pio XII, in una udienza disordinata, addirittura un po' isterica, lo sorpresi dietro una colonna di un altare di San Pietro, che si rassettava la capigliatura, alla quale teneva molto.
FRANCESCO FLORA, nella su Storia della Letteratura, lo presenta come un abatino del Settecento. “Invece era un uomo terrigno, solido, concreto.Tutti gli studenti del BORROMEO lo ammiravano. Avvertendone il fascino e il prestigio; ci aiutava a ben valutare la cultura e compiere con rigore i nostri doveri di studio”. “Aveva una straordinaria capacità educativa; aveva la virtù rara di saper stare con i giovani, non prevaricava mai; non era autoritario, ma era di una straordinaria autorevolezza. Aveva creato una singolare comunità di giovani speciali”.
Qui il nostro ebbe modo di incontrare anche un altro illustre bresciano EMANUELE SEVERINO, che suonava l'hamonium alla messa di CESARE ANGELINI e suonava molto bene il pianoforte. In quegli anni era anzi indeciso se scegliere, dopo la laurea, la strada del pianista. In ogni caso, nel suo fare e parlare
si avvertiva già allora la sua genialità”. 
Quando era ancora al Borromeo, Martinazzoli ebbe modo di fare conoscenza di IGNAZIO SILONE, che lo convinse a leggere l'”UNITA'” e dopo lesse le opere di Letteratura e di Politica
dell'autore marsicano.”Concetti di autoritarismo e democrazia credo di averli assimilati da lì”. “La scuola dei dittatori” di SILONE è stata una lettura rivelatrice; e più tardi ho meditato appassionatamente il suo “Uscita di sicurezza”: per cui se dovessi indicare chi mi ha guidato a decifrare la politica, i suoi compiti e i suoi limiti, credo di dover fare proprio il nome di IGNAZIO SILONE “grande protagonista a mio giudizio, della progettualità democratica del nostro secolo. A SILONE io devo il rispetto per il cambiamento sociale e il sospetto per le ideologie”.
Dopo questo, si snodano altri capitoletti, che sono tappe di un lungo percorso della sua vita umana, ma anche politica, sia quando parla del suo del suo impegno pubblico, o dei valori, delle tradizioni e di piccole virtù, o quando riflette sulla scuola, sui doveri, o sull'apprendistato della vita, della sua avvocatura e del concetto suo di giustizia, della sua esperienza parlamentare e di governo, della crisi del sistema, o quando ancora parla delle parole chiave della vita, con le quali anch'io vorrei concludere l'estensione di queste modeste note: fede, speranza, carità, umiltà, coraggio ironia e altre. Insomma: ha iniziato bene ed ha finito meglio.(Carlo Castellini).
CHE COSA MI REGALA QUESTO LIBRETTO'?



Domenica 30 Settembre,2018 Ore: 20:03
 
 
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