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www.ildialogo.org TERESIO OLIVELLI: UN BRESCIANO SCONOSCIUTO, FUGHE ROCAMBOLESCHE, CARICHE OCCUPATE, I CAMPI DI PRIGIONIA E LA SOLIDARIETA' PER I COMPAGNI DI PRIGIONIA, UN'ATTIVITA' INTENSA, RIVIVE IN BRESCIA RIBELLE,A CURA DI CARLO CASTELLINI

TERESIO OLIVELLI: UN BRESCIANO SCONOSCIUTO, FUGHE ROCAMBOLESCHE, CARICHE OCCUPATE, I CAMPI DI PRIGIONIA E LA SOLIDARIETA' PER I COMPAGNI DI PRIGIONIA, UN'ATTIVITA' INTENSA, RIVIVE IN BRESCIA RIBELLE

A CURA DI CARLO CASTELLINI

L'11 novembre 1943 giunge a Brescia, seguendo il filo delle amicizie allacciate al COLLEGIO GHISLIERI DI PAVIA, di cui è stato rettore, TERESIO OLIVELLI. Già ufficiale nell'artiglieri alpina, catturato dai tedeschi e avviato in GERMANIA, Olivelli ha tentato più volte di fuggire per rientrare in Italia.
La prima, come racconta ALBERTO CARACCIOLO, vicino a Innsbruck. Nascosto sotto il telone di un carro-merci riesce a passare da Bolzano; ma poi il telone si rompe, Olivelli è scoperto e mandato indietro, al campo di REGENSBURG sul Danubio. E un giorno che i prigionieri vengono trasferiti, si scosta dal gruppo, si nasconde nella campagna, ritenta il viaggio verso l'Italia. Lo fermano a Innsbruck e lo rispediscono, perchè già indiziato, in un campo nei pressi di Salisburgo.
Qui si costruisce una bussola con un pezzo di ricevitore telefonico e un pennino, quindi avvicina una sentinella - un grasso e vecchio austriaco – e, regalandogli l'orologio che ha ancora con sé, la notte tra il 20 e il 21 ottobre, varca i reticolati. Parte a piedi parte viaggiando sui treni presi spesso già in corsa, riesce a portarsi fino ai Monti Tauri. Una notte incontra perfino dei lupi e non dispone che d'un coltello e di una lampadina tascabile. Per fortuna basta quel po' di luce per spaurirli e allontanarli.
Un giorno, mentre sta riposando in un bosco, è sorpreso da una cacciatore che lo vuole a tutti i costi consegnare alla polizia. Con pazienza e con tatto impietosisce il tedesco e riprende il cammino. Mentre attraversa il ponte sulla Drava, le guardia, insospettite dal suo aspetto spettrale e cencioso, gli puntano contro il fucile e sparano. Può scansare i colpi e salvarsi. E al confine s'imbatte in un'altra sentinella germanica che gli rivolge contro l'arma. Olivelli sa persuadere e smuovere anche questa.
Quando arriva a Pontebba, si inginocchia a baciare il suolo della patria, di cui coglie e conserva il primo fiore. E' ridotto uno scheletro. A Udine trova ospitalità cure, e i rinfranca.
La sera stessa del suo arrivo a Brescia,, partecipa ad una riunione nella canonica di San Faustino. E' presentato a LUNARDI. Tra gli altri ci sono PEPPINO PELOSI e PADRE MANZIANA. Poi Olivelli va a Milano dove il COMITATO DI LIBERAZIONE gli affida l'incarico di mantenere i contatti con il movimento ribellistico di BRESCIA E CREMONA. Cominciano le sue peregrinazioni, anche in bicicletta, su per la Val Camonica e in pianura.
Olivelli, come tutti i giovani ella sua età, in un primo temppo ha prestato fece alla DOTTRINA FASCISTA, ma poi, il precipitare delle vicende e l'esperienza diretta della guerra gli hanno aperto gli occhi. Spiegherà nel giornale al quale si appresta a dare vita, leragioni della disillusione e del riscatto:
“Ribelli, così ci chiamano, così siamo, così ci vogliamo. Siamo dei ribelli, la nostra è soprattutto una rivolta morale.
La nostra reazione è fatta di dolore e di fierezza: non potevamo credere che quest'Italia dei nostri padri, di Dante e di Ferruccio, di Mazzini e di Cavour, di Battisti e di Oberdan, dei Santi e dei Caduti, quest'Italia per la quale abbiamo combattuto e pianto potesse cadere così in basso. Non potevamo credere che dopo tanta putrefazione, dopo si pauroso fallimento, i responsabili del disastro avessero l'improntitudine di presentarsi sui carri armati dell'invasore a profanare ed immiserire ancora una volta la nazione da cui pure ebbero i natali......”.
L'attività di Olivelli, tra la fine del 1943 ed i primi mesi del 1944, ha del prodigioso. Oltre a tenere i legami con la Resistenza in atto, egli è proteso verso il domani, pensa ad una ricostruzione della patria in senso cristiano e ne fissa in schemi i punti programmatici. Esce per la Pasqua dei Partigiani, stampata, quella sua PREGHIERA DEL RIBELLE, che molti considerano il capolavoro della Letteratura della RESISTENZA.
Arrestato a Milano il 27 aprile e tradotto alle carceri di San Vittore, in giugno è trasferito al campo di FOSSOLI, (presso Carpi Modena), sotto controllo delle SS. E il 12 luglio è nell'elenco dei settanta prigionieri che dovrebbero partire per ignora destinazione e che in realtà vengono assassinati. Ma Olivelli ripara in un nascondiglio e, una volta scoperto, le guardie si limitano a percuoterlo brutalmente e mandarlo al campo di Bolzano. Di qui, in settembre, l'invio a FLOSSEMBURG e, il 1 ottobre, a HERSBRUCK: sono le ultime tappe della via crucis, i lavori forzati, l'annientamento.
Olivelli non mangia per sfamare i compagni di prigionia, difende i loro diritti contro la prepotenza degli altri. Viene picchiato, insultato e deriso. In dicembre il suo corpo è ricoperto di piaghe e ferite, Pallidissimo, ha sulle spalle già curve una vanga e un piccone. Un giorno, sorpreso ancora a sostenere la parte dei compagni, riceve un calcio nello stomaco, e, in aggiunta una gragnuola di gommate. ' il crollo.
Ai primi del gennaio 1945, OLIVELLI è ricoverato in infermeria. Sente che la sua ora è venuta, si spoglia degli stracci che ha indosso per darli a un compagno che ne ha bisogno. Affida a un dottore francese il compito di avvertire i genitori della sua fine. Il 12 gennaio muore. Nella sua ultima lettera aveva scritto loro:”Voi siete il mio pensiero preoccupante. Voi e gli amici e il profumo della mia terra – il mio anelito, la ia certezza.....”. Teresio OLIVELLI è MEDAGLIA D'ORO DELLA RESISTENZA. (DA “BRESCIA RIBELLE”, Cronaca e tEsti della resistenza bresciana per le scuole primarie e medie, a cura di GIANNETTO VALZELLI, IL COMUNE DI BRESCIA, a Cura di Carlo Castellini).



Domenica 03 Marzo,2019 Ore: 17:33
 
 
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