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www.ildialogo.org "Tante bottiglie di Coca Cola",di Mario Mariotti

"Tante bottiglie di Coca Cola"

di Mario Mariotti

Io sono un insegnante, e metto il verbo al presente perché ciascuno di noi, o in bene o in male, é sempre insegnante. Da insegnante so bene che i bambini, che le nuove generazioni sono un dono preziosissimo, perché costituiscono la potenzialità di cambiamenti in positivo del mondo nel quale si stanno inserendo. Questo progetto-miracolo però non si verifica: chi li inserisce, famiglia, scuola, informazione, vive la cultura che produce i frutti che sbocciano fra noi, accetta l'esistente saturo dei precedenti frutti come se fosse immodificabile, irreversibile; e noi, passati pochi anni, abbiamo tante belle bottiglie di Coca Cola piene della cultura che include, spesso colposamente ma strutturalmente, tutto il negativo che noi e loro ci troveremo ad affrontare. La potenzialità di cambiamento viene bruciata, e noi li educhiamo a diventare peggio di noi.
Io ci ho provato a rompere questo cerchio micidiale, educando alla compassione, alla solidarietà nella continuità, alla cultura del necessario. Nelle riunioni con i genitori cercavo di far capire che, se noi come atteggiamento cerchiamo di fare come fanno tutti, seguendo i modelli e la scala di valori evacuati dalla TV, inclusi in tale modello ci sono il cancro, l’infarto, l’incidente stradale, lo sfruttamento del Sud del mondo e dei fuori -mercato che sopravvivono fra noi. Cercavo di far capire che la solidarietà è determinante nel processo educativo; suggerivo di instaurare un rapporto coi viventi in difficoltà, che spesso abbiamo sotto gli occhi ma che non vediamo; e con i piccini del Sud, che a causa dei meccanismi del pensiero unico neoliberista,continuavano a morire per mancanza di uno spicciolo. L'insegnante indicava ai genitori chi dovevano prendere per insegnanti: l'handicappato ci fa capire quanto sia prezioso il dono della salute, e ci educa a non mettere a rischio tale dono seguendo gli idoli del fumo, dell'alcool, della droga, della velocità, degli sport estremi e via di seguito. Il piccino del Sud ci richiama a vivere in un modo che permetta di vivere anche a lui, e qui diventa determinante la cultura del necessario, in modo che ciò che lo eccede venga destinato a coloro che ne sono ancora privi. Per una trentina d'anni ero riuscito ad organizzare le cose in modo che i miei alunni mandavano soldi, autogestendo la raccolta e destinandola agli hanseniani, ai piccini della favelas, alle vittime delle catastrofi naturali, che beccano più spesso i poveri che i ricchi e garantiti. Il tutto col tacito assenso delle famiglie e con il non-intervento delle autorità, che, quando tutto funziona bene e non ci sono lamentele, fanno finta di non vedere.
Tutto questo avveniva con serenità e con gioia anche perché, con una classe di miei scolari che aveva perduto uno di loro a nove anni per distrofia avevamo cercato di dare un senso al dolore innocente: impegnarci a togliere sofferenza a coloro che noi eravamo in condizione di aiutare. La morte di uno si trasformava invita per altri; pedagogia rarissima, che avrebbe sterminate potenzialità positive, perché il mondo è pieno di sofferenza, è assetato di solidarietà, di amore, di condivisione.
Purtroppo, però,la piega culturale che è venuta avanti, e non ha trovato resistenza, é quella del "Beati i ricchi", del mercato e della competizione; e ormai è sempre più difficile vedere negli altri, delle persone come noi, con gli stessi problemi e desideri. La cultura dell'impero d'Oltre Atlantico sta vincendo a livello quasi planetario, e le bottiglie di Coca Cola, oltre ad essere infelici, si trovano ad affrontare il rischio del collasso ecologico. La compassione, radice dell'albero della condivisione,
è sempre più rara, e quindi si amplificherà l'inferno. E i giovani sono meno colpevoli di noi........



Domenica 08 Marzo,2020 Ore: 22:10
 
 
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