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www.ildialogo.org MEGLIO MORTO O DIMESSO. (preti non più celibi dimessi, ma non morti),di Ernesto Miragoli

MEGLIO MORTO O DIMESSO. (preti non più celibi dimessi, ma non morti)

di Ernesto Miragoli

(15-11-2020). Notizia dell’agenzia ADNKRONOS: il papa ha trasmesso a mons Leonardo Sapienza, reggente della Casa Pontificia dopo che il Prefetto è stato sostanzialmente allontanato, un incartamento fino ad oggi tenuto segreto che riguarda il dialogo che il card. Alfrink - vescovo di Utrecht e primate della Chiesa d’Olanda - ebbe con Paolo VI sul tema del celibato obbligatorio del clero. Il colloquio ebbe luogo il 10 luglio 1970. Sembra che Alfrink sia venuto apposta dall’Olanda a Roma per discutere con il papa di questo tema e che il colloquio – avvenuto probabilmente in lingua francese - sia stato messo a verbale il giorno dopo. E secretato dal Segretario di Stato card. Villot che vi ha aggiunto a margine annotazioni personali.
Da quanto scrive Adnkronos traggo alcune riflessioni che evidenzio in corsivo o in grassetto nel testo integrale che riporto in fondo.
Il tema – come detto – è ordinare uomini sposati e riammettere nel ministero sacerdoti sposati, ma su quest’ultimo punto Alfrink non insiste.
Chiaro? Ad Alfrink non interessa parlare con il papa di riammissione di preti sposati, ma solo di ordinare preti uomini sposati. Perché? Perché non va dimenticato che Alfrink – da vescovo di Utrecht – mise la sua firma al primo catechismo olandese (siamo nel 1956, il papa era Pio XII) che prevedeva l’ordinazione al presbiterato di uomini sposati, ma non fa minimamente cenno alla riammissione di preti che avevano lasciato il ministero per contrarre matrimonio. Per chi non ha i capelli bianchi ricordo che il Catechismo Olandese ebbe immenso successo dieci anni dopo la sua prima pubblicazione. Fu subito tradotto in molte lingue, ma fu stroncato da Roma per alcune “eresie” (verginità di Maria, dogma della transustanziazione…) e nel 1969 uscì l’edizione approvata con un "Supplemento al Nuovo catechismo".
Torno al nocciolo della questione: ad Alfrink non interessa che si riammettano preti sposati. Si preoccupa, però, della carenza di clero e propone al papa che si ordinino uomini sposati, perché – dice - lasciare la chiesa senza preti sarebbe un “malheur”. Ma il papa è lapidario: impossibile. È un NO chiaro sia ad ordinare uomini sposati che a riammettere preti sposati al ministero e riferisce al cardinale che persino nelle missioni si oppongono a questo.
Interessante questo riferimento al parere giunto dal mondo missionario: significa che Paolo VI stava studiando il problema e chiedeva riservatamente opinioni in merito. Non ci è dato sapere quali siano le voci autorevoli alle quali Paolo VI si riferisca, ma credo di non azzardare troppo se dico che la richiesta di parere sia avvenuta secondo il solito schema autoreferenziale. Va detto, però, che il papa – non avendo il coraggio di affrontare di petto il problema del celibato, ma rendendosi conto della necessità dell’annuncio della Parola – qualche anno dopo cercherà di provvedervi prevedendo l’istituzione del diaconato permanente (lettera apostolica “Ad Pascendum”).
Alfrink sembra non darsi per vinto ed insiste facendo presente che i vescovi olandesi conoscono uomini che posseggono ottime qualità per essere ordinati preti, ma il papa osserva che sarebbero deflagrati fra il servizio presbiterale e la famiglia e che quindi è meglio che facciano dell’apostolato laico concludendo: “Preferirei essere morto o dare le dimissioni”.
Sono passati 50 anni e il successore di Paolo VI ha sposato i due concetti: essere buoni laici e meglio morire che derogare alla legge del celibato. Francesco, interrogato da un vescovo italiano sui preti sposati, ha risposto: “Che facciano i buoni laici”; interrogato da un giornalista sul medesimo argomento ha risposto: “Come ha detto Paolo VI: preferisco morire piuttosto che rendere facoltativo il celibato del clero”.
Poco male? Sì, poco male. Spiace che chi si sente investito della suprema autorità pastorale sia così poco sensibile alla progressiva carenza di ministri e ministre che annuncino la Parola e spezzino il Pane della Vita, ma non possiamo farci nulla, se non lasciare che i morti seppelliscano i morti facendo loro sapere che rimaniamo disponibili, qualora volessero farci un fischio.
Siamo credenti nel Vangelo di Cristo, dimessi per legge umana dall’ufficio pastorale, ma non morti alla meditazione della Parola e pensiamo che il ministero presbiterale (che è servizio e non autorità) si possa svolgere rimanendo cattolici perché siamo nati in questa comunità e non abbiamo intenzione di rinunciarvi solo per il motivo che, chi comanda in questo momento, la pensa diversamente da noi su questioni disciplinari come questa, neppure avendo la sensibilità di ascoltarci o dare una risposta a domande che poniamo con sincerità e con regolare continuità a vari livelli.
Molti di noi si sono tuffati fuori dalla barca di Pietro (la metafora non è mia, ma di Hans Kung in “Essere cristiani”), ma noi preferiamo restarvi perché convinti che prima o poi il nostromo ci coinvolgerà nella riformulazione della rotta. In questi giorni due preti sposati italiani (Rosario Mocciaro e Lino Tonti) hanno spento per sempre gli occhi su questa terra, lasciando nel dolore le loro famiglie, gli amici e chi con loro ha sofferto e pregato per la riforma della Chiesa. Hanno combattuto la buona battaglia dentro la Chiesa, spesso incompresi o emarginati. Hanno terminato la corsa conservando la fede all’interno di una comunità che hanno trovato accogliente facendo Eucaristia, cioè rendendo grazie e rendendo così credibile il messaggio di Cristo al di là di stereotipati riti che iniziano e finiscono come un qualsiasi spettacolo. Rosario e Lino, con le loro famiglie, le comunità in cui hanno vissuto l’esperienza cristiana, prima da presbiteri esercitanti “legalmente” la funzione di guida e poi da presbiteri rimasti moralmente tali, hanno “aiutato l’uomo ad essere uomo, cristiano, uomo di Cristo e a rimanere effettivamente tale” (H.Kung, Essere cristiani, Mondadori, 1979, pg 595).
Torno all’inizio, per concludere. Il papa ha dato il documento che sotto si può leggere per intero ad un suo stretto collaboratore, una persona con cui ogni giorno ha rapporto perché è responsabile di udienze e incontri, smista richieste e petizioni, decide con pochissimi altri chi può avere accesso al pontefice. Perchè un documento, rimasto sino ad ora riservato, è stato reso pubblico? Può darsi che mons. Sapienza avesse detto al papa che stava scrivendo un libro in cui si sarebbe trattato anche l’argomento del celibato e il papa abbia voluto gratificare il suo collaboratore offrendogli materiale per un piccolo scoop. Può darsi che dai sacri palazzi si voglia far sapere, in via ufficiosamente ufficiale, che adesso basta continuare a rompere con ‘sto celibato del clero. Può darsi che in Vaticano – soprattutto dopo la Querida Amazonia – le richieste e le pressioni perché si affronti lo spinoso argomento si siano moltiplicate e si facciano pressanti. Il fatto è che il documento pubblicato non è stato sottratto con il dolo come è successo per altri documenti, ma viene direttamente dalle mani del papa ed è reso noto in un libro il cui autore è il facente funzione di Prefetto della Casa Pontificia. Dante direbbe: “…questo sia suggel ch’ogni uomo sganni”. Cioè: intelligenti pauca. Vale a dire: altolà, basta!
Ecco quanto riporta Adnkronos.
Il Santo Padre afferma di avere pensato molto al colloquio di ieri; dopo la accurata diagnosi fatta, la situazione olandese appare grave; bisogna tenerne conto con comprensione e carità; non si può esigere una prassi perfetta quando c’è questo turbamento; non vogliamo essere uniformi o giuridisti nell'applicazione, comprendiamo la necessità di essere attenti. Il cardinale ha fatto il quadro. Il Papa non ha voluto aggiungere nulla; avrebbe potuto farlo. Il viaggio ha avuto come scopo la questione del celibato. Alfrink si riferisce alle dichiarazioni dei Vescovi ed in particolare ai due seguenti punti: uomini sposati e riammissione nel ministero di sacerdoti sposati. Su questo punto Alfrink non insiste.
Il Papa aggiunge: impossibile. Il cardinale dice che vi è una categoria di preti che si illude ed ammette che si tratti di una illusione. Il Papa aggiunge: bisogna essere espliciti. Il cardinale afferma di non avere avuto una risposta alla sua relazione circa il caso Grossouw; il cardinale Seper non avrebbe scritto; il cardinale Alfrink farà ciò che gli sarà detto: chiamerà Grossouw. Il Papa pensa che bisogna tenere fermo.
Cardinale Alfrink: ma la ragione impressionante è che non ci sono più candidati al sacerdozio; egli insiste per il sacerdozio agli sposati. Il Santo Padre a questo punto dice che sarebbe una cosa che si diffonderebbe subito: non si deve fare. Il Papa ha la visione, la responsabilità; crederebbe di tradire la Chiesa. Al che Alfrinck reagisce: lasciare la Chiesa senza preti è un grande ‘malheur’; è una situazione che si manifesta in Olanda, ma anche altrove. Questa maniera di aiutare la Chiesa può essere un bene.
Santo Padre: il problema è complesso. Nelle missioni, le voci più autorevoli sono contrarie. C’è qualche rimedio nell’ammissione del diaconato citato. Certo manca il ministero sacerdotale. La situazione può essere studiata collegialmente. Occorre riservare un tema di questo genere ad un Sinodo. Ma questo esige due anni almeno. Alfrink ribatte: certo è lungo, ma la Chiesa è eterna. Noi siamo i primi in Europa a conoscere questa scarsezza, che già esiste nell’America Latina. È la preoccupazione dell’episcopato olandese. Santo Padre: sarebbe da approfondire l’analisi del problema; i Vescovi non avendo clero vogliono essere uxorati. Ma introduciamo un cambiamento di concetto, una decadenza da cui non si guarisce più. Alfrink: stabilire dei criteri. Santo Padre: non convinto. Alfrink: questi uomini esistono; noi li conosciamo e ne riconosciamo le qualità. Santo Padre: che facciano dell’apostolato laico. Alfrink: ne abbiamo bisogno. Bisogna studiare il problema. Papa: non vorrei dare una speranza fallace e richiama la Lettera del 2 febbraio c.a. Alfrink: ma la Lettera ne parla. Santo Padre: io non penso che ciò si applichi per l’Olanda. Una grande riflessione si richiede per situazioni ecumeniche. Alfrink: alcune parti della Chiesa universale possono trovarsi in situazioni analoghe. Santo Padre: non avrei la coscienza tranquilla. Questo sarebbe uno sconvolgimento della Chiesa Latina. Alfrink: io non sono così pessimista. Santo Padre: mois non plus. La jeunesse viendra. Vous avez un siècle si fecond de vocation. Amour au Christ. Alfrink: non perdere questo. Santo Padre: non si può avere un doppio clero. Alfrink: pensate che non vi sarebbe più clero celibatario? Santo Padre: no. Noi avremmo dei preti assorbiti da altri compiti: famiglia, lavoro. Alfrink: ciò è vero; una delle ragioni del celibato è in effetti questa: la disponibilità; espone le prospettive di un clero sposato; una parte libera completamente, l’altra avente una professione (full time- part time). Santo Padre: dedizione del prete alla sua famiglia, non si farà più il reclutamento del clero celibatario. Alfrink: studiare più a fondo. Santo Padre: la Commissione teologica studierà le questioni che saranno oggetto del Sinodo del 1971 ma queste non sono state ancora fissate. Questo sarà senza dubbio uno dei punti ma per dovere di sincerità non voglio darvi la speranza che si arrivi (al clero sposato). Non voglio decidere da solo, perché la mia opinione sarebbe negativa; chiederò il parere degli altri confratelli nell’episcopato. Ciò avverrebbe per dei casi estremi, non sarebbe la regola, ne’ la norma. Sarebbe la rovina. Alfrink: mantenere il celibato e accanto cercare delle vocazioni di uomini maturi sposati. Santo Padre: pensa V.E. che una simile legge della Chiesa resisterà? O si dirà ‘si può essere sposato e buon prete?’ Preferirei essere morto o dare le dimissioni!. “E’ da notare - scrive padre Sapienza - la sfumatura delle parole e dei sentimenti di Paolo VI durante il colloquio: bisogna essere espliciti; bisogna tenere fermo; crederebbe di tradire la Chiesa; introduciamo una decadenza da cui non si guarisce più; non sono convinto; non avrei la coscienza tranquilla. Fino ad arrivare alla conclusione ‘esplosiva’ che il cardinale Villot segnala a lato di non trasmettere: “preferirei essere morto o dare le dimissioni”. Papa Francesco, nel trasmettere l’inedito incartamento a padre Leonardo Sapienza, scrive significativamente: “ Questo assomiglia a ‘dare la vita’. Io penso lo stesso di San Paolo VI”.



Domenica 15 Novembre,2020 Ore: 18:33
 
 
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