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www.ildialogo.org Cosa chiede la Chiesa ai sacerdoti sposati?,di Francesco Cesaro Piras

Cosa chiede la Chiesa ai sacerdoti sposati?

di Francesco Cesaro Piras

Il pontificato di Francesco, dagli inizi ai nostri giorni, ha suscitato enorme interesse, stupore, meraviglia, speranza, desiderio profondo di rinnovamento e propositi sinceri di adesione ai suoi intenti pastorali e riformatori. Ha suscitato e continua a far emergere anche ampi strati di resistenza e di contrarietà, indubbiamente. È storia ormai nota a tutti coloro che seguono lo sviluppo del pontificato attuale. E ci sono tante persone interdette dagli atteggiamenti e dai pronunciamenti di Francesco. Da una parte, infatti, apre molte porte e suscita entusiasmo, salvo poi far marcia indietro con diplomazia e accorgimento, che tuttavia non sfugge davanti all’evidenza dei fatti. C’è chi, sicuramente in buona fede, cerca di scusarlo in tutti i modi, quasi per partito preso, qualunque cosa dica e faccia, perfino coprendo i dietrofront con argomentazioni che sanno di arrampicata sugli specchi. Sarebbe più onesto dire: “No, su questo probabilmente Francesco ha preso una decisione che non sembra proprio conforme alle iniziative che si era proposto di valutare senza condizionamenti”. Prenderne atto con serenità non significa assolutamente mettersi contro Francesco, semmai aiutare la comunità dei credenti a riflettere sul cammino da cui ripartire o da ricominciare.
Veniamo al Sinodo sull’Amazzonia. Non c’è dubbio che la questione del celibato sacerdotale non fosse ovviamente la priorità da discutere. Ma era comunque una questione importante. Che si sia chiusa la porta o meno alla possibilità di ordinare uomini sposati (ma perché non anche quella di ordinare uomini che si sposeranno?) non è una novità, purtroppo. Cosa ci si aspettava da un papa che ha affermato chiaramente che preferirebbe dare la propria vita piuttosto che rendere facoltativo il celibato? E si noti: dare la vita non per rendere testimonianza alla fede, per una causa dogmatica o di genere affine, ma per una legge umana, del diritto canonico, che potrebbe facilmente essere depennata dall’oggi al domani. È un’assurdità dai limiti difficilmente contenibili. Dunque, nonostante apparenti speranze e timidi desideri, il finale del Sinodo, su questo tema, non poteva che essere questo.
La Chiesa istituzione, dunque, ai sacerdoti sposati (che non sono ex preti e neppure semplici laici), non chiede assolutamente nulla. Il Papa non ne vuol sentire parlare, la curia romana non se ne assume alcuna responsabilità, i vescovi diocesani evitano normalmente i rapporti, i confratelli in ministero attivo alzano le spalle. Per l’istituzione ecclesiale romana, i sacerdoti sposati e le loro famiglie non esistono o se esistono devono essere considerate sotto silenzio.
Ma la Chiesa non è l’istituzione, o almeno non soltanto. La Chiesa sono tutti i battezzati, popolo di Dio. E larga parte del popolo di Dio accetta i sacerdoti sposati, li stima, li apprezza e chiede il loro servizio di ascolto, di confronto, di annuncio della Parola e, talvolta, anche il loro ministero sacramentale. Il presbiterato non è un dono ricevuto ad uso personale, è per la comunità. E se la comunità lo chiede, il presbitero non può sottrarsi. Il “bene delle anime” è la legge suprema. Legge che non può essere negata con decreti giuridici che non mettono al centro il bene delle persone. Dunque, se da una parte una fetta grande della Chiesa-istituzione non accetta il ministero del clero sposato (eccetto in caso di morte altrui), una larga porzione del popolo di Dio lo chiede e lo desidera. C’è una domanda esplicita ed implicita alla quale il presbiterio uxorato deve e può rispondere, secondo le modalità che ciascuno crederà consone alle proprie capacità. Non è assolutamente necessario attendere un decreto pontificio che riammetta al ministero i sacerdoti sposati, ma è necessario che questi si guardino intorno e si rendano disponibili al servizio del popolo di Dio, in tutti i modi che il loro ministero prevede e richiede.
Si tratta di rendere attuabile un ministero che non chieda nulla o quasi all’istituzione in quanto tale, ma che susciti nell’istituzione il desiderio, la necessità, la serietà di assumere una decisione non formale davanti all’attuazione del servizio sacerdotale dei preti sposati. Può essere la proposta seria e concreta di quello che possono e devono fare i presbiteri sposati, senza attendere chissà quali riforme da Francesco e dalla curia, che, se non stimolati e saggiamente provocati, non arriveranno mai.



Domenica 16 Febbraio,2020 Ore: 22:44
 
 
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