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www.ildialogo.org CON AFFETTO E CON STIMA,di Ernesto Miragoli

CON AFFETTO E CON STIMA

di Ernesto Miragoli

(13-01-20). Nutro affetto e stima per Joseph Ratzinger e non perché è un eminente personaggio della chiesa cattolica adesso ultranovantenne, ma perché i suoi libri mi hanno aiutato moltissimo nella mia formazione; la sua personalità forte, ma sempre discreta mi ha affascinato; la vicinanza che ho sperimentato di persona dialogando con lui quando decisi di lasciare il ministero presbiterale per sposarmi mi colpì per l’alta sensibilità che mostrò prima a me e poi a mia moglie.
Fu per affetto e stima che rimasi stupito e negativamente perplesso quando accettò di succedere a Giovanni Paolo II e scrissi che non avrebbe dovuto accettare. Avrebbe potuto farlo perché un cardinale si accorge quando i voti convergono su di lui e può far comunicare subito la propria indisponibilità. Non lo fece e quando mia moglie mi annunciò felice che Ratzinger era diventato papa, scossi il capo: non riuscivo ad immaginarmelo a gestire l’ordinarietà di uno Stato Vaticano e l’amministrazione di una chiesa tutta umana.
Fu sempre per affetto e stima che giusto un anno prima (sì, proprio un anno prima) che si dimettesse dal supremo servizio alla chiesa cattolica scrissi nel mio blog:
“Benedetto XVI non me ne vorrà per quanto sto scrivendo, anche perché non è solito visitare il mio sito. Sarò lapidario: se fossi suo consigliere, suggerirei “il gran rifiuto”.
Non importa la lettura che tutti faranno di questo gesto: vi saranno sempre motivi validi da considerare sia da parte di chi vi plaudirà, sia da parte di chi biasimerà, sia da parte di chi un po’ plaudirà e un po’ biasimerà.
Non gli consiglio di abdicare al Sommo Pontificato per paura d’essere nel mirino di qualche squilibrato: chiamandolo ad essere suo prete, Cristo non gli ha fatto “sicurtà della vita”, per dirla col Manzoni. Né gli consiglio di lasciare la Cattedra di Pietro perché incompetente a condurla: sono convinto del contrario. Neppure vorrei che lasciasse la guida della chiesa militante perché impreparato teologicamente, pastoralmente, spiritualmente: penso che Joseph Ratzinger sia una persona di assoluto spessore teologico, spirituale e pastorale. Il motivo è uno solo: con questo gesto potrebbe richiamare alcuni uomini di chiesa (che purtroppo appartengono al mistero del Popolo di Dio) a riflettere sulla propria fede e sul senso di appartenenza ad un popolo sacerdotale, profetico e regale e ricordare a questi meschini valvassori che il potere appartiene alle tenebre; è il servizio che appartiene alla Luce”. (13-02-12).
Con l’affetto e la stima di sempre mi permetto di dissentire dall’ultima presa di posizione che oggi la stampa riporta in materia di celibato del clero: Joseph Ratzinger e il cardinale Sarah hanno scritto un libro a quattro mani sul tema del celibato obbligatorio per il clero cattolico che esalta i valori del celibato stesso sostenendo che deve continuare ad essere ritenuto consustanziale al sacramento dell’Ordine perché è testimonianza concreta del Mistero della Chiesa. Il libro uscirà a metà mese in Francia e a fine mese in Italia per i tipi dell’editore Cantagalli.
Dissento perché apprendo che non si indica come autore Joseph Ratzinger, ma Benedetto XVI. Errore. Firmare il libro con il nome da pontefice conferisce al testo un’autorevolezza ben superiore ad una firma (pur sempre autorevole) con nome e cognome. Apprezzai quando Joseph Ratzinger – papa in servizio effettivo – pubblicò le sue riflessioni su Gesù e firmò il testo come Joseph Ratzinger, teologo serio, documentato e affermato. Firmarsi come coautore di un testo che affronta l’argomento del celibato con il nome scelto per il supremo servizio pastorale condiziona il lettore, conferisce all’altro autore maggiore autorevolezza, imbarazza il papa regnante.
Dissento perché il testo esce prima del documento di riflessioni conclusive sul Sinodo panamazzonico che il papa sta preparando. Non è solo una questione di garbo, ma di ruolo. Joseph Ratzinger – dimettendosi dal ruolo di Sommo Pontefice - ha compiuto un gesto profetico, coraggioso, paradigmatico, ma sta svuotandolo di significato ogni volta che interviene su temi che riguardano la chiesa ed è assolutamente imprudente pubblicare un testo che affronta uno dei temi affrontato al Sinodo, prima che il papa pubblichi le sue conclusioni. Dovrebbe saperlo lui, dovrebbero saperlo i suoi collaboratori e dovrebbe saperlo anche il cardinale Sarah. Perché l’ha fatto? C’è bisogno di aggiungere confusione alla confusione già in essere? L’ha fatto per mandare un messaggio indiretto al papa? Ha fatto sapere al papa che stava scrivendo questo libro con un cardinale che passa per uno di quelli che dissentono dalla gestione della chiesa di Francesco?
Dissento perché è una presa di posizione indiretta (ma non poi tanto) di potere. Potere che non ha perché vi ha rinunciato “sua sponte”; potere che non deve arrogarsi perché ha scelto – sono parole sue – di “ritirarsi nel silenzio e nella meditazione”. Potere che è la somma tentazione diabolica da cui Cristo fuggì e dalla quale non riescono a fuggire uomini di chiesa che scalano i gradini del “servizio”. Potere che credo Joseph Ratzinger non abbia mai cercato direttamente trescando nel sottobosco della curia romana. Potere che coloro che remano contro il papa cercano di accreditare coinvolgendo la persona di un uomo che fu papa e che ha rinunciato ad esserlo. Potere che, in questo caso come in altri casi in cui è intervenuto da papa quiescente, non è “servizio” alla verità, né rispetto per chi ha il compito di guidare il popolo di Dio.
Dissento, infine, dalle motivazioni esposte che ho letto solo negli articoli che annunciano l’uscita del libro. Joseph Ratzinger esordisce citando sant’Agostino: “Silere non possum” e chiede ai fedeli “…di non lasciarsi impressionare» da cattive suppliche, spettacoli teatrali, diaboliche menzogne, errori di moda che vogliono svalutare il celibato sacerdotale. La possibilità di ordinare uomini sposati rappresenterebbe una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio».
Ratzinger e Sarah si presentano come “vescovi” in “obbedienza sussidiaria” al Pontefice; vescovi che “custodiscono la verità” in uno “…spirito di amore per l’unità della Chiesa” e tengono a precisare che sono lontani da “litigi tra persone, manovre politiche, giochi di potere, manipolazioni ideologiche e critiche aspre che fanno il gioco del diavolo”.
Tralasciando di ironizzare sul concetto di “obbedienza sussidiaria” che non credo che Ratzinger e Sarah abbiano considerato seriamente quando si trattava di indurre al silenzio teologi e vescovi privando i primi dell’insegnamento ed i secondi almeno pesantemente rampognandoli, mi limito ad osservare che definire catastrofe pastorale la possibilità di ordinare uomini sposati è un’iperbole che mi stupisco appartenga al lessico di Joseph Ratzinger perché non solo fa torto allo stile che ha sempre mantenuto, ma anche perché pretende di cancellare con un colpo di spugna almeno dieci secoli di storia della chiesa dove preti, vescovi e papi che presero moglie non furono considerati una catastrofe, ma contribuirono alla diffusione del Vangelo. Mi sembra strano che i due autori dimentichino che nel collegio apostolico Gesù cooptò uomini sposati, che gli Apostoli ordinarono sette diaconi prendendoli fra uomini di buona reputazione e basta (gli Atti degli Apostoli non dicono: “uomini di buona reputazione e celibi”), che nella chiesa cattolica che pretende il celibato esistono preti che furono dimessi dallo stato clericale perché si sposarono, ma che fu loro consentito di tornare ad esercitare il sacerdozio attivamente (su loro richiesta) come gesto misericordioso quando erano in fin di vita senza per questo creare “confusione ecclesiologica e oscuramento della comprensione del sacerdozio”.
Stiamo attenti ad usare le parole perché esse sono pietre, anche nella babele dei linguaggi a cui ci sta abituando la società contemporanea.
Parlare di confusione ecclesiologica significa conferire al celibato un’aurea sacrale che non ha mai avuto, neanche quando è stato solennemente codificato da uomini di chiesa che, arrogandosi il diritto di parlare a nome di Dio, hanno imposto il celibato al clero per ragioni meramente economiche che poi hanno ammantato di spiritualità configurando lo stesso celibato all’unica testimonianza escatologica nella chiesa militante. Confusione ecclesiologica significa che il celibato che molti cattolici si limitano a chiedere che sia facoltativo sia equiparato ai pilastri dell’ecclesiologia cattolica che si chiamano Parola di Dio, Eucaristia, Evangelizzazione.
Affermare che “ordinare uomini sposati porta ad un oscuramento della comprensione del sacerdozio” significa creare confusione concettuale e teologica sul sacerdozio com’è tuttora inteso dai cattolici di rito orientale che non contemplano il celibato obbligatorio per il proprio clero. Se l’ordinazione di uomini sposati oscura la comprensione del sacerdozio, che dire della povertà non osservata (e nemmeno pretesa fra le promesse richieste dal vescovo al candidato al diaconato ed al sacerdozio)? Che dire delle tutele che la struttura gerarchica della chiesa ha vieppiù preteso nei secoli dal potere civile per proteggere sé stessa? Che dire dell’oscuramento della comprensione del sacerdozio che sempre più numerosi fedeli stanno percependo dopo gli scandali morali (non solo sessuali) di cui si sono resi protagonisti proprio i sacerdoti?
“Silere non possum”, ha scritto Joseph Ratzinger. Con l’affetto e la stima di sempre non gli sono grato per non aver taciuto perché il libro suo e di Sarah credo che contribuiscano alla confusione ecclesiologica che denunciano.
Se i pilastri cui quali si regge la nostra Chiesa sono la Parola di Dio, l’Evangelizzazione, l’Eucaristia, sapere che Pastori che hanno occupato o occupano ancora posizioni importanti nella nostra comunità ecclesiale si affannino a scongiurare il pericolo che uomini sposati possano essere preti che annunciano la Parola e celebrano il Mistero semplicemente perché hanno moglie e figli confonde una riflessione sul concetto di Chiesa perché sposta l’attenzione su un dettaglio facendo perdere di vista l’insieme.
I miei lettori conoscono bene la mia posizione sull’argomento dei viri probati su cui si continua a dibattere soprattutto dopo il Sinodo panamazzonico. Ho scritto più volte che mi sembra un palliativo che non condivido, ma che accetto perché potrebbe essere un primo passo verso la facoltatività del celibato del prete cattolico che non può continuare ad essere percepito solo come rigorosamente maschio e perfettamente celibe. E’ il concetto teologico di sacerdozio che va rivisitato e non si può farlo se prima non si affronta con serenità il tema tabù della sessualità. Ma questa è un’altra storia.
Ernesto Miragoli


Lunedì 13 Gennaio,2020 Ore: 21:23
 
 
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