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www.ildialogo.org Le mogli dei preti,di Francesco Cesaro

Le mogli dei preti

di Francesco Cesaro

Mogli, compagne, fidanzate dei preti. Chiamatele come ritenete più opportuno, a seconda della loro posizione non solo personale, ma anche familiare e giuridica. Ci sono, infatti, coppie prete-donna che hanno già celebrato il matrimonio da anni e lo vivono felicemente, altre che stanno maturando il loro cammino verso questo traguardo e si trovano attualmente a vivere il periodo del fidanzamento, altre che convivono per motivazioni che solo loro sanno, altre che si frequentano nella prospettiva di un serio e consapevole progetto di vita. Perciò possiamo parlare in generale di mogli, mi si consenta di non specificare e distinguere ogni volta, identificando con questo termine la figura femminile che accompagna, segue e sostiene la vita dell’uomo che ama e che è prete. E, forse va detto subito, bisogna evitare di giudicare queste donne con termini che suonano come umiliazioni per la loro scelta che rimane ieri come oggi coraggiosa e profetica. Sono donne che hanno scelto di stare accanto ai loro uomini affrontando spesso il giudizio e lo sguardo mordente di tante, troppe persone, hanno subito molte volte anche il disprezzo per essersi prese la libertà (loro dovuta come ad ogni essere umano) di non rinunciare ad amare nella sincerità e verità dei loro sentimenti. Dovremmo stare attenti, dunque, anche alla terminologia che usiamo, perché dietro certe etichette si possono nascondere discriminazioni e giudizi poco umani e per nulla cristiani.
Donne che molto spesso hanno sostenuto i loro mariti quando erano ancora attivi nel ministero, come collaboratrici nella pastorale e nella vita parrocchiale, donando gratuitamente il loro tempo, le loro energie, le loro capacità e spesso anche il loro contributo economico non solo a favore del prete ma anche a beneficio della comunità. Donne che hanno offerto in modo molto efficace il loro contributo nell’ambito della catechesi, della pastorale familiare, dell’animazione liturgica, della gestione economica, accanto ai bambini, agli ammalati, alle coppie di sposi, ai poveri che non mancano mai di bussare alla porta della chiesa. Donne che non cercano i riflettori, che si spendono con generosità, che pur nella modestia loro propria sono insostituibili. Tutto questo, purtroppo, viene facilmente dimenticato o volutamente trascurato, perché la relazione maturata col prete sembra aver messo fuori gioco il loro ruolo ed il bene compiuto. Difatti, il prete che si sposa viene estromesso subito dal ministero per volontà dell’istituzione, e la donna che lo sposa non può più esercitare nell’ambito della comunità alcun ruolo, per la povertà umana e cristiana di chi non sa cogliere il suo contributo prezioso. Sono donne che possono fare ancora molto, perché mortificarle con una censura che non ammette soluzione di continuità? Perché umiliarle con una estromissione che le mortifica nella loro dignità?
Potremmo poi parlare delle coppie prete-moglie che se inserite pienamente nell’ambito diocesano (lui come pastore della sua comunità e lei come collaboratrice pastorale) potrebbero essere innanzitutto una testimonianza vivente di come si possa amare e servire non solo la propria famiglia ma anche una comunità parrocchiale, nella dimensione più autentica della condivisione evangelica che spazia in campi non rigidamente fissati, ma ispirati dalla creatività dello Spirito, sempre inseriti nella comunione pastorale di una diocesi o di una determinata zona pastorale. Se l’istituzione decidesse di rendere possibile, all’interno della Chiesa latina, il ministero attivo dei sacerdoti sposati potrebbe contare anche sulla ricchezza dell’apporto femminile della moglie e della famiglia di questi uomini, che a vario titolo e in modalità personali differenti sono capaci di essere davvero efficaci collaboratori e, innanzitutto, testimoni. Spesso si ipotizza e si riaffaccia il desiderio di riammettere al ministero i sacerdoti sposati ma bisogna anche considerare, nello stesso tempo, la grande ricchezza familiare che loro potrebbero offrire alla comunità cristiana. Sarebbe veramente un modo concreto di vivere la testimonianza evangelica ministeriale che vede tutti, pur nella distinzione dei ruoli, a servizio del Vangelo e della Chiesa.
Francesco Cesaro



Domenica 04 Novembre,2018 Ore: 15:12
 
 
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