- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (1)
Visite totali: (989) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Il Parco della Reggia di Portici,di Carmelo Lombardi

Il Parco della Reggia di Portici

di Carmelo Lombardi

“Carmelo svegliati, presto. Dai, alzati.”
Potevano essere le 23.30 circa di una sera qualsiasi del 1958. Io ero andato a letto un po' prima del solito e non ricordo perché. Angelo, il mio compagno di stanza in una palazzina di via Gianturco a Portici, era invece ancora chino sui libri. Lui era un ragazzo serio, molto studioso, non incostante come me. Per inciso, da allora, non si sono mai interrotti i rapporti di amicizia tra noi due. Ci sentiamo spesso, ci siamo scambiati l’ospitalità (lui vive a Castrovillari, io a Roma), abbiamo fatto, più di una volta, le vacanze insieme all’estero.
Comunque, chi a quell’orario insolito mi sollecitava ad alzarmi era un collega che alloggiava altrove. Era venuto da me perché sapeva che non mi sarei tirato indietro. Infatti, appena fui completamente sveglio, senza sapere il perché, cominciai a vestirmi mentre il mio amico continuava a dirmi di fare presto.
Solo quando stavamo per uscire gli chiesi:
- Ma dove andiamo?
- Ad occupare l'università, mi rispose.
Allora bisogna sapere che durante la seconda guerra mondiale e negli anni successivi erano stati sospesi, data la difficile situazione, gli esami di Stato per l'esercizio della professione. E in quei giorni del 1958 il Ministro della Pubblica Istruzione aveva stabilito di ripristinarli.
Ovviamente il mondo studentesco prese la notizia malvolentieri, cominciando subito ad organizzare la protesta nella maniera più semplice: occupando gli atenei.
Così una trentina di studenti, verso la mezzanotte di quella sera, entrammo nella famosa Reggia borbonica, sede della facoltà di Agraria, all’epoca la più prestigiosa in Italia, scavalcando il cancello e apponendovi una catena con un lucchetto per impedire all'indomani l'accesso al personale e ai professori.
Ci accampammo sulla grande scalinata a destra molto euforici per la riuscita dell’impresa. Ma dopo meno di un'oretta arrivò il maresciallo dei carabinieri, con adeguata scorta, che ci intimò di uscire immediatamente. In mancanza, per intimorirci, disse che avrebbe usato 'argomenti' più convincenti.
Per tutta risposta invece si levò dal gruppo un coro di pernacchie.
Il maresciallo lo conoscevamo bene, per un paio di motivi. Innanzitutto perché aveva una bella figlia la quale, pur frequentando un’altra facoltà, si univa volentieri a noi studenti di agraria quando organizzavamo le feste, tutte all’insegna della goliardia, e soprattutto quella delle matricole, puntuale appuntamento annuale con sfilate per le vie di Portici e serata danzante.
Poi perché una sera, dopo una allegra ristretta festa con abbondanti bevute, io e un gruppetto di amici fummo portati in caserma da due carabinieri in servizio di ronda. Motivo: canti goliardici e ed altre esternazioni rumorose configurati in schiamazzi notturni. Dopo un lungo e duro rimprovero, il maresciallo, incavolato, ma alquanto benevolo, ci mandò a casa con l’obbligo di ritornare in caserma all’alba del giorno successivo. Fummo costretti quindi ad una levataccia resa ancora più dura per le sregolatezze della sera precedente.
Ma proprio in questo consistette la punizione. Infatti all’indomani ci recammo in caserma, dove un carabiniere, a conoscenza dell’episodio di cui ci eravamo resi responsabili, ci fece accomodare in una sala d’attesa. E solo dopo circa un’ora, a nome e con i saluti del maresciallo, ci rimandò a casa.
Tornando all’occupazione, la notte trascorse tra sermoni paternalistici e inviti ad uscire da parte del maresciallo, canti goliardici e velati sfottò ai militi che avevano, con il passare del tempo, assunto un atteggiamento meno intimidatorio.
Il giorno successivo i colleghi non occupanti, eludendo la sorveglianza dei carabinieri, ci fecero arrivare, lanciandoli attraverso le finestre, sacchetti contenenti panini, bibite e sigarette, fino a che, verso le 12.00, ci informarono che l'Orun, l'organismo del coordinamento degli universitari napoletani, aveva deciso, per sopraggiunte altre circostanze, di interrompere la protesta.
Quindi noi dovevamo abbandonare l'edificio.
Sapevamo di aver, con l'occupazione, commesso un reato e che, uscendo dal cancello principale, sarebbero stati inevitabili il fermo e l’identificazione. Per cui decidemmo di dileguarci attraverso una via d'uscita interna che portava nell'annesso Parco della Facoltà. Pioveva a dirotto. Fummo costretti a trovare un po’ di riparo fra i cespugli e la chioma fitta degli alberi, fino a quando la pioggia cessò . Ma alle nostre abitazioni giungemmo ugualmente fradici e intirizziti.
Noi studenti conoscevamo bene tutto il Parco perché lì si svolgevano le esercitazioni di alcune materie, soprattutto di Botanica e di Arboricoltura. In esso poi avevano sede alcuni istituti della Facoltà, come quello di Industrie agrarie, di Estimo, di Anatomia degli animali domestici, di Zoognostica e di Zootecnica con gli annessi allevamenti. E proprio in quest’ultimo istituto, successivamente, io preparai la mia tesi di laurea, consistente nell’analisi della composizione chimica, della digeribilità in vivo e nel calcolo del valore nutritivo a diversi stadi vegetativi, con particolare riguardo al contenuto in lignina e metossile di una veccia coltivata in provincia di Foggia.
Ma oltre per l’impegno di laboratorio, io frequentavo quel luogo con un certo piacere perché nell’istituto svolgeva piccole mansioni di segreteria la nipote di un tecnico contabile. L’avvenente fanciulla, di 15/16 anni, indossava sempre un grembiule nero che metteva ancor più in evidenza la precocità delle ragazze dei comuni circumvesuviani. Precocità che noi studenti eravamo convinti fosse dovuta all’influenza, sullo sviluppo femminile, del famoso vulcano!
Comunque erano piacevolissime le visitine che L. mi faceva nel laboratorio situato al piano inferiore dell’edificio, lontano da occhi indiscreti!
Nel Parco fu anche costruito il Collegio universitario “Giuseppe Medici”, dove io ebbi il piacere di essere ospite per quattro mesi, quando era Preside della Facoltà il prof. Cristinzio, nostro docente di Patologia vegetale. E ricordo anche con piacere l’inaugurazione del Collegio, che avvenne alla presenza dello stesso prof. Medici, importante uomo politico ed economista dell’epoca. Egli era anche nostro docente di Estimo, ma non avemmo mai il piacere di assistere ad una sua lezione perché lui era sempre impegnato in attività istituzionali come parlamentare, ministro (Agricoltura, Tesoro, Bilancio, Industria, Affari Esteri, Pubblica Istruzione) e come presidente di Consorzi ed Enti vari. Era il suo assistente, prof. Chini, che svolgeva il corso di Estimo, adottando comunque l’ottimo testo dello stesso prof. Medici, che io posseggo ancora, autorevole trattato della Teoria e del metodo estimativo, a cui tanti studiosi della materia facevano riferimento, compreso il sottoscritto quando sviluppavo software didattico negli anni ’80 e ’90, oltre che, ovviamente, per la preparazione dell’esame di Estimo all’ultimo anno dei miei studi.
Ma spesso giocavamo a pallone in un campetto improvvisato del Parco, facevamo delle belle passeggiate a contatto della Natura, ammiravamo la grande varietà di piante, soprattutto quelle rare o inerenti ai programmi del nostro corso di studi. In esso ci intrattenevamo anche per trascorrere del tempo libero a chiacchierare tra amici dei più disparati argomenti.
Ma io, legato al Parco, ho anche il ricordo di un piacevole episodio avvenuto quando mancava circa un anno alla mia laurea.
In quell’epoca avevo conosciuto una graziosa ragazza, T., che abitava proprio in via dell’Università. La sorella maggiore aveva piacere che T. si incontrasse con me, ma sempre in sua presenza. E ciò normalmente avveniva di mattina perché le due sorelle, dicendo alla madre che sarebbero andate da una loro zia a Resina, contigua a Portici, non destavano sospetti sulla loro uscita. Ricordo anche gli immancabili sfottò dei miei colleghi che casualmente stazionavano davanti all’ingresso principale della facoltà quando io passavo di lì con le due sorelle!
Un pomeriggio, invece, tornando da una lezione, vidi T. sul balcone di casa sua. Con dei cenni mi fece capire che dovevo tornare indietro e lei mi avrebbe raggiunto.
Inimmaginabile la mia gioia quando, dopo una decina di minuti, vidi T. che veniva verso di me con quel sorriso smagliante che mi aveva sin dall’inizio conquistato.
Il Parco ha due ingressi, il principale in via dell’Università, subito dopo la Reggia. Un altro cancello è ubicato in via della Salute. Di quest’ultimo io avevo la chiave, datami dall’assistente con cui stavo preparando la tesi, perché, abitando all’epoca in via della Libertà, potevo raggiungere il laboratorio in più breve tempo.
Ovviamente io proposi alla bella T. di entrare nel Parco per ammirare ‘fiori e farfalle’. E, attraverso il vicino ingresso principale, vi accedemmo. Era la prima volta che io mi trovavo da solo con la mia adorata T. ‘Guardando un fiore di qua e una farfalla di là’, non ci curavamo che il tempo passava. Tanto che, quando decidemmo finalmente di uscire dal Parco, trovammo il cancello chiuso.
Ci prese il panico, anche perché T. era già in ritardo sull’orario che si era proposto di tornare assolutamente a casa.
Poi, un lampo! Mi ricordai di avere la chiave del cancello dell’ingresso secondario in via della Salute, che si trova però dalla parte opposta di via dell’Università. Ci affrettammo a raggiungere quella via d’uscita. Ma T. tornò comunque a casa dopo che per oltre un’ora la mamma e la sorella erano state inquiete. Mi fu dato di sapere dopo qualche giorno che al suo rientro, in casa ci furono discussioni e agitazione. E seppi anche che ai duri rimproveri della madre si era unita, inaspettatamente, anche la sorella maggiore.
Fatto sta che io, da quell’indimenticabile pomeriggio, ho incontrato T. solo nei miei sogni!



Sabato 19 Dicembre,2020 Ore: 22:12
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 20/12/2020 08.37
Titolo:
Ricordi di gioventù del parco della Reggia di Portici annesso alla facoltà di agraria. L'autore,che oggi vive a Roma, docente in pensione, si lascia andare a una narrazione carica di nostalgia di fatti che sono rimasti nella sua mente e  nel suo cuore di giovane studente universitario proveniente da un piccolo paese del'Irpinia. Duramente provato nell'infanzia dall'essere rimasto orfano  per la morte del padre in Abissinia durante la guerra coloniale, Carmelo Lombardi  ha sviluppato un carattere aperto e gioviale  che lo ha contraddistinto nelle relazioni con gli altri. E' l'esempio vivente che sia possibile rimanere eternamente giovani.    

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (1) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Poesia

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info