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www.ildialogo.org “Perché l'arcobaleno è rotondo?”,di Antonio F. Gimigliano

“Perché l'arcobaleno è rotondo?”

Come gli eventi politici possono aiutare a comprendere i fenomeni naturali


di Antonio F. Gimigliano

2 dicembre 2020. In auto. Riaccompagno da scuola alla loro casa i miei nipotini: Abi, 10 anni, V classe della primaria (la vecchia elementare); Miriam, 6 anni, I classe. Abi, come al solito, taciturno; Miriam, come al solito, parla e parla: dei compagni di scuola, delle maestre, della letterina che deve scrivere a Babbo Natale. A un certo punto, la piccolina, rivolgendosi al fratello: “No, non è vero: anch'io ho visto l'arcobaleno...”. Evidentemente sta riprendendo una discussione avuta con lui ieri pomeriggio, dopo la pioggia della giornata. Le chiedo di dirmi dove e come l'ha visto, dei colori e della forma. Miriam, uno scricciolino di bambina, è un'ottima osservatrice e le parole non le mancano per rispondere alle mie domande...
Mi diverto a mettere alla prova la sua intelligenza e le chiedo: “Miriam, mi sai spiegare perché l'arcobaleno è rotondo?”. Fermo l'auto nella piccola piazzola vicino casa e osservo il visino di Miriam che si concentra prima di rispondere. Chiude gli occhietti, poi li spalanca e seria-seria, tutta compresa della spiegazione che sta per darmi, dice, rivolgendosi a me e ad Abi: “È rotondo perché deve unire due punti della terra”. Mi complimento con lei e, in cuor mio, non posso non riandare indietro nel tempo, a circa cinquanta anni fa… È tardi, però, e la “discussione” sull'arcobaleno deve interrompersi: la tavola a casa sarà già apparecchiata e così non ci resta che scendere dall'auto.
Nel dirigermi verso casa mia, riprendo il filo dei ricordi. Scuola Media di Valenzano, un piccolo paese a ridosso di Bari; anni scolastici 1971/72 e 1972/73. Ero stato immesso nei ruoli della Scuola Media perché già fornito di abilitazione all'insegnamento di Scienze naturali nei licei. Avevo accettato la nomina, dopo tre anni d'insegnamento nei licei, perché comportava una “sistemazione” sicura anche se con qualche disagio (minor prestigio sociale, alunni di età minore, insegnamento della Matematica, …).
Insegnavo in una sola sezione (tre classi). In una II, non mi ricordo bene in quale dei due anni scolastici, avevo fra gli alunni anche il figlio del vice-preside, docente di Matematica e Osservazioni scientifiche in un'altra sezione. Fra gli argomenti previsti per quell'anno c'era anche l'ottica e i fenomeni luminosi. Un certo giorno parlai di Newton, dei suoi studi sulla natura della luce e della scomposizione della luce solare operata dal passaggio attraverso un prisma, così come si verifica nel fenomeno dell'arcobaleno. In classe accompagnavo spesso e volentieri la spiegazione con l'effettuazione di esperimenti, semplici sì ma capaci di suscitare curiosità e interesse. Dell'efficacia didattica avevo una verifica immediata: coinvolgevo direttamente gli alunni nella sperimentazione, ponevo domande, le sollecitavo da parte loro... Di solito riuscivo a rispondere ed a soddisfare le loro curiosità. Ma quel giorno in cui si parlava dell'arcobaleno, un alunno, Lozupone - ricordo ancora il cognome, ma non più il nome - il figlio del vice-preside, dopo aver alzato la mano mi chiese: “Professore, ma perché l'arcobaleno è rotondo?”. La domanda, appunto, rivolta da me alla mia nipotina, dopo circa cinquant'anni da quel giorno...
Rimasi, quel giorno, per un tempo sin troppo lungo in silenzio, a meditare. Non sapevo proprio che cosa dire, come rispondere in modo decente e comprensibile (per me e per i ragazzi che cominciavano a guardarmi perplessi...). E, poi, la domanda fatta dal figlio del vice-preside e riportata al padre, senza risposta da parte mia, avrebbe sicuramente suscitato commenti, malignità, apprezzamenti non proprio favorevoli nei miei confronti... Come me la cavai? Me la cavai? Cercai di realizzare una “ritirata” dignitosa, dicendo che apprezzavo la volontà di capire e approfondire, segnalata da una domanda soltanto apparentemente banale, che al momento non avevo pronta nessuna risposta, che mi sarei impegnato a cercarla nei prossimi giorni, che era opportuno che anche loro si attivassero in tal senso...
La domanda continuò a girare nella mia testa non soltanto quel giorno ma in tanti altri giorni a seguire. Consultai manuali di fisica e meteorologia, enciclopedie generali e scientifiche, libri di testo scolastici. Tutto spiegato bene, invocando le leggi della rifrazione e della riflessione della luce, citazioni storiche, disegni e schematizzazioni efficaci e istruttivi, l'importanza della reciproca posizione del Sole e delle nuvole residue di un acquazzone, il ruolo delle goccioline di acqua costituenti le nuvole, ma... della forma dell'arcobaleno sembrava che nessuno mai si fosse occupato. In qualche testo, però, si accennava all'importanza dell'osservatore, del punto di osservazione del fenomeno: come dire che ognuno vede l'arcobaleno “che gli compete”...
Da qui, imboccai la corretta via per arrivare a una risposta soddisfacente. Ma la vera risposta mi venne dalla conoscenza e dalla riflessione sugli eventi di portata storica di quel tempo. In quegli anni, ormai lontani se non remoti per i giovani di oggi, stava per arrivare a conclusione una vicenda geo-politica e una guerra infinita in Estremo Oriente, esattamente in Vietnam. Gli uomini e i giovani occidentali di allora seguivano con grande partecipazione emotiva i fatti tragici che vedevano come protagonisti principali, in quei luoghi e in quegli anni, gli Stati Uniti d'America e i guerriglieri Vietcong. La conclusione di quella guerra si ebbe in modo formale il 27 gennaio 1973 con la firma di un trattato di pace da parte dei rappresentanti degli Stati Uniti e del Vietnam del Sud, da un lato, e quelli del Vietnam del Nord e del Fronte di Liberazione Nazionale (il governo provvisorio dei guerriglieri Vietcong). In questo modo si pose fine all'intervento americano in Vietnam.
I colloqui preparatori dell'accordo di pace si erano svolti a Parigi tra il 1970 e il 1972: già questo segnala la difficoltà e la complessità delle questioni da affrontare e risolvere. Da una parte c'era la Superpotenza militare/economica per eccellenza e dall'altra un popolo stanco di subire le conseguenze di una colonizzazione bieca e spietata, con le appendici di corruzione e soprusi di ogni genere. I colloqui e la trattativa poterono avviarsi, però, soltanto quando fu risolto, in via preliminare, la questione della “forma del tavolo” attorno al quale i rappresentanti delle parti dovevano sedersi. E non fu facile scegliere la forma del tavolo intorno al quale riunirsi per discutere... Alla fine la spuntarono i Vietcong che, ben convinti di rappresentare legittimamente il popolo vietnamita del Sud, pretesero che il tavolo avesse la forma rotonda per segnalare immediatamente la pari dignità di tutti i rappresentanti. In un tavolo rotondo nessuno è “a capo tavola”!
Perché l'arcobaleno possa realizzarsi è necessaria una convergenza “alla pari” dei raggi solari operata dalle goccioline di acqua verso un unico punto. Queste goccioline, per essere alla “pari” devono trovarsi alla stessa distanza dall'osservatore, che è al centro del fenomeno. Ogni gocciolina presente nelle nuvole opera la rifrazione e la riflessione della luce solare, ma gli effetti di questi fenomeni saranno colti soltanto da chi si trova nella posizione giusta per realizzare nel cielo la forma arcuata.
Nel fenomeno dell'arcobaleno sono protagonisti, potremmo dire alla pari, le goccioline di acqua e l'osservatore. Ecco perché l'arcobaleno diventa “personale”: ognuno vede il suo arcobaleno... Miriam diceva bene a rivendicare per sé la vista dell'arcobaleno. Soltanto due osservatori che si trovano nel medesimo punto vedranno lo stesso arcobaleno.
Queste considerazioni riportai in classe, una volta che avevo chiarito a me stesso come si realizzasse il fenomeno. E dalla forma rotonda dell'arcobaleno partirono, poi, delle osservazioni sulla particolarità di questa forma. E ne ricavammo considerazioni sull'invenzione della ruota, sul perché e sui pregi/difetti dei contenitori sferici o cilindrici, sulla forma delle gocce e dei pianeti, sulla forma delle cellule...
Grazie a Miriam, così, sono riandato indietro di circa cinquant'anni... Mi sono sorpreso nel verificare che la domanda rivolta da me a Miriam è la stessa domanda rivolta a me da un alunno, nei primi anni di insegnamento, che mi mise, nell'immediato, in imbarazzo ma suscitò anche, una serie feconda – per me sicuramente e spero anche per i miei alunni - di ricerche, riflessioni, motivazioni...
 
Antonio F. Gimigliano



Domenica 06 Dicembre,2020 Ore: 12:00
 
 
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Autore Città Giorno Ora
CENTRO GANDHI ONLUS Pisa 07/12/2020 08.40
Titolo:Un racconto davvero suggestivo ed emozionante
L'autore, il prof. Antonio Gimigliano di Mormanno, non è solo uno scienziato, un chimico-matematico, ma anche un dotato scrittore e provetto giornalista, oltre che un implacabile censore della corruzione e un instancabile attivista politico a servizio di ogni causa giusta.

Il suo racconto dell'Arcobaleno è davvero bellissimo, un vero capolavoro, suggestivo per le sue profonde riflessioni geo-politiche estremamente attuali, rivolte non solo all'infanzia, ma anche  agli adulti e agli educatori, nello stile di Gianni Rodari.

Auspico che il successo del breve racconto tra i numerosi lettori del Dialogo lo induca ad altre performance, scavando nella memoria della sua lunga attività di docente, da poter  pubblicare periodicamente sul Dialogo.

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