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www.ildialogo.org LE CHIESE DI FRONTE ALLA RICCHEZZA, ALLA POVERTA’ E AI BENI DELLA TERRA,di Giancarla Codrignani

Segretariato Attività Ecumeniche (SAE) - Assisi, 55° Sessione di formazione ecumenica, 29.07 - 04.08 2018
LE CHIESE DI FRONTE ALLA RICCHEZZA, ALLA POVERTA’ E AI BENI DELLA TERRA

di Giancarla Codrignani

So essere nell’indigenza, so essere nell'abbondanza (Fil 4,12)


Nel ripensamento conclusivo sull’andamento dei lavori, la Sessione ha convenuto che la riflessione di una chiesa che si è sentita indivisa sulle reciproche mancanze e contraddizioni, sulle reciproche strutture e relazioni, ha rappresentato una non nuova, ma sempre più fondamentale analisi dei macigni che abbiamo ereditato dal passato: portati insieme, rotolano via come la pietra dal sepolcro all’alba della risurrezione. Così “l’ecumenismo diventa l’annuncio che, nonostante il corpo di Cristo sia stato diviso, è vivo”, e il Sae si conferma annuncio di risurrezione alle chiese perché riprendano il coraggio di testimoniare insieme il vangelo nel mondo senza scorciatoie. Partendo da sé, nella consapevolezza che il nodo della giustizia economica e della condivisione dei beni è questione di vita o di morte per le chiese e che l’annuncio del Regno dev’essere accompagnato da un imperativo di giustizia sociale, da far valere, innanzitutto, tra i credenti.
“Ricchezza, povertà, beni della terra”: e le Chiese. Piero Stefani cita Thomas Mann e il suo Giuseppe che spiega al Faraone la previsione dei sette anni di abbondanza e dei sette di carestia: un Roosvelt ante litteram che sa che Dio ama i poveri, non la povertà. Non è più la pagliuzza altrui contro la mia trave: non è solo questione dello Ior se parliamo di investimenti o anche di etica. Gesù, citando il Deuteronomio e la remissione dei debiti, implicitamente riconosceva che in società disuguali si fanno i prestiti; ma se “i poveri li avrete sempre con voi”, bisognerà formulare proposte che evitino il cedimento a Mammona.
La problematica è complessa e ambigua: non si può ignorare, ricorda Enzo Pace, che Max Weber evocava Calvino nella sua teoria del capitalismo: il denaro sarebbe dono di Dio e il successo segno di salvezza? Anche la storia del rapporto dell’ebraismo con la dimensione economico-finanziaria appare complessa, essendo aperta - secondo il necessario riferimento alla Torah - all’economia di mercato sia liberale sia solidale: se dio ha lavorato e si è riposato, il lavoro è sacro come la negazione della schiavitù per il popolo che ha sperimentato la servitù in Egitto. Il protestantesimo denuncia la deriva di una “società della prestazione” che snatura il lavoro, rende autosfruttatore il lavoratore e ne causa la depressione psichica: la vecchia dottrina del lavoro come Beruf, la “vocazione” come quella del prete, induce perfino l’avventismo (lo dice il peruviano Hans Gutierrez) a conteggiare il numero dei battesimi come promozionale della fede. Comunque, anche senza sparare con il bazooka contro l’economia, magari recuperando Piketty, un po’ di autocritica va fatta: in fondo, abbiamo creduto che per sempre il reddito da lavoro sarebbe stato superiore al reddito da patrimonio. Intanto il divario tra crescita della finanza e crescita dell’economia è diventato psicopolitico (Quaglio e Becchetti).
Quanto alle Chiese, anche secondo l’ecumenismo della giustizia e della salvaguardia dei beni della terra, ha ragione Simone Morandini: ”il mondo è troppo forte per una Chiesa divisa”, mentre l’attenzione ai valori sociali non deve avere riserve a collocarsi sul piano della salvezza, le chiese del Sud del mondo si dissociano dalla globalizzazione perché se ne sentono vittime. Le chiese ortodosse (Sevastianov e Zelinsky) non sono univoche: i russi (con il 2% dei praticanti) estremizzano e pongono l’alternatica “o la Chiesa converte lo Stato o lo Stato condiziona la Chiesa”, dato che, nella passività generale del popolo russo, nemmeno il monachesimo ricusa il modello capitalistico se è vero che “Dio non vuole disoccupati”; mentre Zelinsky ritiene che questo ragionamento riporta a Teodosio e non ha nulla a che vedere con il Vangelo; tuttavia sarebbe la prima volta che si intende partire dal Vangelo se si fa memoria dell’increscioso fatto che, dopo Gesù, “i servi sono diventati fratelli, ma sono rimasti servi”.
Sarò certamente parziale, ma i lavori dei gruppi e gli interventi non hanno fatto avanzare il terreno delle aspettative e della progettualità, come era da prevedere nelle difficoltà sistemiche di un sistema sostanzialmente malato, ma condizionante chiese e governi, religiosi e laici. Invece Sarah Kaminsky, intervenendo sull’ “Economia femminile nel mondo ebraico”, ha evocato le donne attive nella diplomazia e negli intrighi che stanno da sempre dietro ogni economia: da Betsabea che forse ha costruito strategicamente un bagno sul terrazzo, a Ester, regina, leader internazionale, salvezza del suo popolo, o anche alla scomoda profeta e studiosa Noadiah (cfr. Neemia), alla figlia di Jefte e via via fino alla prima donna rabbina (1935) morta ad Auschwitz e rimasta sconosciuta. Ma non meno esemplare la concretezza operativa della signora a cui, nel IV secolo, a Babilonia, venne negato di bere vino “perché incompatibile con il suo ruolo di madre”: andò in cantina e spaccò 400 anfore…. una metafora per le frustrazioni di tanti riformisti delusi.
L’ultima tavola rotonda della sessione (“Testimoniare il vangelo nelle società delle diseguaglianze economiche”) ha avuto come relatori Erio Castellucci, il vescovo della diocesi di Modena-Nonantola che si è ricondotto al magistero di papa Francesco per sollecitare gli esseri umani a continuare i “segni” di Gesù a favore di tutti, e la pastora battista Lidia Maggi che ha concluso la sessione paragonando la chiesa a una donna che da troppo tempo perde energia vitale, si dissangua nel tentativo di vivere e generare futuro, ma non osa trasgredire, “toccare il mantello” per essere guarita. E’ simile anche alla prima generazione di discepole che sotto la croce osservano sconcertate morire Gesù il cui volto oggi è quello del profugo da guerre e disastri climatici, della ragazza vittima di tratta, del disoccupato senza futuro. Cristo continua a morire crocifisso dal capitalismo selvaggio di fronte a una chiesa afona per omissione colpevole e complice perché non lo ha protetto. In questo eterno venerdì santo testimoniare il vangelo della risurrezione significa «fare seriamente i conti con il nostro fallimento di chiesa divisa tra ricchi e poveri» che ha sostituito la comunità di uguali delle origini.



Mercoledì 12 Settembre,2018 Ore: 21:40
 
 
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