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www.ildialogo.org Riflessioni sul Padre Nostro,di Giorgio Forti

Riflessioni sul Padre Nostro

di Giorgio Forti

Il Padre Nostro- Significato delle parole scelte, nei Vangeli (Matteo 6,7-14, Luca 11,1-4,) da Gesù Cristo per insegnare come pregare.
Dio è il Logos, (Verbo) dell’Universo (vedi inizio del Vangelo di S.Giovanni, 1-14) puro spirito quindi l’Essere del pensiero, ma padre di tutte le sue creature e singolarmente di ognuna, che ama, quindi è personale. E’ dunque la mente di ognuna delle sue creature capaci, grazie alla struttura e le funzioni del cervello, di conoscenza critica: l’unico tra i viventi sul pianeta Terra è Homo sapiens. Conoscenza critica, cioè la capacità di partecipare del Verbo ( Logos, la logica) di Dio, che regge le relazioni di tutto nell’Universo: dalle radiazioni-energia alle particelle elementari, gli atomi, le molecole piccole e grandi, le macromolecole dei viventi capaci di informare la propria riproduzione, in modo preciso e tuttavia con un piccolo errore casuale: un errore /miliardo di eventi informativi, come è stato scoperto dalla ricerca scientifica dal 1958 in poi, dando struttura logica così alla concezione di Darwin e Lamarck dell’evoluzione dei viventi che ci ha consentito di superare l’ingenua descrizione della creazione della Vita che si legge nel Genesi, scritta nella lingua dell’antica Tribù. La logica dell’Universo crea il nuovo con un errore casuale, necessario alla imprevedibilità, e quindi alla libertà di ogni nuovo essere vivente che nasce. Nel caso di Homo sapiens, questa imprevedibilità-libertà determina la struttura di ogni singolo individuo, che diventa poi persona umana grazie alle sue prestazioni funzionali: la capacità di conoscenza sintetica-simbolica, e di linguaggio sintetico simbolico, da cui deriva anche la capacità di giudizio. Infatti, queste proprietà strutturali e funzionali gli permettono di acquisire conoscenze di sé stesso e dell’universo fuori da sé, e di comunicarle ai suoi simili, cioè a tutti gli altri appartenenti alla Specie. I simili a sè sono definiti dalla interfertilità che, mediante la riproduzione sessuale, distribuisce i “fattori ereditari” (i geni, fatti di molecole oggi note nei dettagli della loro struttura e funzione) che determinano queste prestazioni distribuendosi con la statistica degli eventi rari, tra tutti gli appartenenti alla specie umana, tutti dunque “figli di Dio” che partecipano, coscientemente, della sua intelligenza-sapienza. Questi concetti sono alla base delle parole “Padre Nostro”, come le si possono e debbono intendere al livello di conoscenze a cui è arrivata l’Umanità oggi, ma non ai tempi di Gesù. Ma queste nostre conoscenze saranno probabilmente superate dal progresso che la nostra partecipazione della logica dell’Universo, cioè del Dio-pensiero, garantisce.
Le parole che seguono, “ che sei nei cieli”, ci dicono, sempre rappresentando nella nostra mente quel che il linguaggio di Cristo allora esprimeva in modo da essere inteso dagli umani che parlavano la sua lingua (per noi oggi antica) il fatto che il Dio-pensiero-sapienza non può essere localizzato nello spazio che noi vediamo, come ogni altro oggetto materiale, perché non è oggetto materiale: è “puro spirito”.
Sia santificato il tuo nome”: per quanto conosciamo del tuo amore “paterno”, il tuo nome è per noi l’irraggiungibile perfezione: quindi sentiamo di dover corrispondere al tuo amore espresso nella vita che tu, struttura stessa del pensiero e dell’essere, hai donato ad ognuno di noi personalmente, facendoci tutti diversi l’uno dall’altro, nella infinita varietà delle combinazioni di geni e loro ricombinazioni durante la formazione delle cellule germinali (ovuli e spermatozoi negli “animali superiori”, di cui la nostra specie fa parte). Nella primitiva umanità, e fino ad epoche molto recenti rispetto all’inizio della Vita sulla Terra (si ritiene oggi che i primi viventi, unicellulari, siano apparsi circa 4 miliardi di anni orsono; l’Homo sapiens circa 100mila anni fa, con notevole probabilità di errore), istintivamente gli umani avevano terrore delle forze della natura da cui si sentivano minacciati, e le temevano, ritenendole il Dio Terribile che punisce ed annienta coloro che non lo “temono”. Il “timor di Dio” è espressione ancor oggi usata per designare una virtù. E’ evidente che il Dio Padre che ama le sue creature non deve essere temuto, ma amato da chi gli è grato per l’essere vivo, tra pericoli e difficoltà, ma vivo ed in grado di “perseguir virtute e conoscenza”, con la curiosità di conoscere ed amare i propri simili e l’universo circostante, vicino e lontanissimo nello spazio e nel tempo. L’idea cristiana che Dio, che è “nei cieli”, abbia voluto farsi umano diventando Uomo, o Donna, è logica: nei Paesi del matriarcato il Padre Nostro viene recitato al femminile, Madre Nostra. Mi è stato detto detto che alcuni missionari lo fanno, e la cosa mi è parsa assolutamente coerente: essendo “puro spirito”, cioè pensiero-sapienza, Dio non è sessuato, perché la sessualità è il modo con cui vengono rimescolati in modo casuale i geni che determinano la variabilità enorme delle possibili combinazioni, garantendo la unicità di ogni individuo, che diventa persona con le esperienze ed apprendimenti che iniziano durante la gestazione per finire con la morte.
Venga il tuo regno”: il regno dell’amore che genera comportamenti di giustizia, che nelle più evolute delle società umane hanno generato codificazioni delle strutture dei rapporti tra le persone anzitutto, e tra l’Umanità e la Natura che impariamo a conoscere sempre meglio, con la ricerca di come l’Universo sia fatto, e come funzioni. Quindi, le parole “venga il tuo regno” si rivolgono all’imperativo categorico etico: l’essere umano si comporti con amore verso il prossimo, che genera il rendergli giustizia e l’accordarsi tra umani sulla scelta di sistemi di relazione codificati, che tutti si impegnano a rispettare, conservando la libertà di cercare strutture sempre più adatte a risolvere i problemi che la vita associata e l’utilizzazione delle risorse disponibili pone. Considerando i tempi in cui le regole di relazione tra gli umani venivano dettate da un Dio a umani spaventati da lampi e fulmini tramite la parola di un Capo, re o capotribù, e le attuali costituzioni scritte da persone desiderose di instaurare rapporti di pace e giustizia per cessare i massacri che costellano la storia dell’umanità, si può sperare che il “Tuo Regno” sia possibile, anche se ancora lontano.
La frase seguente, “sia fatta la tua volontà, come in Cielo così in Terra” si rivolge alla ricerca della realtà degli eventi, quelli fisici e quelli dell’animo di ogni singolo essere umano e della somma di tutti, che costituiscono la storia del mondo in cui viviamo cercando di capirlo, come è nel pensiero-sapienza, la mente che è Dio, e come si realizza negli eventi naturali ed in quelli delle società umane: la volontà di Dio è la necessità della sequenza degli eventi naturali, solo in parte conseguenza dei comportamenti umani, coscienti o istintivi (istintivi significa dettati dalla struttura genetica dell’animale, prima dell’intervento degli apprendimenti e della cultura). Gesù Cristo, dicendo queste parole, probabilmente interpretava lo scritto del Vecchio Testamento “io sono il Dio che visita le colpe dei padri nei figli per generazioni” significando che se rendiamo il mondo ingiusto e crudele con le nostre azioni e pensieri, queste relazioni ingiuste avranno conseguenze nel sentire e nell’agire per molte generazioni, portando a discordie, guerre, crimini e miseria. La differenza tra “venga il tuo regno” e “sia fatta la tua volontà” sta nel fatto che “venga il tuo regno” è un appello accorato ad ognuno di noi ed a tutta la società umana, mentre “sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra” è la constatazione che la volontà di Dio è la razionale sequenza che è necessità logica degli eventi naturali, e delle scelte umane tra giusto ed ingiusto, vero e falso, delle cui violazioni siamo responsabili in quanto capaci di razionalità morale.
Con “dacci oggi il nostro pane quotidiano” inizia la seconda parte del Padre Nostro, con le richieste che gli umani rivolgono a Dio. Anzitutto, chiedendo che l’ambiente fisico in cui abbiamo da vivere, la Terra, (anche se oggi possiamo intravvedere la eventualità di vivere altrove nell’Universo), ci consenta di procurarci quanto ci occorre per una vita desiderabile: il nutrimento anzitutto, ma anche ogni altro oggetto, strumento o facilitazione che, grazie alla nostra attività ed al nostro ingegno possiamo procurarci: appunto perché queste nostre possibilità sono dovute alle prestazioni proprie del cervello umano di cui è detto nella prima parte del Padre Nostro. Gli umani, dati i progressi delle loro conoscenze e capacità tecnologiche, hanno ora la possibilità di distruggere la vivibilità della Terra, renderla inabitabile: la preghiera comprende dunque la precisa volontà di mettere in atto ogni intelligenza per non sfruttare avidamente le risorse del Pianeta, e considerare la vita delle piante e degli altri animali un bene in sé, non per la soddisfazione di ogni nostro desiderio. Semmai, utilizzare la bellezza ed armonia dell’universo, vicino e lontano, per soddisfare il nostro desiderio da coltivare con sapienza il saper godere della bellezza delle cose che ci circondano.
Alle relazioni di ogni persona con il prossimo e con Dio-Sapienza-Giustizia è riferita la frase “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”: evidentemente per la preoccupazione di Gesù di evitare che la lotta per le risorse della Terra ( e domani di altri luoghi dell’Universo) porti gli umani a violare la giustizia e la fraternità che richiede invece condivisione e collaborazione. “Non ci indurre in tentazione” significa che, nella volontà di acquisire i beni della Terra e dell’ingegno umano per sé, coscienti dei propri mezzi e della propria potenza, gli umani siano tentati di credersi onnipotenti, contro Dio stesso e contro il prossimo (vedi nei Vangeli di Matteo, Luca e Giovanni le tre tentazioni di Gesù, che illustrano questa preghiera a Dio nel Padre Nostro). Ma liberaci dal male conclude la preghiera: il male è quello interiore di ogni umano, e delle società umane che hanno ogni giorno di più, per le accresciute capacità tecnologiche, la possibilità di fare il male, deliberatamente o meno, e di subire quello stesso male che si intende fare al prossimo.
L’insegnamento complessivo del Padre nostro rivela la rivoluzione in corso, ai tempi di Gesù, all’interno dell’Ebraismo, religione che si era evoluta enormemente dalla sua fondazione da parte di Abramo, i suoi figli e nipoti. Basti considerare la legge mosaica rivelata da un Dio che la consegnava ai capi, politici e religiosi, della tribù degli Ebrei tra tuoni e fulmini, scritta su pietra, nella antica lingua della tribù, e l’ebraismo dei tempi di Rabbi Hillel, vissuto circa 50 anni prima di Cristo, che diceva “non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”, mentre la Legge antica parlava di occhio per occhio, dente per dente, scottatura per scottatura come regola di rapporti umani nell’amministrazione di una “giustizia” violenta e nell’esercizio del potere.
La ripresa dell’alleanza tra religione e potere politico è seguita alla conversione al Cristianesimo di grandi masse di cittadini dell’Impero, a Roma ed in tutto il suo territorio. Nel 313, alla battaglia di Ponte Milvo, alle porte di Roma, l’Imperatore Costantino si convertì al Cristianesimo, nessuno di noi saprà mai quanto per sincera fede e quanto per la ragion di Stato, o per la combinazione delle due. Ne è nato il connubio tra potere religioso e potere politico, con le conseguenze che tutti conosciamo. E’ qui rilevante osservare che, mentre per 13 secoli circa, la cultura prevalente nell’Europa ed in tutta la “civiltà occidentale” è stata, in gran prevalenza, la cultura del Cristianesimo in tutti i campi delle attività umane, essa non ha impedito le guerre ed i massacri tra re e popoli cristiani, in nome della Patria, l’idolo più sanguinario che l’umanità abbia mai adorato, sempre unito al vitello d’oro che simboleggiava, nel linguaggio dell’antica Tribù, la ricchezza ed il potere che le è legato. Ben il contrario della applicazione dello spirito del Padre Nostro, e della fratellanza universale che vi sono richiesti a Dio come principi costitutivi del Giudeo-Cristianesimo. Quando, dal 15 secolo è nata in Europa, partendo dall’Italia, la civiltà dell’Umanesimo e poi del Rinascimento, la autorità della Chiesa-Stato, considerandosi depositaria della Verità Assoluta nella persona del Papa e nel suo potere temporale oltre che spirituale, lo Stato-Chiesa si è separato progressivamente dai progressi delle conoscenze umane, opponendovisi a volte con estrema violenza. Guerre e massacri sono continuati, con la partecipazione della Chiesa-Stato di Roma, ed anche quando nel Nord dell’Europa sono sorte Chiese cristiane ribellatesi a Roma, ben presto hanno rivelato le stesse caratteristiche di legame con Terra, potere e ricchezze. Neppure l’avvento del potere del popolo con la Rivoluzione francese, che ha trasformato i sudditi dei sovrani in cittadini con i diritti civili e politici, ha fatto cessare guerre in nome della Patria-Nazione, che ha rivendicato a sé il diritto di disporre a suo piacimento della persona umana, compresa la sua vita in guerra. Guerre e stragi sono continuate con massacri di molto aumentati dai progressi tecnologici delle armi moderne, e peggio ci si deve aspettare per il futuro.
Parola e spirito universalista del Padre Nostro sono certamente per la libertà della persona e l’uguaglianza di tutti gli umani, indipendentemente dall’origine etnica, lo status sociale, e la regione di abitazione, che attualmente definisce le Nazioni in cui è suddivisa la Terra in modo arbitrario e sulla base di un irrazionale atto iniziale di violenza. Sarebbe dunque auspicabile che le Chiese che si ispirano ai principi del Cristianesimo cessassero di riconoscersi in questa o quella Nazione, a cui sempre sono legati interessi economici e di potere politico imposto con le armi.
Nel caso della Chiesa Cattolica Romana, l’avvento di Papa Francesco I ha compiuto un atto assolutamente nuovo nella politica dello stato della Chiesa: il papa ha dichiarato che gli ecclesiastici, a qualsiasi livello di dignità nella gerarchia, debbono sottoporsi alle leggi dello stato in cui vivono, purchè siano civili e condivise dai cittadini anche di diverse filosofie e costumi di vita, per tutto quanto riguarda il diritto penale e quello civile. E’ questa una novità assoluta dal tempo di Costantino imperatore, e come tale induce a grandi speranze.
Tuttavia, occorre che la Chiesa Cattolica (ed i dirigenti di altre religioni, l’Ebraica e l’Islamica per nominarne due) faccia il passo decisivo: accetti di considerare uguali i sessi in cui gli umani si dividono, come tutti gli altri animali e piante superiori, ed a cui è affidata la riproduzione, imprevedibile e quindi libera, della enorme variabilità entro la Specie e tra le Specie viventi. Questo, nella pratica della vita religiosa, dimostrerebbe che la Chiesa riconosce il valore del progresso delle nostre conoscenze su come l’Universo è fatto e come funziona: ricomponendo definitivamente la separazione, reciproca, tra religiosità e progresso delle imprese dell’ingegno umano in tutti campi.

 

 



Martedì 14 Luglio,2020 Ore: 18:06
 
 
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