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www.ildialogo.org IL VANGELO DI GIOVANNI,di Giancarla Codrignani

IL VANGELO DI GIOVANNI

di Giancarla Codrignani

La “questione Giovanni”, da sempre interna alla lettura dei Vangeli è nota e anche il profano non lo confonde con i sinottici. Ma quale è il senso di questa “diversità”?
L’associazione laica di cultura biblica Biblia ha rinnovato il problema, riscoprendo l’autore dell’operazione teologica, necessaria ai suoi tempi, per una lettura non solo narrativa della vita di Gesù. Anche chi studia volentieri le questioni filologiche, cerca di sopperire con la buona ermeneutica alla scarsa passione di ricerche che, senza contestualizzarle, non offrono risposta al desiderio di capire il significato per noi oggi.
Nonostante le fisionomie distinte di Matteo, Marco e Luca, la storia del Cristianesimo sarebbe stata altra - e forse non sarebbe stata - senza l’intervento interpretativo di Giovanni. Che poi l’autore sia l’apostolo, si identifichi con il “discepolo amato” o sia un altro maestro, importa relativamente: la sua interpretazione risulta fondamentale. E fondante.
La dottrina di Gabriele Boccaccini (Università di MIchigan/Usa) e di Marida Nicolaci (Facoltà teologica di Palermo) hanno sostanziato le giornate di studio non solo con la competenza specialistica, ma con un’impostazione dottrinale orientata alla compensione storica e alla contestualizzazione di un evento religioso come la nascita del Cristianesimo che, nato dalla scoietà ebraica e immediatamente entrato in conflitto, doveva trovare un assetto dottrinale che autenticasse il significato di quello che in Giovanni è il pane della vita, la luce del mondo, il buon pastore, l’Adamo ubbidiente venuto a portare il perdono all’Adamo disubbidiente.
Giovanni intriga fin dal Prologo, dove il Logos è ebraicamente la Parola ma non esclude la Sapienza (la Santa Sophia dell’ortodossia) e non è semplice interpretare il “chi sei?” iniziale: quale figura messianica, quale figura reale, un nuovo Mosé, quale figlio dell’uomo, quale figlio di Dio. La cronologia dei “segni” che Giovanni ordina forma sistema. Sui “segni”, che Paolo Ricca ama chiamare “epifanie”, l’elenco stesso indica il valore simbolico ancora nostro: l’acqua convertita in vino, i pani condivisi, il cammino sulle acque, le guarigioni (il Signore è padrone anche del sabato), la resurrezione di Lazzaro (l’ora è arrivata), la lavanda (e non la cena: sei con il Signore non quando celebri, ma quando servi il prossimo), fino alla croce, ultimo segno, innalzamento, risposta a Pilato sulla verità. Gli interventi conclusivi del pastore Ricca sottolineano anche, anzi particolarmente l’importanza teologica dei “dialoghi”: da Nicodemo a Tommaso (il “mio Signore e mio Dio” della complicazione teologica), ma anche con il Padre e con se stesso. Tuttavia fondativo della missione è l’incontro con la Samaritana, come fondativo della Chiesa è quello con Maria Maddalena: Dio non lo possiamo privatizzare né in un popolo né in una chiesa.
Giovanni, il Riformatore, ha operato lo stacco dall’ebraismo (il cieco nato viene espulso dalla sinagoga), valorizzato la gerarchia (Pietro arriva secondo al sepolcro, ma Giovanni lo aspetta per farlo passare), Gesù è diventato “il Risorto” e ha trovato la sua identità relazionale, come dirà Agostino, tra l’amato, l’amante e l’amore.
Un seminario davvero notevole: Biblia non si smentisce.



Mercoledì 12 Settembre,2018 Ore: 21:53
 
 
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