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www.ildialogo.org Le tentazioni del bene e del male,di Padre Aldo Bergamaschi

8 marzo 2020
Le tentazioni del bene e del male

di Padre Aldo Bergamaschi

Omelia pronunciata il 15 marzo 1981
Matteo 17, 1-9

Questa trasfigurazione, di cui dobbiamo accettare la verità fidandoci dei testimoni che ad essa hanno assistito e messa in atto da Cristo, più che un miracolo è uno strumento pedagogico di fondamentale importanza per l'equilibrio psichico e religioso dei discepoli. La felicità per un cristiano non può mai essere un ideale deve soltanto essere un risultato. Ecco perché ho detto che è uno strumento pedagogico per evitare ai suoi discepoli degli squilibri psicologici e soprattutto religiosi. Ammesso sempre che il cristianesimo sia una religione.

Se voi date a un bambino per merenda una fetta di pane integrale rischiate di produrre in lui il mal di stomaco, se invece, voi deponete su questa fetta di pane uno strato di marmellata, lo avete aiutato a mangiare con entusiasmo. Pero correte il rischio di vedere il vostro Pierino che si pappa la marmellata e getta il pane. Ecco la tentazione del Tabor che sono solito chiamare la tentazione del bene. La tentazione del male sarebbe questa, nell'esempio: chiedere il pane quando si ha fame, passando attraverso mani illegittime; la tentazione del bene è questa: usare il pane ricevuto da mani legittime definalizzandolo. Ecco la cosìddetta tentazione dei bene: definalizzare gli strumenti. Il godimento rischia di trovarci sempre pronti ad annullare l'impegno.

Passiamo a un'altra esemplificazione, la prendo dai miei ricordi di scuola. Quando ero ragazzo, avevo un compagno che prendeva sempre quattro come media. Non è per questo che io mi considerassi più geniale di lui o più intelligente di lui, vediamo la diagnosi. Non disturbava neanche durante le lezioni era soltanto assente, era altrove, a lui interessava poco quella lezione. Un giorno il maestro perde la pazienza e al termine delle solite reprimende esce con questa domanda fatidica: Si può sapere perché vieni a scuola? Ci siamo sentiti fare anche noi forse quella domanda. Il mio compagno si chiuse in un silenzio ostinato. Nessuna risposta. Poi terminata la lezione si confida con me e con alcuni amici: Ma io vengo a scuola per giocare a lippa con voi durante la ricreazione.

Il gioco della lippa lo fanno ancora i ragazzi, si prendeva un pezzetto di legno si facevano le punte ai due estremi poi con un altro pezzo di legno più lungo, si batteva su uno di questi estremi, si otteneva un piccolo effetto, un primo effetto, che il legnetto si alzasse da terra poi si vibrava un altro colpo con il pezzo di legno, se si era bravi lo si prendeva a metà e lo si lanciava a una certa distanza ed era più bravo colui che riusciva a fare la distanza maggiore. "Io vengo a scuola con voi per giocare a lippa". Questo ragazzo aveva capovolto i finalismi. D’accordo, se il maestro non fosse venuto col fischietto a chiamarci a lezione, saremmo rimasti lì tutto il giorno anche noi, ma di fronte al richiamo del maestro anche se in maniera non espressa, si capiva benissimo che la ricreazione era funzionale allo studio. Invece per quel ragazzo lo studio era funzionale alla ricreazione. Ecco un esempio di definalizzazione.

Voi mi direte: ma il passo della trasfigurazione dove va a finire, non perdiamolo mai di vista. S. Pietro che vuole giocare a lippa anche lui, vuole fermare Cristo nell'aia del Tabor, quando invece Cristo aveva programmi di salvezza. Badate, io ho sempre pensato con una specie di angoscia alla possibile rivolta antifinalistica del mondo minerale vegetale e animale. Immaginiamo che i mattoni, quelli che mi stanno sopra la testa, dicessero: siamo stanchi di stare qui, ci piacerebbe fare una passeggiatina fino a Sassuolo per vedere come son fatte le ceramiche, è legittimo per un mattone avere un'aspirazione come questa, e poi immaginate che questi mattoni dicessero una volta arrivati a Sassuolo, però non si sta male qui, facciamo qui la nostra dimora. Vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere.

È evidente che ci sono finalismi impressi, ma non ve ne è alcuno che non debba essere accettato. Dobbiamo accettare di avere l'altezza che abbiamo e il colore della pelle che abbiamo. Dobbiamo accettare di essere donna o di essere uomo. Nessuno può aggiungere un centimetro alla sua altezza. Alla sua statura. Mi pare che sia un'altra frase di Gesù. Possiamo solo cambiare noi stessi e i nostri rapporti. Gesù conosce solo due parole: metanoia, agape, due sole cose e mette lì la perfezione dell'uomo.

E adesso portiamo il discorso sul sesso sulle nostre radici, dal quale dipendiamo. Si, perché è la tentazione più grossa, la prima, quella che è vicina al nostro essere. L'amore materno è un finalismo che noi riconosciamo obbiettivamente essere nella donna? Una scrittrice porta è l'esempio della madre di un famoso scrittore francese, il cattolico: Jean Guitton, colui che ha scritto un profilo di Paolo VI. Questa donna ha detto: Accanto alla culla del mio piccolo tesoro ho sacrificato tutto quello che amavo, letture, ore di studio, tutto quanto riempiva la mia vita di una volta. Poi ecco la frase pesante. Non vorrei mai avere delle figlie perché affermando la loro natura, (sottinteso la loro natura di donna), darei soltanto loro una occasione in più per soffrire della mediocrità della esistenza.

Io come credente mi metto le mani nei capelli, non perché non ravvisi in questa donna un dramma, nel quale sono pronto a immedesimarmi, ma perché sto vedendo lo scivolo dei finalismi che stanno cadendo. Sto vedendo Pietro là sul Tabor! Facciamo qui tre tende, che vuol dire: mettiamo una barriera alla redenzione. Domande: il desiderio della maternità è desiderio alienato o richiamo finalistico? È lo strumento della oppressione? Il sesso riconoscete di averlo ricevuto e di doverlo finalizzare o di doverlo vivere per sé stesso? Quale è la scelta esistenziale che più realizza e che meno aliena? Castità, son d’accordo è un ideale presentato dal cristianesimo propter regnum! Ma neanche quella va vissuta per sé stessa. Uso del sesso in sé chiuso, ahimè sarebbe la morte, oppure uso del sesso finalizzato? Non si vogliono più bambini per essere donne realizzate. Questa sarebbe una menzogna che la natura e la civiltà giuoca alla donna, per inserirla in questa specie di corvea.

Donne sta a voi rispondere. Voi sentite come tutti i bambini si sentano raggelare l'anima, perché qui si dice che non si vogliono più bambini per essere realizzate. Si diceva la donna si realizza nella maternità, "no" vi rispondono. Ecco i mattoni di cui vi parlavo. Se si tratta di una scelta volontaristica della donna, di volere condiviso con l'uomo l'universo dei figli, non ho pregiudiziali aprioristiche contro questa nuova visione delle cose, se vi è sotto dell'altro, allora temo di ravvisare la tentazione del Tabor.

L'uomo, in quanto maschio, vorrebbe escludere qualsiasi finalità al suo gesto sessuale, senza gesti finalistici, quindi cadrebbe la vocazione alla paternità. Noi bambini e adulti, dovremmo in questo momento diventare rossi di bruciore e di sconforto. Saremmo il risultato di una qualche follia inattesa. L'uomo sarebbe una sorpresa per la donna e non sarebbe una progettazione, perché la progettazione fatta da lei sarebbe quella di Pietro: facciamo qui tre tende godiamoci il sesso per sé stesso. In questa ubriacatura narcisistica, voi capite, l'invito della Bibbia a moltiplicarsi, a coltivare, a dominare l’universo perdono qualsiasi significato. E l'altro, il bambino è escluso radicalmente dall'orizzonte dell'esistenza. Facciamo qui, nel godimento del sesso le tende della stabilità e stronchiamo a Cristo il viaggio verso Gerusalemme, verso la fatica della redenzione.



Domenica 08 Marzo,2020 Ore: 22:44
 
 
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