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www.ildialogo.org La maggioranza non è mai criterio di verità,di padre Aldo Bergamaschi

24 novembre 2019
La maggioranza non è mai criterio di verità

di padre Aldo Bergamaschi

Omelia pronunciata il 20 novembre 1977
 
Luca 23, 35-43


Oggi celebriamo la festa di Cristo Re. Se Gesù stesso non avesse adoperato la parola re, diciamo l'aggettivo, avrei un certo orrore nell'applicare la parola re alla Sua persona. Fu Egli stesso a rifiutare quel titolo perché quel titolo è carico di troppe oscurità. Allora Re sì, ma Re come sostantivo, non più come aggettivo. Re sì, ma “non di questo mondo”. Un Re che mette sull'alt tutte le altre regalità legittime o illegittime che siano, perché tutte ingiuste sono.

Spero che non vi sia sfuggita la lettera di Paolo: Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa. Probabilmente Paolo aveva già fiutato in giro nella Chiesa, un mucchio di gente che voleva fare il capo. Paolo vuol dire: attenzione, a tenere ben distinto il capo, “umano” e il capo vero che è Lui, e resta Lui al di sopra dei capoccioni che lo volessero diventare. Se il discorso prende questa piega, potremmo trovarci d'accordo a dire che Egli è Re. Re per contrastare dunque tutte le altre regalità.

E adesso facciamoci la domanda: la Chiesa che per il tramite di Pio XI dice che da oggi 1925, celebriamo la festa di Cristo Re, vuole con questo affermare la potenza storica del proprio capo, e di riflesso la potenza storica del proprio gruppo, oppure è un ricordare alle potenze terrene che ci sono dei limiti oltre i quali vi è la tirannide, oltre i quali vi è la sopraffazione? L'annullamento del divario tra storia e verità, questo è il discorso che i comizianti non riescono più a fare. Se con la festa della regalità di Cristo Re, si vuol dire questo, allora sono pienamente d'accordo, e sono d’accordo anche che questa festa i cristiani l'hanno celebrata dalla loro origine, non hanno aspettato l'anno 1925.

Attenzione, dunque, che oltre taluni limiti, abbiamo l'annullamento del divario tra storia e verità, e guai al giorno in cui si dovesse smarrire codesta distinzione. Allora precisiamo: quando nel 1925 Pio XI istituì la festa, diede l'alt a un certo strapotere statale, il quale però, quattro anni dopo, nel 1929, andò al Concordato mangiando rospi su rospi e facendone mangiare, naturalmente sopra un altro piano, non v'e dubbio. Quando siamo a queste trattative, sul piatto certo c'è il pezzo di carta, ma nella realtà ci sono i rospi; e più bravo è colui che riesce a farne ingozzare qualcuno di più all'altro, ma riuscendo ad ottenere la benedizione in quanto potere legittimo.

Certo non mi accordo né con i cristiani che hanno fretta di fare dei patti, né con quegli altri che hanno delle perplessità o che non vogliono farli, perché l'altra parte è molto ambigua. Non è questo il punto. Il cristiano deve essere sempre sospettoso, non conta che l'altra parte sia atea o che si proclami teista, è il fatto in se stesso che va contro tutta la prassi di Gesù, contro tutto il suo insegnamento, perché Gesù Cristo a patti non è venuto con nessuno.

La Chiesa a sua volta, in quanto istituzione, rischia la chiusura in quanto eccelesia, chiamata a risolvere il problema della fratellanza, chiamata a unificare gli uomini nell'amore, per dir loro che la salvezza non è solo di la, ma la si conquista facendola prima di qua, perché venendo a patti voi dovete ritirarvi soltanto su questo ambito. E le potestà terrene lo concederanno sempre, è quello che vogliono: perché lo spazio del dominio deve essere tutto loro, ma guai a voi se contrastate questo spazio per averlo sul medesimo piano, voi stessi sareste nell'errore. Allora ecco perché Gesù si sottrae alla qualifica di re quando lo vogliono eleggere tale. L'ironia sublime di Gesù.

Ma in altra sede Egli istituisce la ecclesia, poteri legittimi o no, afferma che Lui, in barba a tutti i poteri, a tutte le legislazioni, a tutte le potenze, a tutti i controlli, ha una strana capacità, quella di fare entrare nel Suo regno un delinquente comune, un ladro. Gesù dichiara che ha questo potere inaudito quali che siano le chiusure o le potenze o le capacità di controllo del potere civile o militare che sia, Egli vi dice: ecco io vi salvo un delinquente comune, un ladro.

Abbiamo l’obbligo di chiarire, perché questo ladro apre gli occhi sulla verità, oserei dire quello che diceva Simone Weil: ... egli vede finalmente nell'altro Dio stesso. Grande conquista del ladrone, mentre le autorità politiche e religiose di tutte le speci credono di essere loro, o di impersonare loro la verità, perché poggiano il loro potere sulla istituzione così chiamata democratica, dove è la maggioranza che lo dice. Ma in casa di Cristo no, ma neanche in casa di Aristotele, scusate, in quanto pensatore, la maggioranza non è mai e poi mai criterio di verità.

Il buon ladrone, aveva visto un piccolo traffico intorno alla croce, quando qualcuno aveva inchiodato quel famoso cartellino che vediamo in tutte le croci sul capo di Cristo con la sigla INRI, Gesù Nazareno Re dei Giudei. Questo ladro avrà pensato: ma il galantuomo che ho qui vicino avrà un regno da qualche parte, come vorrei andarci anch'io, cosi non avrò più bisogno di rubare per avere un pezzo di pane.

Qui è giusta una notazione per quei cristiani che si colorano, ora di destra, ora di sinistra, facendo a gara con questi aggettivi e vorrebbero farmi credere che Gesù si sarebbe schierato dalla parte degli emarginati, o con la parola fatidica, dalla parte dei poveri, dei diseredati dei condannati della società opulenta. Puntualizziamo: dal punto di vista spirituale no, non me la fate credere, Gesù il classista non lo ha mai fatto. E allora non è Gesù che si schiera dalla parte dei ladri o del ladro al singolare, non allarghiamo troppo questi casi che sono emblematici come i ladri giuridici, i ladri che contravvengono il giure, il diritto, che riconoscono di essere fuori strada di fronte alla verità che sta loro accanto.

Ma i ladri sociali? No quelli lo manderanno in croce, Cristo. Di ladri sociali - ne abbiamo già parlato - ve n'é uno nel Vangelo di nome Zaccheo, quindi mettiamo il discorso in ordine sul piano logico. Bene, dal momento in cui i due aprono gli occhi, è possibile con loro fare una ecclesia. La Chiesa io la immagino con delle persone che si sganciano dalla delinquenza giuridica, e soprattutto dalla delinquenza sociale, più difficile da ammettere perché tutti lo siamo in qualche misura.

Il rischio costante della Chiesa è proprio quello di tentare una mediazione fra due delinquenze, senza magari riflettere sulla propria, perché anche colui che vuol fare da mediatore ha le zampe dentro al sistema. Per togliere le zampe dal sistema bisogna andare su una croce; lì, a mezzo metro dalla terra almeno, allora solo si potrà parlare, allora si diventerà salvatori e non solo mediatori. Ebbene questo è il rischio se per caso la Chiesa, appunto, esamina essa stessa in quanto istituzione. Certo, coloro che la manovrano sono più responsabili degli altri che sono manovrati, siamo sinceri, hanno le radici dentro un’area storica, in genere l'area del più forte: chiedendo di mettere i Crocefissi nelle scuole, di far dire ai bambini le preghiere prima della lezione, di far delle leggi contro il divorzio.

No, la Chiesa, queste richieste, mai e poi mai patteggiando, le deve chiedere all'autorità di qualsiasi tipo. Andrà a finire che anche col demonio si potrà patteggiare tutto questo, e il demonio concederà il Crocefisso nelle scuole, certo, perché potrà lavorare meglio a devastare le coscienze. Ecco il pericolo che incombe su una celebrazione falsa di Cristo Re.

 

 

 



Domenica 24 Novembre,2019 Ore: 17:24
 
 
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