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www.ildialogo.org Giustizia quaggiù, non salvezza lassù,di Padre Aldo Bergamaschi

17 febbraio 2019
Giustizia quaggiù, non salvezza lassù

di Padre Aldo Bergamaschi

Matteo 6, 17 . 20-26
Pronunciata l’11 febbraio 1980
Mentre leggevo il testo di S. Matteo stava dentro di me manifestandosi una specie di polemica con la devastazione interpretativa che abbiamo fatto di queste beatitudini. Il punto che mi meraviglia è che non c'è mai un riferimento al cosiddetto povero storico. Beati i poveri in spirito: questa specificazione è tremenda. Gesù parla di ricercatori dello spirito, non poveri come li intendiamo noi, non quelli, guai a noi se fossero beati. Vedete che non viene mai fuori l'accenno a quella che é la cosiddetta miseria storica, perché quella non può essere mai una beatitudine. Chiudiamo rapidamente il discorso perché è molto infuocato e molto polemico.
La Chiesa continua a canonizzare alcuni dei suoi figli presentandoli come esempi di vita cristiana. Voi mi direte: ma lei ha qualcosa da obbiettare a questo? No, tutto giusto, ma lasciamo sospeso un momentino il discorso perché vedremo in chiusura come bisognerà poi voltare la pagina. Il mondo laico invece si domanda come si può essere santi senza credere in Dio. Non è possibile essere santi se non si crede in Dio. Eppure dobbiamo domandarci perché il mondo laico, o diciamo chi é fuori dall'orbita cristiana, ostinatamente cerca invece di trovare una santità che non abbia nulla a che fare con Dio.
Farò l' esame, di un autore, morto da un decennio credo, per capire che concezione egli ha della santità. Un autore conosciuto, si chiama Camus, l'autore de La Peste. Molti di voi avranno letto quel romanzo, se romanzo si può dire, e avranno anche letto altre opere di questo autore che é sulla scena della modernità. Camus si applica al problema più importante della coscienza moderna, come vivere con un orientamento e con integrità in un mondo senza Dio, in un mondo cioè dal quale si é tolto Dio. Perché questa preoccupazione? Perché ciò che va oltre questo mondo è tradimento di questo mondo. Voi sentite la vecchia obbiezione: il credente si occupa dell'altro mondo e abbandona questo. Perché chi crede in Dio non riesce a risolvere i problemi di questo mondo? Ecco la domanda e anche la risposta. Camus si orienta su quella ricerca: perché coloro che credono in Dio non riescono a risolvere i problemi di questo mondo. Adesso abbiamo capito per lo meno l'impostazione del discorso. Santità sì, ma finalizzata alla giustizia qui e non alla salvezza lassù. Ecco il problema che travaglia la coscienza di queste persone.
Vediamo come risolve questo dramma Camus, in un suo romanzo dal titolo I Giusti, dove troviamo un certo Calaviev, rivoluzionario russo del 1905, che uccide il Granduca Sergio, poi accetta di morire perché sa che il suo gesto, pure necessario alla Russia, ha infranto la solidarietà e così si riunisce alla sua vittima e ai suoi fratelli. Secondo Camus, la solidarietà, per essere tale, deve essere universale. Universale vuol dire che vi deve attingere anche il cattivo, e fin qui siamo in area cristiana. Per questo egli indica la via della morte all'uomo che ha derogato alla solidarietà con l'omicidio. Per cui per evitare di fare dell'omicidio un sistema, Camus comincia a rifiutare il concetto di rivoluzione sovietica.
Già qui i sui amici non videro chiaro in lui, dissero che non era di sinistra, ma egli si rende conto che per evitare di fare dell'omicidio un sistema e di cadere nel nichilismo, per affermare il valore in nome del quale ha agito, l'uomo in rivolta non può che dare la propria vita in cambio della vita che é stato costretto a togliere alla comunità degli uomini. Ecco lo schema etico-teologico di Camus per sanare il contesto sociale: per fare la giustizia bisogna togliere la vita a qualcuno. Sentite le istanze della lotta di classe: occorre dare la propria vita per dimostrare che si é agito per necessità e non per interesse proprio. Nella concezione di Camus, Stalin certamente avrebbe dovuto uccidere tanti milioni di persone, ma poi per dimostrare che la sua causa era pura e che egli aveva agito per necessità, per dare alla Russia la giustizia, avrebbe dovuto suicidarsi, cosa che non è accaduta. Allora, é possibile lottare per la giustizia senza che un giorno o l'altro venga sacrificato al proprio io tutta la realtà, o senza che il proprio io diventi il criterio di azione?
Ecco allora l'impostazione del discorso: è possibile essere un santo senza Dio? La giustizia si potrebbe vedere nella visione di Camus uccidendo tutti quelli che la inceppano. Per esempio uccidendo tutti coloro che in Italia fanno dei traffici illeciti, di più tutti coloro che nell'anagrafe tributaria hanno un reddito personale superiore a tante cifre. É crudele tutto questo, ma pure nella mentalità di molte persone, questa è la concezione sociale. Certo il mondo va male, perché c'é qualcuno che lo fa andare male, su questo non vi è dubbio.
Dunque Camus si orienta per questa scelta, l'uomo qui è intelligente, voi lo vedete, da un lato capisce che la santità ci deve essere, ma senza Dio perché la santità del credente in Dio non riesce a fare la giustizia a livello comunitario. Dobbiamo alzar le mani e dire, purtroppo è così. Quindi si esaurisce tutta questa santità nella soggettività e nell'agire dentro al quadro del sistema, di onestà personale è pieno il mondo fuori e dentro il cristianesimo, ma l'onestà collettiva non esiste da nessuna parte. Ecco perché Gesù non è venuto a sollecitare i singoli per salvarli, ma è venuto a sollecitare i singoli per fondare l'ecclesia, perché soltanto l'unione fra i credenti può risolvere il problema della giustizia.
Ma attenzione, non l'unione mistica, non l'unione nella preghiera, ma l'unione là dove si gioca la giustizia, perché di sodalizi di credenti è pieno il mondo a tutti i livelli, a livelli di confraternite religiose, di associazioni politiche o semipolitiche: ma là dove si risolve il rapporto fra capitale e lavoro, e mi scuso se lo ripeto per l'ennesima volta, là non vedo nessuno, là non esistono ancora delle unioni fra credenti. Allora in questa situazione non resta che la santità personale, la quale però non basta, Gesù, precisiamo, non propone la uccisione dei cattivi, sa che ci sono, sa che sono la causa della ingiustizia nel mondo, ma Egli propone la unità dei “buoni”. Questa è tutta la scoperta, questo é l'uovo di Colombo, di tutto il messaggio cristiano, cioè: una unità che risolva il rapporto primario dell'esistenza, perché tutte le altre unità, ripeto, sono ambigue, già esistono nel mondo, non c’era bisogno che Gesù venisse al mondo.
Gesù, non ne dubito, sarà stato un bravo falegname, ha lavorato per vent’anni, avrà fatto pezzi richiesti con il minimo di spesa senza rubare un centesimo ai suoi clienti, ma quella onestà era soltanto singola ed era inserita in un mondo profondamente ingiusto, era inserita dentro il mondo capitalistico. Ad un certo momento lascia quel tipo di lavoro da singolo e fonda la ecclesia, luogo ideale e pratico in cui i credenti, unendosi fra loro nel rapporto di lavoro, si amano come Gesù ha amato i suoi. E questo in tutti i settori dell'esistenza, compreso quello primario.
Adesso capisco, caduta la ecclesia e formatasi la cosiddetta civiltà cristiana, non resta che celebrare le virtù dei singoli perché la istituzione è intoccabile. Volete che vi faccia un esempio? Prendiamo San Vincenzo de Paoli, certamente il santo della carità noto a tutti noi. Quest'uomo si occupa dei poveri di Parigi, poveri prodotti dal sistema, poi addirittura va nelle galere, non solo nelle galere in senso proprio, ma anche in quelle che una volta erano galere nelle navi con dentro gli schiavi. Pare che un giorno ne abbia visto cadere uno sotto il peso del remo e san Vincenzo de Paoli lo abbia sostituito.
Voi direte che di fronte a lui noi siamo dei vermi, una persona che ha questo coraggio indubbiamente va messo sull'altare. Ma nei secoli successivi ecco l'interpretazione: S.Vincenzo de Paoli si è fatto santo aiutando gli schiavi, ma non ha detto una parola contro il sistema che produceva quella schiavitù. Voleva dire che non agiva per fare capire che mettere degli schiavi dentro alle galere, farli remare in quel modo, era una cosa cattiva. Dunque questi signori rispettavano la santità personale e dalla santità personale deducevano che era cosa buona la istituzione che sosteneva questo apparato.
Gesù non dice mai ai suoi discepoli imitate questo o quest’altro, fa l’elogio nel testo evangelico di Giovanni Battista, ma non però per imitarlo. E allora voltiamo pagina, Gesù dice: Siate perfetti come il Padre che sta nei cieli. Da qui - e termino - le beatitudini sono un alfabeto col quale i cristiani debbono ancora scrivere i poemi più belli del cristianesimo.



Domenica 17 Febbraio,2019 Ore: 15:25
 
 
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