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www.ildialogo.org Prima di tutto la nostra conversione,di Padre Aldo Bergamaschi

Prima di tutto la nostra conversione

di Padre Aldo Bergamaschi

15 luglio 2018
 
Omelia pronunciata il 16 luglio 2000
Marco 6, 7-13

Voi direte cosa ci sia da dire dopo la lettura di questo vangelo, c’è purtroppo molto da dire, perché qui se voi notate siamo all’origine della divulgazione del messaggio cristiano. Se questo è il paradigma, cosa è accaduto lungo i secoli? Come si è divulgato invece il messaggio cristiano?
La mia tesi è che purtroppo ormai siamo in una specie di palude, dove cioè il cristianesimo si è trasformato in una religione come tutte le altre religioni, quindi, con tutti quei difetti che sono costitutivi della religione stessa. La cosa più grave è che il messaggio cristiano non è più la salvezza degli uomini, non lo è di fatto e purtroppo non lo è di principio, perché quello che dovevamo predicare è diventato ormai una formula e ci troviamo nella situazione che tutti deprechiamo, ma che nessuno di noi riesce a tirarsi fuori.

Scusatemi, ma quando le cose vanno male si cerca un colpevole: fino a 15 anni fa la colpa era del comunismo, adesso che il comunismo non c’è più, si dice che la colpa è dell’ateismo e di tutte queste forme parallele che mostrano una forma di ateismo. Le cose vanno male perché noi siamo malati, Gesù non va in giro a dare colpe, né manda i suoi discepoli a dare delle colpe, li manda a guarire questi poveri disgraziati che erano posseduti dai demoni, aggravati da malattie dovute alla caduta del peccato originale, su cui noi portiamo il nostro peso successivo. Li manda a cacciare i demoni, a ungere di olio gli infermi e guarirli.

Per coloro che fossero interessati a questi problemi, voglio fare notare come i testi evangelici sono delle testimonianze, non dei testi storici. Ecco un esempio piccolo: S. Marco, che è un evangelista, discepolo di Pietro, ma che probabilmente non ha seguito Gesù, fa dire a Gesù che l’apostolo deve andare con il bastone, non prendere nulla per il viaggio, né pane, né bisaccia ecc. S. Matteo, che si riferisce al medesimo episodio, dice invece che il discepolo non deve portare il bastone. Allora, quale sarà il vero pensiero di Gesù? Cercherò di darvi una soluzione, che non sarà definitiva, nel senso che resta sospeso il fatto di sapere di preciso che cosa Gesù ha detto. Si desume il pensiero generale, si vuol dire che il discepolo di Gesù, l’apostolo, non va in giro come vanno in giro i propagandisti delle altre religioni o con dei prodotti da vendere.

Come mai un evangelista dice che possono prendere il bastone e l’altro invece no? E non si sa di preciso che cosa Gesù abbia veramente detto. La spiegazione che prescinde dal sapere con esattezza quale è l’indicazione, ma che ci fa capire il pensiero generale di Gesù, lascia sospeso il discorso. E questo è un caso piccolo, ma ce ne sono dei più grossi con i quali non voglio turbarvi ora la coscienza. Badate che chi vi parla crede che Gesù sia Dio, però l’accesso al Vangelo va fatto con questa precauzione, cioè a dire, che i vangeli sono delle testimonianze non sono dei testi storici.

S. Matteo dice che il discepolo va senza bastone, perché Matteo scrive il suo vangelo per gli orientali. Nella mentalità orientale - e si vede anche da tutta la raffigurazione artistica - il bastone è sempre in mano al padrone. Chi ha il bastone in mano è colui che comanda, e Gesù non vuole assolutamente questo, quindi il Vangelo è rivolto agli orientali ed è l’interpretazione di Matteo che dice che chi va in giro con il bastone ha l’aria di essere il padrone imponendo le leggi. Questo è il motivo per cui Matteo dice: niente bastone. Il discepolo deve avere l’apparenza di un mendicante senza essere un mendicante, ed ecco la proibizione della bisaccia. Tutte queste proibizioni sono in funzione di quell’ambiente dove il bastone, la bisaccia, o il danaro erano simbolo di qualcosa che il discepolo di Cristo era venuto a rivoluzionare e non poteva diventare il simbolo della novità evangelica.

Vi racconto un episodio accaduto all’epoca di S. Francesco e S. Domenico. Voglio citare S. Domenico perché non lo ritengo dal punto di vista della tecnica, della novità evangelica, all’altezza di S. Francesco, perché S. Domenico si mette al servizio dell’istituzione, mentre S. Francesco si mette al servizio del Vangelo, e non è il caso di parlarvi di come S. Francesco si sia convertito ascoltando questo passo nella forma di Matteo.

Siamo attorno all'anno 1220 e S. Domenico stava predicando in una zona dove c’erano molti eretici, nella zona della Francia meridionale verso Tolosa. Come adesso, le autorità ecclesiastiche promuovevano delle dispute, e decidevano la loro sorte; il Vescovo della zona vi prende parte con i suoi cavalli, le carrozze con tutto il seguito, i simboli dell’episcopato e così via. S. Domenico si rivolge al vescovo suo e dice: Eccellenza, ho l’impressione che se vogliamo convertire gli eretici, dobbiamo percorrere un’altra strada, bisogna che noi andiamo a questo convegno scalzi, vestiti poveramente, senza le insegne del potere.

Mentre si addentravano nella zona, si presenta un eretico il quale sotto false spoglie chiede di indicargli la strada per portarli al convegno. S. Domenico accetta e questo eretico insegnò loro una strada sbagliata. Il vescovo e tutta la corte, S. Domenico e i suoi frati, scalzi, incominciarono ad entrare in un bosco. Ora, tra le spine delle castagne e dei pruni, cominciarono a sentire sgomento e il vescovo si lamentava. Allora S. Domenico gli rispose che era l’unica strada per potere dialogare con gli eretici: noi abbiamo molte colpe e quindi dobbiamo scontarle con questa penitenza e dobbiamo essere umili pronti a tutte le sofferenze.

Dice il cronista che quell’eretico che li aveva deviati a un certo punto si butta in ginocchio confessando il male fatto e convertendosi. S. Domenico confermerà al vescovo che quella era le sola strada per convertire gli eretici, e non quella di fare dei convegni e di imporre la propria autorità, perché abbiamo molte colpe e su quelle, prima di tutto dobbiamo portare la nostra attenzione.

Ora dovrei fare l’applicazione all’epoca nostra. Domenica scorsa abbiamo avuto la questione dei gay, come debbono comportarsi i cristiani per essere in ordine con il precetto evangelico? Tutti predichiamo la conversione, ma prima di tutto dobbiamo convertirci noi; questo è il mio dramma, prima di tutto la nostra conversione, dare un esempio chiaro di come dovrebbe essere l’interpretazione del messaggio di Gesù Cristo. Questo purtroppo è il punto debole del cristianesimo.

Chiudo ripetendovi che ormai siamo caduti al rango di religione e non riusciamo più a tirarci fuori. Beati coloro - io miseramente sono su questa linea - che cercano di capire che cosa veramente il cristiano deve fare in quei tre ordini di peccato che si espande in tutto il mondo: sesso, danaro, potere. Non si scappa, è perfettamente inutile sognare di avere le Chiese piene e trovare delle gherminelle degli apostolati per riaggregare la gente, che vedo molto pericolose, e sarebbero fenomeni religiosi, secondo me gravissimi, che allontanano dalla conversione. Dicevo a dei fratelli di Geova: guardate, so quello che devo fare, e piuttosto chiedo a voi come avete risolto il problema del sesso, del danaro e del potere; a quel punto scappano via. Io so dove sono debole, ma voi che volete criticare, ditemi come avete risolto questi tre problemi, e io andrò con chi li avrà risolti, bisogna essere uniti in nostro Signore Gesù Cristo.



Sabato 14 Luglio,2018 Ore: 17:42
 
 
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