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www.ildialogo.org Dal Dio creduto al Dio incarnato,di Mario Mariotti

Dal Dio creduto al Dio incarnato

di Mario Mariotti

Con più passano gli anni, e più la vita si complica, e certi problemi, piuttosto che chiarirsi, si complicano in modo tale da apparire quasi insolubili. Io sono anni che rifletto su quell'espressione dello spirito umano che viene chiamata preghiera; su questo argomento ho già scritto tante cose, però non riesco ad arrivarci in cima. Cosa di più naturale, normale, fisiologico per lo spirito umano del pregare? La realtà che circonda l'uomo é complessa; in essa il mistero é ancora più che presente, la sorte riserva ad alcuni un destino e ad altri un destino diversissimo dai primi, anche solo per quanto riguarda il modo di accomiatarsi da questo mondo, che per certuni é una specie di improvvisata, e per altri un calvario dolorosissimo, che a volte dura quanto la vita stessa.
Ecco allora che l'uomo proietta i propri desideri, le proprie paure, le proprie speranze in questo mistero; si crea un proprio Dio; lo immagina padrone del proprio destino; si trova davanti alla diversità dei vari destini e si trova spinto a pregare perché il proprio soprattutto, e poi anche quello degli altri, sia benigno favorevole, positivo. Ed ecco la incontrovertibile realtà che una delle più comuni espressioni dello spirito umano sia proprio la preghiera. Tutti pregano, tutti, soprattutto in certi momenti critici, pregano; ci sono anche coloro, come i monaci, che ne fanno lo scopo principale della loro vita. Anche gli agnostici, e persino gli atei, si trovano a volte a pregare, esprimendo il desiderio dell'esistenza di un Dio nel quale razionalmente non credono, ma del quale desidererebbero l'intervento per soccorrere certe situazioni che, per chi é aperto alla compassione, straziano lo spirito.
Questa la realtà che ci dimostra la nostra esperienza; questi però anche i problemi che sottendono a tale espressione dello spirito umano che io penso tutte le religioni abbiano catturato, e della quale abbiano fatto la base portante, la testata d'angolo di loro stesse, della loro esistenza: a ognuno il suo Dio; a ognuno il suo Dio da pregare.
Primo problema, quello teologico, il più astratto e profondo: la preghiera condizionerebbe la volontà di Colui che, per definizione, é Amore incondizionato, e quindi non condizionabile. Si verrebbe a configurare la situazione che colui che prega é più buono di Colui che viene pregato, il quale modifica la propria volontà e interviene dove, in un primo momento, dimostrava di non voler intervenire.
Secondo problema, che attiene all'empatia, al sentimento, all'emotività: Dio é Padre creatore, e un Padre, come ogni padre, fa tutto il possibile per le proprie creature senza bisogno di essere pregato; e questo semplicemente perché le ama, perché le ama tutte, perché il Suo amore per loro, in un certo senso, Lo rende loro ostaggio. Questa é una realtà tanto semplice che dovrebbe essere accessibile a tutti; ed invece é la più ignorata e contraddetta proprio dalla preghiera, che ignora la gratuità dell'amare.
Terzo problema: tutti si affannano a pregare, tutti si ingegnano per trovare formule efficaci e significative; vengono messe a punto liturgie complesse; si cerca in ogni modo di compiacere l'Altissimo; ma arriva il Signore e mette in buca tutti: la vera preghiera é fare la volontà del Padre, e questa volontà é che noi ci amiamo fra noi come Lui ci ama. Non preghiera a Dio, ma servizio all'uomo, e a tutti i viventi
del creato, oggetti di un Amore che ha bisogno di noi per arrivare a noi.
Altro problema: il fatto che alcune preghiere verrebbero esaudite ed altre no produce una differenza di trattamento fra coloro che il Padre dovrebbe ugualmente amare. Salta il primo attributo di Dio, di Yavé il Giusto; e anche questo non funziona, non va.
Altro problema: tutta l'esperienza storica e la realtà attuale dimostrano l'inutilità della preghiera, la sua inefficacia. Chissà quante preghiere dai vagoni ferroviari che portavano gli Ebrei, ammassati come animali, verso i campi di sterminio; chissà quante preghiere prima che nelle camere a gas di Auschwitz il Ciclon-B arrivasse a portare la morte; chissà quante preghiere dalle madri di quei 20mila piccini che ogni giorno noi oggi lasciamo morire per omissione di amore incarnato!
Dio è infinitamente buono; Dio ci ama sempre e comunque noi Lo preghiamo; la realtà l'ho precedentemente descritta. Questa strada non incontra la bontà e l'onnipotenza, ma solo un terribile silenzio, quello di Dio. E ancora: tutta l'esperienza storica e la realtà attuale dimostrano che l'amore di Dio per noi passa per le nostre mani, quando noi Lo incarniamo e lo indirizziamo verso i nostri fratelli e le altre creature della terra dei viventi.
I 20mila piccini oggi muoiono per omissione di solidarietà; essi oggi non sono 40mila per incarnazione di solidarietà. Lo Spirito incarnato da noi costruisce il Regno; lo Spirito rifiutato da noi genera l'inferno. Dio, allora, non va pregato, ma incarnato; ed é il Signore stesso a dirci che quando noi amiamo e condividiamo, siamo Lui che opera attraverso di noi, che siamo noi a dare corpo, esistenza, vita a Dio, e a renderlo operativo per portare il necessario e la gioia ad ogni vivente.
Come superare, allora l’enorme contraddizione esistente fra la realtà che la preghiera fa parte delle espressioni dello spirito umano, che essa fa parte della naturalità dell'uomo, e l'esistenza di tutti quei problemi che portano coloro che riflettono a considerarla un negativo, una alienazione che noi tutti, anche sulla parola del Signore, dovremmo superare? Io non riesco a venire a capo di questa contraddizione. Secondo me, quando il Vangelo dice che Gesù si ritirava a pregare, Lui stava riflettendo in sé stesso essendo una cosa sola col Padre.
Dato che l'incarnazione passa per l'uomo, e lui si evolve in sensibilità, profondità di comprensione, coerenza di comportamento, forse é questa nostra ricerca nel profondo di noi stessi ciò che dovrebbe riempire il concetto di preghiera. Se io poi mi ritrovo a pregare, lo faccio sempre per tutti e mai per me solo.
E al1ora mi viene di pensare che la sintesi potrebbe essere questa: dobbiamo aprirci alla compassione, amare, condividere, cercare i modi e gli strumenti per rendere efficace l'amore, impegnarci infine perché esso arrivi a tutti gli esseri umani e a tutti quanti i viventi, i minimi inclusi. Facendo questo, staremo incarnando quello Spirito che, attraverso di noi vuole portare amore, consolazione, pace, il necessario e la gioia a tutte le creature.
Dobbiamo rinascere dalla preghiera a Dio all'incarnazione di Dio. É una partita dura......
Mario Mariotti



Sabato 14 Dicembre,2013 Ore: 16:51
 
 
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