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www.ildialogo.org GENNAIO: UN MESE DEDICATO ALLA PACE E ALL’UNITA’,di Maria Teresa D’Antea

GENNAIO: UN MESE DEDICATO ALLA PACE E ALL’UNITA’

di Maria Teresa D’Antea

Gennaio è un mese veramente ricco di appuntamenti impegnativi, tanto sul piano operativo quanto su quello speculativo, cioè della conoscenza e dello studio. Un mese in cui i laici, non solo i consacrati, sono invitati a ricordarsi che ciascuno di noi è una piccola missione (definizione non mia, ma non ricordo a chi attribuirla). Come piccola missione, non possiamo stare fermi, ma muoverci, prima di tutto verso Dio, per valutare quanto siamo affidati a Lui e solo a Lui. In parole povere, per capire di quanti carati sia la nostra fede. Muoversi poi verso se stessi, per mettere a fuoco obiettivi concreti e raggiungibili. Incamminarsi infine verso gli altri, per renderci conto se ce ne sentiamo fratelli di fatto oppure a parole. A gennaio si comincia, esattamente il primo del mese, con la Giornata mondiale della Pace, purtroppo soffocata dai botti dei tappi di spumante e dagli scoppi dei fuochi d’artificio, ingenui rituali collettivi per procacciarci le illusioni di un domani migliore. Un domani veramente migliore invece potremmo conoscerlo se ci impegnassimo di più contro le ingiustizie economiche (famiglie impoverite e senza lavoro), contro le violazioni dei diritti umani elementari (bambini senza sussistenza alimentare adeguata, senza farmaci, senza istruzione), contro la proliferazione delle armi e delle guerre, causa di povertà, fame, morte ed escalation dell’odio.
La Giornata mondiale della Pace dovrebbe sollecitare in ogni piccola missione quale noi siamo tutto questo. E forse ci riesce, secondo me, perché il meccanismo dell’identificazione nell’altro è molto comune e tutti ci sentiamo spinti a donare di fronte all’indigente, a consolare di fronte al sofferente, a pregare per chi è lontano e non può essere raggiunto dal nostro soccorso immediato. La piccola missione opera nel piccolo con il volontariato spontaneo e con quello organizzato, ma può agire in grande, diventando planetaria, con la forza della fede e della preghiera. Per questo il Vicariato del Mare della nostra diocesi ha organizzato per sabato 19 gennaio una marcia e una veglia di preghiera per la Pace nel duomo di Orbetello, guidata dal vescovo mons. Giovanni Roncari.
Non ne facciamo un rituale solo esteriore, ma aderiamo all’invito con la convinzione che le fiaccole vere non saranno quelle portate in mano, ma quelle accese per autocombustione spontanea nel nostro cuore, grazie alla fede in Chi la preghiera dei figli l’ha sempre ascoltata, anche quando a noi sembra di no. Impariamo, nelle marce per la pace, ad essere figli in ascolto timoroso e fiducioso della voce dell’unico Padre. Impariamo a rendere sommessa la nostra voce per salvarci dalla superbia e attenuare i toni tribunizi di quanti credono solo in se stessi, come papa Francesco insegna, avendo cominciato una grande rivoluzione proprio a partire dal tono amabile della sua voce. Più amabilità, meno conflittualità, meno odio, meno guerre: da quelle familiari, così rancorose e feroci, a quelle dei popoli, così sadiche e sanguinarie.
Per tutte le sollecitazioni che ci offre, gennaio è il mese più adatto a cominciare il cammino di un anno nuovo col piede giusto, un piede che si mette in marcia per la Pace, quella vera, a tre dimensioni: pace con se stessi, con l’altro, con Dio. Pace dinamica, non statica, perché è sempre a rischio, a causa delle umane fragilità. Pace di conquista, perché richiede lotta quotidiana, silenzi, macroscopici rospi da ingoiare. Pace bella, perché è la sola ad avvicinarci al Volto di Dio che con i salmi ogni giorno invochiamo di vedere.
In questo mese con tante promettenti opportunità, c’è anche la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che ci ricorda un passato di lotte fratricide da purificare costantemente col sentimento del perdono reciproco. Questa settimana, chiamata anche ecumenica, va dal 18 al 25 gennaio. E’ preceduta, il 17 gennaio, dalla Giornata per il dialogo ebraico-cristiano, perché con i nostri fratelli maggiori, gli Ebrei, come Giovanni Paolo II li definì, possiamo ritessere, dopo secoli di assurdo disprezzo, rapporti di amabile fraternità. Inframmezzati con queste iniziative, ci sono anche tanti incontri di dialogo interreligioso con i fratelli musulmani, perché insieme impariamo a tenerci lontani dal fanatismo religioso e dall’integralismo.
Certo, a giudicare da come ci siamo comportati tra noi, pur credendo in Cristo Gesù nelle diverse confessioni religiose, c’è da arrossire di vergogna e da scandalizzarci. Tuttavia lo scandalo si attenuerà se riusciremo a riflettere che anche la storia di ogni nostra vita privata non è mai un esempio di virtù, esattamente come la storia dei popoli e dei gruppi religiosi. In quest’ottica ci renderemo anche conto di quanti rospi abbiamo fatto ingoiare, come figli degeneri, al Signore nostro, Padre unico di tutti.
Maria Teresa D’Antea



Giovedì 17 Gennaio,2019 Ore: 12:42
 
 
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