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www.ildialogo.org Un episodio che leggo su facebook mi spinge a riprendere parola,di Augusta De Piero

Un episodio che leggo su facebook mi spinge a riprendere parola

di Augusta De Piero

17 novembre 2018 - Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autrice che ringraziamo, dal suo blog: diariealtro.it/?p=6215
Leggo su facebook che cinque anni fa l’avv. A. K. durante un processo fu appellato da un collega come ‘ebreo querelante’. Dopo cinque anni il Tribunale ha deciso che il comportamento di quel collega fu lecito.
Al di là del caso, la cui notizia circola su facebook, ripresa da molti e anche da me come segno di solidarietà, ciò che mi preoccupa – oltre il fatto specifico -è il clima in cui quella sentenza è caduta.
L’uso della parola ‘ebreo’ per rivolgersi a una persona ha suscitato comprensibile fastidio semplicemente per il fatto di essere usata in un modo che mi sembra di capire arrogante e percepito come carico di intenti denigratori.
Era necessaria? nessuno che mi saluti si sognerebbe di dirmi ‘buon giorno signora bianca’ o ‘buongiorno signora italiana’.
Perché quella parola è stata usata? In quale clima è caduta?
Il richiamo a un’origine con particolari caratteri culturali o somatici che la distinguano sta assumendo caratteristiche denigratorie e pericolose. E io ho paura.
I negozi spesso mettono cartelli del tipo: prodotti provenienti dall’Italia, alimenti esenti da glutine, tessuti di prodotti naturali o che so io per indicare la positività di quei prodotti, suggerendo nel contempo che altri prodotti, privi di quelle caratteristiche, abbiano un sentore di negatività.
Immaginiamo il trasferimento di quelle cose alle persone.
Durante il fascismo i negozi esponevano cartelli che ne indicavano la non appartenenza ebraica o il divieto di     ingresso ad ebrei.
Al tempo dell’aggressione alla Libia (1911) il ‘mite’ poeta Pascoli pronunciò il famoso discorso “la Grande Proletaria si è mossa”. Nazionalista e interventista affermava che l’espansione coloniale costituiva per l’Italia l’opportunità di mostrare alle altre nazioni il proprio valore e la capacità di saper proteggere i propri figli non più costretti a una emigrazione necessaria per salvarli dalla fame ma, essendosi mossa la grande proletaria «ha trovato luogo per loro: una vasta regione bagnata dal nostro mare, verso la quale guardano, come sentinelle avanzate, piccole isole nostre; verso la quale si protende impaziente la nostra isola grande; una vasta regione che già per opera dei nostri progenitori fu abbondevole d’acque e di messi, e verdeggiante d’alberi e giardini; e ora, da un pezzo, per l’inerzia di popolazioni nomadi e neghittose, è per gran parte un deserto».
Dall’Italia alla Libia … e se invertissimo la direzione del movimento?
E, a proposito di guerre coloniali, arriviamo alla aggressione all’Etiopia (1935) di cui solo molto tardi furono rivelati gli orrori a un’Italia distratta.
Credo che sarebbe opportuno fare attenzione a quanto fu fatto per trasformare la guerra coloniale in un fatto positivo, quasi privo di violenza. Un esempio interessante: la canzone (ancora ben nota) “faccetta nera”.
Ho recuperato l’immagine di una cartolina che veniva inviata dai ‘conquistatori’ alle famiglie a casa. Ho scoperto che queste cartoline sono ancora in vendita come oggetti da collezione. Solo per il pregevole disegno o il messaggio che contengono o anche per altro?
Non mancò la propaganda riservata ai bambini, moderata da indicazioni benefiche, dove la beneficenza indica un rapporto univoco dall’alto in basso, estraneo alla possibilità di costruire rapporti umanamente reciproci.
Mi accorgo che ho usato il termine ‘moderare’ che spesso mi viene indicato per stimolare un mio miglior comportamento almeno verbale da chi ritiene sia bene non disturbare chi condivide la cultura diffusa dalla Lega, direttamente o tramite adepti variamente distribuiti. E quando me lo dicono spunta la parola ‘consenso’ da assicurarsi non irritando. Però mi irrito io e continuo.
Mi spiace ma l’idea che ognuno stia al suo posto, cacciato se invade quello altrui o, se il consenso tanto suggerisce, tollerato con la concessione di una carezza – o da una insolita pratica di benvenuto – non mi va.
C’è un posto, tranquilli italici benpensanti, che nella nostra confortante inciviltà resta sempre ben fermo:  c’è chi deve nascere fantasma a norma di legge e le cui mamme e papà non potranno mai dirsi tali. Nel linguaggio della legalità non esistono, possono rifugiarsi nei buoni sentimenti molto nascosti perché quel bambino nato in Italia ma figlio di migranti irregolari, se esibito potrebbe condannarli all’espulsione .
Chiedo: quel bambino legalmente ignoto potrebbe essere sottratto ai genitori non essendoci documento che registri il rapporto di filiazione (legge 94/2009 art. 1 comma 22 lettera g)?
Cominciamo ad attrezzarci per un Natale nuova maniera assicurando i fedeli turbati dalle indicazioni della cultura che si va affermando che Gesù aveva un nome legale, glielo aveva assicurato suo padre Giuseppe se , prima di rifugiarsi in Egitto, aveva fatto in tempo a registrarlo come dovuto.
Se non ne aveva avuto il tempo la sua omissione rientra in una sicura prescrizione o no?



Domenica 18 Novembre,2018 Ore: 16:34
 
 
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