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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org DANIELE COMBONI E I SUOI MISSIONARI DI FRONTE AL PROBLEMA DELLA SCHIAVITU' DOMESTICA E COMMERCIALE NEL SUD SUDAN (LA TERRA DEI NERI),A CURA DI CARLO CASTELLINI

DANIELE COMBONI E I SUOI MISSIONARI DI FRONTE AL PROBLEMA DELLA SCHIAVITU' DOMESTICA E COMMERCIALE NEL SUD SUDAN (LA TERRA DEI NERI)

A CURA DI CARLO CASTELLINI

LO STILE DI IERI E I COMPORTAMENTI DI OGGI: DIPLOMAZIA E POLITICA DA UNA PARTE E DALL'ALTRA LO SPIRITO DEL VANGELO. L'ESEMPIO DI DANIELE COMBONI.
Di fronte all'ininterrotto stillicidio di notizie sugli sbarchi di immigrati, in genere africani, che dopo tormentate attese in alto mare per un'accoglienza dignitosa presso i nostri porti, ho provato ad indagare quali sono stati in passato gli atteggiamenti di funzionari di stato, di consoli, di governatori, inglesi e arabi, nelle zone del SUD SUDAN, specie nel periodo coloniale (governato allora dall'EGITTO e dall'INGHILTERRA), di fronte al problema degli schiavi e della loro liberazione, quando aspiravano ad una migliore condizione di vita. Il giornalismo nostrano non ha tempo né voglia di approfondire e si accontenta di fornire alcune notizie generiche o di agenzia; poiché adesso, come allora, la maggior parte si sottometteva alla volontà del CONSOLE O DEL GOVERNATORE; ma anche a ROMA, PROPAGANDA FIDE stessa, si nascondeva dietro un linguaggio politico e diplomatico che di evangelico non aveva neppure l'ombra. Ma DANIELE COMBONI non si rassegna(1875), e preferisce per i suoi missionari impartire consigli di natura non diplomatica. (Carlo Castellini)
LA PAGINA STORICA CHE FA CHIAREZZA.
Tutti s'accorsero che esisteva una differenza fondamentale fra la schiavitù cosiddetta domestica. Che era poco diversa dal lavoro servile in Europa e la TRATTA, cioè le razzie nei villaggi del Sudan meridionale e il trasferimento dei negri verso l'EGITTO o il MAR ROSSO, dai cui porti erano trasportati nei mercati del MEDIO ORIENTE. Era appunto la tTRATTA che suscitava ORRORE.
Ma questa era diventata un'industria della deportazione e del crimine non senza complicità europee. Inoltre era stata facilitata dall'elevato tasso di conflittualità esistente all'interno del mondo tribale africano, dove da sempre, il vinto, era ridotto a forme di servitù coatta dal vincitore.
Da tale situazione nascevano la disponibilità ambientale e l'abbondanza di offerta che tenevano alta la domanda da parte egiziana.
LA SCHIAVITU' AFRICANA aveva insomma caratteristiche proprie, che la rendevano completamente diversa da quella AMERICANA. L'atteggiamento prevalentemente umanitario della Società antischiavistica non colse queste differenze. I missionari stentarono anch'essi ad orientarsi. Ma vivendo stabilmente in mezzo alla gente compresero più e meglio degli altri la complessità del problema.
Inoltre essendo vietato il proselitismo tra i musulmani, GLI SCHIAVI erano i loro unici, veri interlocutori, il che rafforzava le ragioni di interesse nei loro confronti, anche al di là dei motivi umanitari. Al CAIRO, scrive STANISLAO CARCERERI, “gli istituti cominciarono ad attuare il PIANO DI COMBONI, la
REDENZIONE DELL'AFRICA PER MEZZO DELL'AFRICA, (mi viene in mente per contrasto il Piano Marshall moderno con cui si vorrebbe iniettare negli Africani di adesso speranze positive perchè ce la possano fare, N.d.r.) prendendosi cura dei neri, cioè degli schiavi, perchè “quella degli schiavi è la sola e la vera condizione civile” dei neri.
Naturalmente con mille precauzioni, perchè i loro movimenti erano attentamente sorvegliati. L'opera iniziò con gli ammalati, ai quali più nessuno badava, e con i ragazzi abbandonati, le uniche categorie di persone che si potevano avvicinare senza destare sospetti, accreditandosi piuttosto come “uomini giusti e buoni”.
L'OPINIONE GENERALE:POCO PIU CHE UNA BESTIA.
Continua il CARCERERI:”Tutti gli infermi abbandonati di cui avemmo notizia furono accolti e curati nei nostri istituti. La più parte morirono, ma qui morendo trovarono quella felicità che che essi non avrebbero saputo domandare”.
In questo modo cominciarono a combattere l'OPINIONE GENERALE che vedeva nel nero “poco più che una bestia”, un selvaggio incapace di istruzione e di educazione, indegno della civiltà e della vita umana”. A combatterla prima di tutto nei neri, convinti anch'essi della loro irrimediabile inferiorità”.
Perchè l'effetto più perverso del sistema schiavista è che esso non abitua soltanto il PADRONE a sentirsi naturalmente superiore, ma anche lo SCHIAVO alla propria ineluttabile sottomissione.
DANIELE COMBONI, si esprime al riguardo senza nessuna illusione:”Dalla mia lunga esperienza sugli schiavi rifugiati in missione, posso concludere che quattro quinti di essi, attesa la loro convivenza e contatto coi musulmani, sono viziosi, ladri, guasti e corrotti e non offrono nessuna speranza di conversione, e finiscono quasi sempre col rubare anche in missione, non vogliono punto lavorare, commettono azioni vituperose, sono di scandalo agli altri, finalmente, o fuggono essi stessi, o sono cacciati via dalla missione. Solo un quinto di essi corrispondono alle cure della missione, e presentano fondata speranza di conversione alla vera fede”.
Bisogna partire da questa realtà di fatto per comprendere l'audacia e la genialità dell'idea del Comboni. Pensare di redimere l'africa con l'Africa voleva dire proporsi di CAMBIARE LA CULTURA DI UN INTERO CONTINENTE con un materiale umano interamente da costruire, abituato a rimanere inerte e passivo in qualsiasi circostanza della vita, fatalisticamente rassegnato al proprio destino, qualunque esso fosse. Neppure le sciagure suscitavano un moto di reazione.
Durante la tremenda SICCITA' che devastò il SUDAN nel 1878-79, e provocò un incredibile numero di vittime, COMBONI osservò che il FATALISMO ISLAMICO e l'ESTREMA IGNORANZA dei poveri negri, abbrutiti sotto il peso della schiavitù, è una delle precise cagioni per cui l'affamato stesso non bada punto alla sua sciagura, alle sue miserie, alla sua fame, alla sua sete, alle sue privazioni, alle sue malattie, e ai pericoli della sua vita. E meno ancora vi fa attenzione la società dei suoi fratelli africani, dominati dalla superstizione del fatalismo in mezzo ai quali vive.
IL FATALISMO CHE UCCIDE E FRENA L'EVOLUZIONE.
E continua con queste parole:”Il maomettano affamato, che non possiede e non trova più che satollarsi e campare la vita e molto più il NEGRO SCHIAVO così istituito dal suo padrone, convinto com'egli è dalla fiera legge del fatalismo, secondo la quale egli deve subire il suo destino voluto da Dio, cioè, che egli deve assolutamente morire, avendolo Iddio a ciò destinato, egli, senza punto scuotersi o sconcentrarsi, né fare strepito alcuno, né muovere lamento, rassegnato pienamente alla sua sorte, si sta tranquillo e sereno, senza pigliarsi cura di nulla, e senza fare ogni sforzo e senza adoperarsi per apporvi rimedio, ed allontanare da sé quella tremenda sciagura; e sovente sempre in preda al suo
fatalismo, si colloca sulla porta, od a fianco della sua abitazione, o dietro ad una capanna, o sotto un albero; ed ivi impassibile ed a sangue freddo, aspetta imperturbato la morte, esclamando col suo profeta : ALLAH KERIN , CIOE' “DIO E' DEGNO DI ONORE”.
LA CREDIBILITA' DELLA MISSIONE CATTOLICA.
In un tale ambiente, è nel rapporto con gli schiavi che si giocava, in fondo, LA CREDIBILITA' DELLA MISSIONE. Anche perchè la loro sorte chiamava in causa le ragioni profonde della presenza cattolica in SUDAN. Era inimmaginabile che per dei preti non prendere le difese di UOMINI, DONNE E BAMBINI che in taluni casi venivano trattati molto peggio degli animali.
A EL OBEID, città posta al di fuori di ogni controllo europeo, gli SCHIAVI vecchi o ammalati, venivano abbandonati fuori dall'abitato o “ammazzati“ancora vivi”. Dalla sede della missione si potevano “udire le grida disperate di quegli infelici quando sono barbaramente sferzati”. Mentre “per le strade, ben di sovente, ci tocca di vedere schiavi e schiave con ferri ai piedi, e con catene più o meno grosse”.
Al margine della zona abitata facevano mostra di sé molti cadaveri insepolti”. I MISSIONARI furono in grado di riferire diversi casi di schiavi che si SUICIDAVANO per sfuggire alla loro sorte”. L'opera a loro favore diventò insomma una ragion d'essere per la MISSIONE, dispiegandosi non soltanto sul PIANO UMANITARIO ma anche con un'azione legale precisa e preordinata.
La missione poteva esercitare la propria attività in virtù della LEGGE SULLA LIBERTA' DEI CULTI, IN VIGORE DAL 1856. Inoltre gli accordi internazionali sottoscritti dal governo turco le accordavano uno STATUTO LEGALE PRIVILEGIATO, che le dava diritto di far porre in libertà gli schiavi che ne richiedevano la protezione. La missione godeva insomma del PRIVILEGIO DEL DIRITTO DI ASILO, almeno in astratto.
LUIGI PENNAZZI, viaggiatore esploratore, attento e imparziale, ma anche ottimo conoscitore della storia sudanese, testimonia a proposito di ciò:” ….....I missionari del Nilo, scrive, vedendo la misera popolazione indigena decimata dai NEGRIERI, cominciarono contro il partito del delitto, una lotta paziente e ineguale, iniziando una vera procedura contro la tratta trasmettendo energici rapporti ai consolati, preparando lentamente quell'azione della pubblica opinione che ha tanto contribuito a diminuire, almeno in parte, gli orrori di questo TRAFFICO INFAME”.
Ma la questione fu sempre tutt'altro che pacifica a causa della resistenza governativa, delle proteste dei padroni e della scarsa volontà di cooperazione dei consoli, alcuni dei quali, erano personalmente coinvolti nella TRATTA. Sul problema del DIRITTO DI ASILO vi furono consultazioni ai più alti livelli tra il GOVERNO DI VIENNA e la SANTA SEDE, in seguito alle quali ROMA suggerì alla missione di delegare la questione al locale consolato, consegnando gli schiavi fuggiaschi al console, in modo da costringerlo ad assumersene le responsabilità con il governo.
MA QUALE FU LA REAZIONE DI DANIELE COMBONI?
Ma DANIELE COMBONI spiega che questa soluzione non sortì l'effetto voluto. Quand'io fui assunto al governo del VICARIATO riuscimmo a salvare moltissimi schiavi. Ma però vi furono sempre dei guai e dei contrasti tra la missione, il governo, i padroni ed anche coll'I.R. console austro-ungarico, perchè ho constatato che quanti schiavi si rimettevano al console, altrettanti veniano da lui consegnati al governo, e da questo veniano restituiti ai padroni”.
Per offrire maggiori garanzie agli schiavi e rafforzare il ruolo della Missione, senza contravvenire alle alle disposizioni romane né scavalcare i consoli, DANIELE COMBONI emanò nel 1875 alcune regole di comportamento per i suoi missionari. Ne parla in una relazione a PROPAGANDA FIDE, sollecitata da una lettera di GORDON alla SANTA SEDE.
Il testo del documento di Gordon non ci è noto, ma dalle parole di Comboni si ricava che l'Ufficiale inglese, allora GOVERNATORE GENERALE DEL SUDAN, invitava Roma a moderare l'intraprendenza del missionario, oppure a coprirlo con direttive più precise. In ogni caso, la sola esistenza di una tale petizione, invocata da un uomo che nella questione schiavista la pensava esattamente come i missionari, è la miglior prova che la questione era tale da mettere in gioco la sopravvivenza dell'insediamento cattolico.
In quell'occasione le direttive di COMBONI, furono le seguenti.
Quando uno schiavo chiedeva asilo alla missione di KHARTHOUM, dove esisteva il consolato, il superiore locale doveva farne denuncia scritta al console, e se, il governo richiedeva che il soggetto gli fosse presentato, lo doveva accompagnare insieme al diplomatico, difendendone i diritti davanti al DIVANO (funzionari locali N.d.r,) con tutta l'energia, senza mai abbandonarlo.
A BERBER e a EL OBEID dove non c'era il console, la missione doveva seguire la medesima prassi e il superiore, o la superiora delle suore,se si trattava di una schiava, doveva trattare personalmente con le autorità locali. Invece nella Missione tra i NUBA, posta fuori dalla sovranità egiziana, “si ponga ogni studio per conquistarsi e creare di fatto il diritto di asilo, avendo sempre in massima che la MISSIONE CATTOLICA in quelle tribù è legislatrice e si applichino nella pratica le regole e lo spirito del Vangelo e della Chiesa, di proteggere cioè e di difendere la libertà e gli interessi spirituali degli schiavi”. (da GIAMPAOLO ROMANATO, OP.CIT. A cura di Carlo Castellini).



Sabato 21 Luglio,2018 Ore: 16:57
 
 
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