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www.ildialogo.org Da Minneapolis alle piazza italiane, la longa manus della polizia d’Israele,di Antonio Mazzeo

Da Minneapolis alle piazza italiane, la longa manus della polizia d’Israele

di Antonio Mazzeo

Non riesco a respirare. Non riesco a respirare. Non riesco a respirare. Le ultime parole dell’afroamericano George Floyd, barbaramente trucidato da un agente di polizia a Minneapolis, hanno prodotto una lacerante ferita nella coscienza degli Stati Uniti d’America che non potrà mai più essere rimarginata. Non è la prima volta che un crimine efferato, marcato dal razzismo xenofobo e classista, è stato ripreso da una telecamera e trasmesso in modo virale da tv e social network. La novità, forse, sta nelle difficoltà narrative del potere nel giustificarne le ragioni di “ordine pubblico” e “difesa della proprietà privata” sino a tentare in extremis la colpevolizzazione del singolo per salvare l’intero sistema polizial-repressivo Usa.
Acuti osservatori e le associazioni che lottano in difesa dei diritti del popolo palestinese hanno fatto osservare come le immagini di Minneapolis sono del tutto identiche a quelle che vengono registrate quotidianamente a Gerusalemme, West Bank, Gaza, Golan, Libano, ecc., dove impunemente operano le forze di polizia e i militari israeliani nel “contenimento” delle proteste e nella repressione di ogni forma di opposizione alla violenza strutturale del regime sionista di occupazione. La rassomiglianza dei corpi schiacciati sotto scarponi, pistole e mimetiche non è casuale, purtroppo. Si tratta infatti di tecniche d’intervento apprese negli stessi centri di “formazione” dagli stessi “addestratori”: le scuole di polizia e delle forze armate dello Stato d’Israele e le innumerevoli agenzie-aziende private sorte ovunque con investimenti e personale-veterano provenienti dal complesso militare-industriale israeliano.
Negli Stati Uniti d’America la criminal connection Tel Aviv – polizie locali, distrettuali e interdipartimentali è notoria da tempo ed è stata documentata e denunciata anche da Amnesty International. In un report dell’agosto del 2016, l’ong poneva l’indice su un’incomprensibile omissione del Dipartimento della Giustizia Usa, che pur stigmatizzando le “diffuse violazioni costituzionali, l’aumento delle discriminazioni e la cultura di ritorsione” all’interno del Dipartimento di Polizia di Baltimore (responsabile di crimini analoghi a quello commesso a Minneapolis), non ne aveva ricordato gli strettissimi legali con Israele. “La polizia nazionale, i militari e i servizi d’intelligence israeliani hanno addestrato la Polizia di Baltimora al controllo della folla, all’uso della forza e alla sorveglianza”, scriveva Amnesty International. “Gli ufficiali e gli agenti di polizia di Baltimora, insieme a centinaia di altri provenienti dalla Florida, dal New Jersey, dalla Pennsylvania, dalla California, dal Connecticut, da New York, dal Massachusetts, dal North Carolina, dalla Georgia, dallo Stato di Washington così come la polizia della capitale, si sono recati in Israele per attività addestrative. Migliaia di altri poliziotti sono stati addestrati da ufficiali israeliani negli Stati Uniti. Molti di questi viaggi sono stati finanziati con fondi pubblici mentre altri da privati. A partire del 2002, l’Anti-Defamation League, l’American Jewish Committee’s Project Interchange e il Jewish Institute for National Security Affairs hanno pagato la formazione in Israele e nei Territori occupati dei capi della polizia e dei sottoposti. Ciò nonostante Amnesty International, altre organizzazioni dei diritti umani e lo stesso Dipartimento di Stato abbiano citato la polizia israeliana per aver eseguito esecuzioni extragiudiziarie e altri omicidi illegali, utilizzato trattamenti disumani e la tortura (anche contro bambini), soppresso la libertà di espressione ed associazione ed ecceduto nell’uso della forza contro pacifici manifestanti”.
A cooperare con Tel Aviv per l’addestramento alla “gestione dell’ordine pubblico” di unità d’élite e di polizia ci sono anche numerosi paesi latinoamericani, Cile, Colombia e Brasile in testa. E l’Italia, storico partner politico-strategico d’Israele? In verità assai poco si sa in merito e le uniche notizie trapelate sui media si son soffermate sull’uso da parte di Polizia di stato, polizie locali e Arma dei carabinieri di mini-droni e di sofisticate tecnologie di videosorveglianza, intelligence e informatiche prodotti nei distretti industriali e accademici israeliani. Eppure fra il Governo della Repubblica italiana e quello dello Stato di Israele esiste un Accordo in materia di pubblica sicurezza, sottoscritto a Roma il 2 dicembre 2013 dal’allora ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e dal ministro di Pubblica sicurezza israeliano, Yitzhak Aharonovitch L’Accordo, ratificato dalle Camere con voto bipartisan il 19 maggio 2017, copre una ampio spettro di attività di interscambio e collaborazione tra le forze di polizia dei due stati. “I Governi di Italia e Israele – si legge nella lunga premessa all’Agreement - riconoscono il reciproco interesse a cooperare al fine di proteggere dalle minacce i propri popoli, beni ed interessi, contrastando la criminalità in genere al fine di garantire la sicurezza pubblica; (sono) consapevoli che i fenomeni criminali connessi con la criminalità organizzata, la migrazione illegale, la tratta di esseri umani, il commercio illecito di stupefacenti, sostanze psicotrope e precursori di droghe, colpiscono in modo considerevole entrambi gli Stati, pregiudicando sia la sicurezza, che l’ordine pubblico che il benessere e l’incolumità fisica dei propri cittadini; (sono) desiderosi di agevolare e sviluppare la cooperazione fra di loro, anche attraverso lo scambio di conoscenze, esperienze, informazioni e tecnologie”. Continua in: antoniomazzeoblog.blogspot.com



Sabato 06 Giugno,2020 Ore: 08:50
 
 
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