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www.ildialogo.org Da Gaza a Betlemme… la scia di sangue non si ferma,di Patrizia Cecconi

Da Gaza a Betlemme… la scia di sangue non si ferma

di Patrizia Cecconi

Da Gaza a Betlemme… la scia di sangue non si ferma
27.03.2019 - Patrizia Cecconi
Da Gaza a Betlemme… la scia di sangue non si ferma
Fuori gli internazionali dalla Striscia di Gaza! I testimoni obiettivi sono sgraditi. Israele seguita a bombardare, non riconosce la tregua e i media main stream dichiarano che Israele risponde ai missili inviati dalla resistenza gazawa e non dicono che invece non accetta il cessate il fuoco.
Anzi, per la verità i media che rispettano le veline israeliane non parlano mai di “resistenza”, sarebbe come legittimarla  mediaticamente, la resistenza, effettivamente legittima per il Diritto internazionale. Loro parlano di terrorismo o, al più, di azioni armate, come se i missili israeliani fossero caramelle alle quali Hamas o Jihad rispondono con i loro razzi.
Israele ha invitato i vari consolati a ritirale i loro cooperanti e volontari. Qualcuno non voleva uscire, compreso chi scrive, ma la situazione si fa difficile, anche burocraticamente, dobbiamo assolutamente uscire. Ora siamo a Betlemme.
Betlemme, per i cristiani il luogo di nascita di Gesù. Betlemme, per musulmani, cristiani e laici palestinesi luogo, al pari degli altri, di continua repressione e di continui crimini israeliani. ULTIMO QUELLO DI QUESTA MATTINA. Sajid Mezhir, un giovane infermiere che stava prestando soccorso ad alcuni ragazzi feriti dall’esercito occupante  entrato nel campo profughi di Dheisheh, periferia di Betlemme.
A circa 70 chilometri da Betlemme, Gaza, tutta la notte sotto bombardamento. Ogni tanto sul cielo di Betlemme sfrecciava un F16. Gli esperti lo riconoscono dal rombo. Qui, guardare un areo che sfreccia in cielo non dà quasi mai l’idea della libertà di chi può viaggiare in luoghi esotici. Qui, quando sfreccia un aereo si guarda la direzione e poi si fa un cenno con la testa come a dire “è diretto laggiù”.  E quando un aereo è diretto “laggiù” non porta turisti, non potrebbe neanche atterrare visto che nel 2001 Israele ha distrutto completamente l’aeroporto internazionale di RafahStriscia di Gaza, come prima azione di assedio, quella dal cielo, alla quale negli anni successivi, dopo aver evacuato la Striscia dai coloni ebrei, si sarebbe aggiunto l’assedio completo: da terra e dal mare. Quello contro il quale dimostrano i gazawi, ogni venerdì, da un anno  esatto.  Manifestazioni  alle quali Israele ha risposto con 256 assassinati a freddo, ragazzi, donne, uomini e bambini, infermieri che prestavano soccorso, fotografi e giornalisti. Ne ha uccisi “solo” 256 perché i gazawi hanno organizzato una fitta cortina di fumo nero bruciando vecchi copertoni d’auto, ma ne hanno feriti circa 28 mila e di questi alcune centinaia resteranno invalidi a vita.
Ma in questi giorni a Gaza succede anche altro. Non una novità per la Striscia, ma certo non una cosa qualunque, vale a dire che Israele ha ripreso a bombardare pesantemente, e che la resistenza gazawa ha ripreso a lanciare missili. Una spirale senza fine che sembra vedere nelle prossime elezioni israeliane una delle sue cause perché, come ogni analista politico sa, la vittoria elettorale in Israele si gioca sulla capacità di dimostrare durezza contro il popolo palestinese occupato e, in particolare, contro quello assediato nella Striscia di Gaza.
In base a quanto sopra il Consolato italiano, per la sicurezza dei suoi cittadini e dietro indicazioni israeliane circa la durezza dei bombardamenti, ha deciso l’evacuazione e quindi ci troviamo a Betlemme. Come diceva un giornalista molto importante, non può farsi buon giornalismo se non si ha empatia. Ebbene, senza la pretesa di fare buon giornalismo, posso dire che l’empatia con una comunità con la quale si sono vissuti mesi scanditi da bombardamenti, funerali, stato d’assedio, ma anche strana gioia, feste, allegria, sogni e lavoro, non può mancare. E’ proprio per quell’empatia che ci si sente quasi dei traditori dovendoli lasciare sotto le bombe perché noi, occidentali, possiamo contare su una protezione che non possiamo condividere con loro.
Bene, prendiamo le notizie telefonicamente. Questi circa 70 chilometri che ci separano li ripercorreremo presto a ritroso. Così almeno speriamo. Uscendo da Eretz abbiamo visto una lunga colonna di mezzi corazzati entrare. Non è certo un buon segno, ma speriamo che Netanyahu completi il suo messaggio elettorale senza ulteriori stragi e intanto speriamo di ritrovare tutti  vivi i nostri interlocutori, amici più o meno stretti e conoscenti con cui abbiamo scambiato un sorriso, un caffè, uno shukran o un salam ailekum in tutto questo tempo.
Dunque, siamo a Betlemme. Non ci sono bombardamenti, noi siamo al sicuro. Betlemme è sotto intera giurisdizione dell’Autorità palestinese ma i soldati israeliani fanno continue incursioni nei due più grandi campi profughi alla sua periferia: Aida e Dheisheh. Entrano per arrestare, entrano per spaventare, entrano per controllare, entrano per capriccio. ENTRANO. E con estrema frequenza, quando entrano, corre il sangue. Quello dei feriti e, a volte, quello dei morti assassinati.
Stamattina hanno ucciso deliberatamente il giovane Sajid Mezhir, solo 17 anni, mentre stava aiutando dei cittadini feriti dai soldati occupanti entrati nel campo. Soldati del più coccolato e più criminale Stato tra quelli considerati, in questo caso a torto, democratici: Israele.
Anche questa morte non farà notizia nei media main stream , a meno che qualche giovane esasperato da tanta continua violenza impunita non decida di vendicarsi, in suo nome, contro qualche soldato israeliano. In quel caso i media alzeranno al massimo i loro megafoni per invocare all’unisono il coro che suona “SICUREZZA PER ISRAELE”.
Ho lasciato obtorto collo Gaza, dove il sangue palestinese scorre a fiumi, e sono tornata  in Cisgiordania, dove il sangue palestinese seguita a scorrere senza interruzione. A Betlemme, a Nablus, a Gerusalemme, a Hebron….. Un unico popolo, diverse fazioni politiche, diverse leadership, ma un unico popolo che paga per l’arroganza criminale dell’unico vero nemico comune: l’occupazione israeliana della Palestina. Oggi i funerali di Sajid, ultimo giovane martire. Per ora.
 
Informazioni sull'Autore
Patrizia Cecconi

Patrizia Cecconi nasce a Roma dove consegue la laurea in Sociologia presso l’Università La Sapienza. Qui tiene per alcuni anni seminari sulla comunicazione, quindi si dedica all’Economia e vince la cattedra di Economia Aziendale per l’insegnamento negli Istituti d’istruzione superiore dove presterà servizio per circa venticinque anni. Interessata all’ambiente e alla natura, verso il 2000 rivolge la sua attenzione allo studio sistematico della botanica e della fitoterapia ponendo sempre al centro dei suoi lavori l’interazione culturale tra l’ambiente e gli umani che lo abitano. Infatti il suo interesse per l'ambiente si lega alla denuncia della violazione dei diritti umani nel mondo. Ha curato e pubblicato articoli e libri su argomenti diversi, ma sempre focalizzati sul rispetto e la tutela del Diritto universale, anche quando il tema richiama la botanica. Il suo interesse particolare è rivolto alla Palestina, dove si reca diverse volte l’anno. I suoi reportages su Palestina e palestinesi sono pubblicati regolarmente in Italia in diversi giornali e riviste on line. Dal 2009 fino al dicembre 2014 è stata presidente della onlus “Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese” di cui ora è presidente onoraria, associazione umanitaria laica che cura principalmente le adozioni a distanza di bambini disagiati e la sensibilizzazione verso la questione palestinese in Italia. E’ co-fondatrice della onlus Cultura è Libertà e dell’associazione Oltre il Mare di cui è presidente, entrambe le associazioni hanno come focus prioritario del proprio agire la diffusione della storia e della cultura palestinese.



Venerdì 29 Marzo,2019 Ore: 22:07
 
 
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