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www.ildialogo.org "Cara Amazzonia”: tristezza e delusione, con un leggero accenno di speranza,di José Manuel Vidal

"Cara Amazzonia”: tristezza e delusione, con un leggero accenno di speranza

di José Manuel Vidal

Papa Francesco non ha voluto o potuto aprire un piccolo spiraglio nella legge del celibato obbligatorio del clero. E, naturalmente, c’è delusione e tristezza in ampi settori della Chiesa cattolica più impegnata ed evangelica. Tra le altre cose, perché le aspettative erano alte e, di conseguenza, maggiore è la delusione. Un’occasione storica unica è andata perduta. Rimane solo il piccolo barlume di speranza che un Sinodo (con la forza che questa realtà ha raggiunto nella primavera di Francesco) ha ufficialmente chiesto a un papa di fare così, di ammettere eccezioni alla rigida legge del celibato clericale, anche se questi abbia considerato che non è arrivato il momento.
“Che la petizione venga dal basso”, aveva detto il papa al vescovo brasiliano Erwin Kräutler quando gli ha proposto il problema. Fedele alla sua idea di costruire una Chiesa sinodale, in cui le decisioni non vengano prese solo nelle sfere vaticane. E, per fare strada nel cammino, lo stesso Francesco convocò il Sinodo dell'Amazzonia a Roma.
E dal Sinodo è uscita la richiesta di aprire il ministero a diaconi sposati permanenti e il diaconato alle donne. Una proposta che soddisfava tutti i requisiti ed è stata approvata dalla maggioranza dei due terzi dei vescovi presenti nell’aula sinodale. E la proposta recitava così: “Proponiamo che, nel quadro di Lumen Gentium 26, l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare preti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all'argomento".
Ma nemmeno in questo modo Francesco ha voluto o potuto farlo. Bergoglio non vuole passare nella storia come “il papa che ha abolito il celibato obbligatorio”. Nessuno dei papi “moderni” ha voluto fare il grande passo. In effetti, Giovanni Paolo II ha confessato: “Sento che l'abolizione del celibato avverrà; ma che io non lo veda ...” E i problemi restano irrisolti!
E Francesco neanche ha voluto farlo, perché la sua "formattazione" ecclesiastica e la sua prassi vitale non lo invitano a farlo. Lo ha già detto poco prima di essere eletto papa: “Per il momento, sono favorevole al mantenimento del celibato, con tutti i pro e contro che ciò implica, perché sono dieci secoli di esperienze positive piuttosto che errori ... La tradizione ha un peso e una validità”.
E, inoltre, credo che Bergoglio non abbia voluto volesse o non abbia osato rivedere la legge del celibato per paura di un possibile scisma ecclesiale. Nella Chiesa la comunione è una legge suprema per mandato evangelico e ogni rottura, per quanto eventuale e molto minoritaria, minaccia questa richiesta dello stesso Cristo.
Oltre a non volere, penso che Bergoglio neanche abbia potuto farlo. È vero che il 70% del “popolo santo di Dio” è favorevole all'abolizione del celibato obbligatorio, in percentuali diverse a seconda dei paesi. Ma la stragrande maggioranza della gerarchia è contraria. Ad eccezione di alcuni episcopati, come quello amazzonico e probabilmente quello tedesco, gli altri non ne vogliono sapere. In questa corrente contraria, si inserisce papa Benedetto che con il suo ultimo non-libro insieme al card. Sarah, ha contribuito in modo decisivo a dare il colpo di grazia alla possibile decisione papale.
Nonostante la sua promessa di "salire sulla montagna" per pregare e tacere, il papa emerito continua ad alimentare, forse con riluttanza, il fantasma dei “due Papi” contrapposti o almeno non convergenti in alcune questioni dibattute, come l'approccio ecclesiale alla pedofilia o, più recentemente, la questione del celibato dei chierici.
Bergoglio non ha osato approvare alcuna minima eccezione al celibato, perché forse ritiene che l’istituzione ecclesiale non sia ancora pronta per questo. È noto che una delle massime di Francesco è “che il tempo è superiore allo spazio”, vale a dire che preferisce avviare processi lunghi, lenti e costosi, piuttosto che occupare spazi di potere con decisioni personali che ovviamente hanno valore di legge. Ma, come dicevamo, il popolo è preparato, anche se non lo è la gerarchia, incluso il papa emerito e lo stesso papa regnante.
Penso che un giorno, non troppo lontano, Francesco si pentirà di non aver preso la decisione di consentire l’ordinazione dei "viri probati". Perché le conseguenze della sua decisione di mantenere l'attuale “status quo” sono disastrose per la Chiesa già da molto tempo.
Primo, perché un numero enorme di credenti continuerà a essere privato dell’Eucaristia, che è il centro e la base dell’esistenza del popolo di Dio. E le particole consacrate continueranno ad arrivare in aereo nei vari confini dell’Amazzonia, per essere distribuite in "messe-non messe" officiate da catechisti o suore, che fungono da clero di seconda divisione.
Secondo, perché la permanenza senza soluzioni di continuità del celibato obbligatorio continua a consacrare il clericalismo, uno dei grandi mali della Chiesa, contro il quale Francesco combatte incessantemente. Il clericalismo trasforma il prete in un funzionario del sacro. E un funzionario senza celibato cessa di essere un “eletto” per assomigliare ad altri cristiani.
Terzo, con la sua decisione Francesco rafforza, inconsapevolmente, il polo rigorista, che si sfrega le mani, grida alla vittoria e si auto-convince di avere potere e di saper esercitare pressione. Perché sono pochi, ma rumorosi, ben organizzati e ben finanziati con i soldi dei loro terminali finanziari negli Stati Uniti e in altri paesi ricchi del mondo, che non sopportano un papa che mette a rischio e critica il loro sistema capitalista.
E infine, cresce la delusione tra le basi maggioritarie che sostengono le riforme di Francesco e si vedono nuovamente frustrate da una decisione papale attesa con grande speranza e che, all'improvviso, è diventata una brocca di acqua fredda.
Le nostre critiche alla decisione papale non significano che smetteremo di sostenere Francesco e le sue riforme. Continueremo al suo fianco costi quel che costi. Dimostrando che, sebbene non abbia voluto o potuto assumere questo particolare punto, le linee di forza della suo pontificato remano a favore del Vaticano II, il Concilio che abbiamo difeso e per il quale abbiamo sempre scommesso.
La decisione ci fa male, ma noi la assumiamo con disaccordo filiale. Siamo con Francesco nel bene e nel male. Sebbene non comprendiamo la sua decisione, pensiamo ancora che Bergoglio sia una benedizione per la Chiesa e per la costruzione del Regno.
È anche evidente che il papa, volendo fuggire dalla così vituperata autoreferenzialità della Chiesa, non ha voluto porre il dibattito sul celibato al centro della sua Esortazione. Perché il centro lo deve occupare il cuore del documento. E in questo nucleo c’è la lotta contro il “peccato ecologico”, che uccide i poveri e la Terra e la quadruplice conversione: pastorale, culturale, sociale ed ecologica.
Per il papa il Vangelo sociale è più importante e più urgente di quello clericale. Il grido disperato della natura e dei poveri è più importante di quello delle comunità senza eucaristia.
Pu essendo questo vero - e lo è - il papa sa o dovrebbe sapere che nemmeno il Vaticano stesso è in grado di segnare l’agenda dell'informazione dei media. Né dei grandi o dei piccoli. Può avvenire solo concoloro che confondono informazione con propaganda. E sono i media liberi quelli che decidono quale sia il cuore e quali siano le linee di un documento.
Ed è chiaro che in questo caso e, anche se si sbagliano, i media badano di più all’immediatezza di una misura ecclesiastica che all’avvertimento del “peccato ecologico”. Tra l’altro, perché il papa è il capo della Chiesa cattolica e non il capo di una ONG internazionale o di un’organizzazione sovranazionale come l’ONU. Sulla casa comune può lanciare avvertenze e formulare raccomandazioni. Sulla sua casa prende decisioni. O non le prende. O le lascia per aria.
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Articolo pubblicato il 12.02.2020 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com )
Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI



Giovedì 13 Febbraio,2020 Ore: 17:44
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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