- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (285) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Una venerabile veronese: Maria Edvige Zivelonghi, Figlia di Gesù,di Franco Casati

Una venerabile veronese: Maria Edvige Zivelonghi, Figlia di Gesù

di Franco Casati

La provincia di Verona è sempre stata terra di santi e di vocazioni. Ultima in ordine di tempo, suor Maria Edvige Zivelonghi, della Congregazione delle Figlie di Gesù, è stata proclamata ‘venerabile’ da Papa Francesco, il 19 maggio 2018.
Era nata il 26 aprile del 1919, a Gorgusello di Sopra, una frazione di Breonio, sui monti Lessini, nel veronese appunto. La famiglia era benestante, e lei crebbe tra l’affetto dei genitori e dei numerosi fratelli. Era una persona intelligente e volitiva e di bell’aspetto. Riuscì a conseguire il diploma magistrale, una meta importante per quei tempi, specie per una donna. Per alcuni anni lavorò come maestra nella scuola di stato. Ma nel tempo quella voce che le suggeriva di consacrarsi a Gesù (per diventare Serva di Dio) divenne così imperiosa da non lasciarle alternative. Non ebbe mai rapporti sentimentali e i pretendenti li indirizzava verso le sorelle. Il 27 febbraio del 1942 venne accolta come postulante tra le Figlie di Gesù a Verona (Congregazione fondata nei primi anni dell’800 da don Pietro Leonardi). All’interno dell’Istituto Leonardi ebbe l’opportunità di continuare nella propria attività di insegnante, vivendo nella preghiera e nel lavoro, finché una mortale malattia, la tubercolosi polmonare, tanto diffusa a quell’epoca, la colse senza darle scampo. Morì nel sanatorio della Grola a S. Ambrogio di Verona, a 30 anni, il 18 marzo del 1949.
Per necessità ne ho condensato in linee essenziali la vita, volendo concedere maggior spazio alla sua figura e al suo pensiero.
Nella vita di comunità assieme alle consorelle suor Maria Edvige sembrava voler mirare alla perfezione, per l’impegno che la caratterizzava e la totale obbedienza e remissività che dimostrava. Andava ripetendo come una specie di leit-motiv :“facciamoci sante, sorelle, ecco il nostro scopo!”. Alla sua personale intenzione di “far sorridere Gesù” si accompagnava una profonda devozione verso la Madonna, vivificata da significative letture mariane:”Il che è voluto dal Signore quando nel S. Vangelo mi domanda di farmi piccola. Per vivere come un bambino, devo sempre stare con la Mamma” (lettera a Madre Melda, 12 maggio 1948).
Nel pieno della malattia si lamenta soltanto di dover stare lontana dalla sua comunità:”Il mio amato convento non lo rivedrò mai più! Dovrò vivere qui in mezzo al mondo e a un mondo spesso (tanto,tanto) nero (Immorale) (…)(Il calice è pieno ma non devo impaurirmi” (così si rivolge alla Madre Maestra il 16 ottobre).
Dopo la cerimonia per il rinnovo dei voti, svoltasi in sanatorio l’8 settembre, domenica e festività liturgica della Natività di Maria, l’ammalata, Serva di Dio, così scrive nel suo diario:”Non so descrivere la gioia provata in questo Santo e lieto giorno! Ho potuto ascoltare la S. Messa e poi rinnovare i Santi Voti (…)Ora ‘incipit vita nova’ (comincia una nuova vita), domani incomincerò a rendere conto delle mie azioni che devono essere tutte ‘marializzate’”.
Dopo l’aggravamento della malattia scrive ai fratelli e alla mamma, dicendo che il Signore sa trarre il bene anche dal male e, in particolare, così si esprime con la madre:” Non posso descriverti quanto sia tranquilla e serena.(…) (…) Non prenderti pensiero di niente, mamma. Il Signore mi basta, non voglio che la Sua Santissima Volontà, tutto il resto è stoltezza”. Parole commoventi che fanno assai riflettere soprattutto ai nostri giorni, connotati da un materialismo assordante. Sullo stesso tema dell’accettazione del dolore così si esprimeva nei confronti di una consorella:” Vorrei vederla sorridere perché soffrire e piangere è umano; soffrire e tacere è sublime. Soffrire e sorridere è divino”.
Prima di spirare ebbe ancora la forza di confidare alla Madre Maestra:”Il calice è pieno fino all’orlo”. Parole che tanto ricordano l’agonia di Cristo sul Calvario. Alla sua morte in sanatorio, suore e ammalate si presero dei pezzi di stoffa della sua veste come reliquie.
Sono state scritte diverse biografie sulla vita di suor Maria Edvige Zivelonghi. Per chi volesse approfondirne la conoscenza consiglio la lettura di quella a firma di Angelo Montonati ‘Per amore, tutto’, Edizioni San Paolo, 2007, dalla quale ho tratto la maggior parte delle mie informazioni.
Un incontro dal titolo ‘Appuntamento con la santità’, si è tenuto a Verona il 26 ottobre, organizzato dalla Congregazione delle Figlie di Gesù, dedicato alla figura della venerabile Maria Edvige Zivelonghi. Giovani di associazioni cattoliche si sono confrontate con la sua opera e il suo pensiero, cercando di attualizzarlo; sono state proiettate interviste con anziane consorelle della venerabile che hanno testimoniato di una santità che si esprimeva nella vita di tutti i giorni, definendola ‘la santa della quotidianità’.
Fra i relatori Mons. Carlo Vinco ha sottolineato l’importanza dell’epistolario (circa duecento lettere) dal quale si evince come suor Maria Edvige vivesse in una condizione di spirito e di pensiero che esprimeva “un di più rispetto alla vita”. La stessa malattia che l’ha portata precocemente alla tomba si è trasformata “in uno dei luoghi umani più umani”. A suo avviso, nella testimonianza di vita e di pensiero della venerabile veronese si evidenziano quei quattro verbi comuni all’esperienza della santità: innamorarsi (di Dio), desiderare (in un senso più alto oltre il comune possesso), immaginare (sviluppando modelli per realizzare il desiderio) e promettere (ad altri quello che di sublime si è scoperto).
L’educatrice-pedagogista dott.ssa Caterina Merola, affrontando l’esperienza pedagogica di suor Maria Edvige, ha invece evidenziato come il fulcro del suo pensiero educativo stesse nell’intento di “custodire la purezza e l’innocenza dei bambini” (così in una lettera alla sorella Ernesta del 1944); parole che, a mio avviso, oggi risuonano più che mai di monito e di attualità. Ha altresì sottolineato come la leva dell’educazione sia stata per la venerabile quella di “insegnare con l’esempio”.
Questo interessante e stimolante incontro è stato coordinato da Madre Maria Dora Ceccato, Madre Generale della Congregazione delle Figlie di Gesù. Per l’occasione un numero speciale della rivista della Congregazione ‘Filodoro’, dedicato alla venerabile Maria Edvige Zivelonghi, figlia di Gesù, è stato offerto ai presenti.
Franco Casati



Martedì 30 Ottobre,2018 Ore: 17:12
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La chiesa di Papa Francesco

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info