- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (5)
Visite totali: (689) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org IL PADRE NOSTRO CHE INDUCE IN TENTAZIONE: UNA BESTEMMIA DI DUEMILA ANNI. Ci sono voluti 50 anni perché il Vaticano non bestemmiasse più Dio. Una nota di Henri Tincq - con premessa,a c. di Federico La Sala

MA CHI E' IL "PADRE NOSTRO"?! IL DIO ("CHARITAS") DI GESU’ ("LUMEN GENTIUM") O IL DIO ("CARITAS") DI COSTANTINO E DI RATZINGER ("DOMINUS IESUS") E DI BENEDETTO XVI ("DEUS CARITAS EST")?! DI CHI SIAMO FIGLI E FIGLIE?!
IL PADRE NOSTRO CHE INDUCE IN TENTAZIONE: UNA BESTEMMIA DI DUEMILA ANNI. Ci sono voluti 50 anni perché il Vaticano non bestemmiasse più Dio. Una nota di Henri Tincq - con premessa

Ad una scadenza ancora incerta - 2014? 2015? - i fedeli francofoni non reciteranno più la loro preghiera quotidiana favorita, il Padre Nostro, secondo la formulazione in uso da subito dopo il Concilio Vaticano II, quasi cinquanta anni fa (1966).


a c. di Federico La Sala

PREMESSA

LA PREGHIERA AL "PADRE NOSTRO" E IL "NON CI INDURRE IN TENTAZIONE". MA CHI E’ IL "PADRE NOSTRO": DIO ("CHARITAS") O MAMMONA ("CARITAS")?!

Nella "Lettera di Giacomo", così sta scritto: "Nessuno, quando è tentato, dica: sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce (...) Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento" (vv. 13-16)

NONOSTANTE TUTTA LA CHIAREZZA LOGICA ED EVANGELICA DELL’APOSTOLO GIACOMO SULLA TENTAZIONE, LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA ANCORA OGGI CONTINUA A INSEGNARE E A CHIEDERE AL "PADRE NOSTRO" DI "NON CI INDURRE IN TENTAZIONE"!!!  

NON C’E’ DA MERAVIGLIARSI: BENEDETTO XVI HA APPENA SCRITTO CHE DIO E’ "MAMMONA" ("CARITAS"): "DEUS CARITAS EST" (2006) ... E PAPA FRANCESCO HA SUBITO SOTTOSCRITTO (SENZA PENSARCI DUE VOLTE) LA "LUMEN FIDEI" GIA’ PREPARATA DAL SUO COLLEGA EMERITO... 

SUL TEMA, SI VEDANO (in rete) LE NOTE IN QUESTI  DUE TITOLI SEGUENTI:

​MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.

PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga (fls)

_____________________________________________________

“Padre Nostro”: ci sono voluti 50 anni perché il Vaticano non bestemmiasse più Dio

di Henri Tincq

in “www.slate.fr” del 30 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Rivoluzione nelle fila cattoliche. Ad una scadenza ancora incerta - 2014? 2015? - i fedeli francofoni non reciteranno più la loro preghiera quotidiana favorita, il Padre Nostro, secondo la formulazione in uso da subito dopo il Concilio Vaticano II, quasi cinquanta anni fa (1966). La sesta “domanda” di questa celebre preghiera in forma di suppliche successive fatte a Dio - “Et ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione) - sarà soppressa e sostituita da “Et ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione). Non si tratta di un dettaglio o di una disputa bizantina. È l’epilogo di una battaglia di esperti che dura da mezzo secolo.

La Chiesa pensa di avere l’eternità davanti a sé. Le sono stati necessari 17 anni di lavoro e la collaborazione di 70 traduttori - esegeti, biblisti, innografi - per giungere a questo risultato. 17 anni, è il tempo che è stato necessario per la nuova traduzione integrale della Bibbia liturgica, che, per la Francia, sarà adottata l’8 novembre dai vescovi e che sarà in vendita nelle librerie a partire dal 22 novembre.

Quegli eminenti traduttori sono partiti dai testi originali in aramaico, in greco, in ebraico, e non più dalle traduzioni già esistenti. Ed è questo aggiornamento radicale che ha permesso a questi studiosi, con l’accordo del Vaticano, di giungere alla redazione di un nuovo Padre Nostro, più soddisfacente e più corretto teologicamente.

Il Padre Nostro è la preghiera di base di tutti i cristiani, indipendentemente dalla loro confessione, cattolica, protestante, ortodossa o anglicana. Essa è tanto più sacra in quanto, secondo i vangeli di Luca e di Matteo, è stata insegnata direttamente da Cristo stesso. “Signore, insegnaci a pregare”, gli chiedevano gli apostoli. La risposta di Gesù si trova nelle parole del Padre Nostro, preziosamente riprodotte - “Padre Nostro che sei nei cieli...” - che risalgono così a due millenni fa. Ritrascritta dal greco al latino, è stata poi tradotta nelle lingue parlate del mondo intero.

Questa preghiera, la più comune dei cristiani, può essere recitata o cantata in qualsiasi momento della giornata. Non è codificata come la preghiera dell’islam (cinque volte al giorno e ad ore fisse). Compare in ogni celebrazione della messa dopo la preghiera eucaristica. È anche recitata in tutte le assemblee ecumeniche. È il segno di una volontà di riconciliazione e di unità di tutte le confessioni cristiane, nate dallo stesso vangelo, ma separate dalle loro istituzioni.

Ma perché cambiare oggi un simile monumento della spiritualità cristiana, sul punto preciso della tentazione? Un punto centrale nell’antropologia cristiana. Secondo i vangeli, Cristo ha trascorso quaranta giorni nel deserto ed è stato tentato da Satana: tentazione dell’orgoglio, del potere, del possesso (Matteo 4,11). Gesù stesso ha detto ai suoi apostoli nel giardino del Getzemani, la sera della sua passione, proprio prima del suo processo e della sua morte in croce: “Pregate per non entrare in tentazione”.

Precisamente, cinquant’anni fa, un errore di traduzione è stato commesso a partire dal verbo greco eisphérô che significa letteralmente “portar dentro”, “far entrare”.Questo verbo avrebbe dovuto essere tradotto con: “Ne nous induis pas en tentation” (non indurci in tentazione) o con “Ne nous fais pas entrer en tentation” (non farci entrare in tentazione). I traduttori del 1966 hanno preferito la formula “Ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione).

Formula contestata. Controsenso, se non addirittura bestemmia, si protesta in seguito. Come è possibile che Dio, che nell’immaginario cristiano è “infinitamente buono”, possa “sottoporre” l’uomo alla tentazione del peccato e del male? È insostenibile.

Tale forma equivoca è stata tuttavia letta dal pulpito in tutte le chiese del mondo francofono, pregata pubblicamente o intimamente da milioni e milioni di cristiani, inducendo, in menti non competenti, l’idea di una sorta di perversità di Dio, che chiede ai suoi sudditi di supplicarlo per sfuggire al male che lui stesso susciterebbe!

Oggi si torna quindi ad una formulazione più corretta: “Et ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione). Così il ruolo di Dio è compreso meglio, riabilitato. Dio non può tentare l’uomo. La tentazione è opera del diavolo. È Dio, invece, che può impedire all’uomo di soccombere alla tentazione.

Ora occorre che i protestanti, gli ortodossi, gli anglicani si allineino su questa nuova formulazione cattolica. Nel 1966, i teologi cattolici, protestanti, ortodossi si erano alleati per riflettere su una traduzione veramente ecumenica (con gli stessi termini) del Padre Nostro, che non esisteva prima della rivoluzione del Concilio Vaticano II. Avevano proposto un testo comune alle loro Chiese, che lo avevano adottato. Senza dubbio oggi si metteranno nuovamente d’accordo per ratificare la nuova preghiera nei termini già definiti dai cattolici. Anche solo per smentire coloro che si lamentano dello stato di avvicinamento ecumenico che avrebbe perso vigore e si preoccupano del risveglio di riflessi comunitari.



Venerdì 01 Novembre,2013 Ore: 19:36
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 01/11/2013 20.18
Titolo:«Non dire: Mi sono sviato per colpa del Signore, perché Egli non fa ciò che det...
ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA LETTERA DI GIACOMO, DA *


[...] Agapan è il verso dell’amore gratuito, oblativo e
fedele capace di porre l’amato al di sopra di tutto, anche di se stessi e di ogni proprio interesse. È la
prima indicazione dello shema’ Israel: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta
l’anima, con tutte le forze» (Dt 6,4-5; Mt 22,34-40).


1,13-15: Riprendendo una riflessione del Siracide (Sir 15,11-17: «Non dire: Mi sono sviato per colpa
del Signore, perché Egli non fa ciò che detesta»), Giacomo ribadisce che la tentazione non viene da
Dio, che detesta il male e non spinge nessuno al male. Essa viene piuttosto dal cuore dell’uomo, da
cui si producono pensieri desideri e azioni cattive, che contaminano l’uomo (Mt 15,15-20). Si
descrive poi la genesi del peccato a partire dal cuore: la concupiscenza (epithymia), desiderio
smodato e possessivo, che pretende l’afferrare immediato dell’oggetto del proprio godimento,
trascina (exelkomenos) e seduce (deleazomenos), portando a concepire (syllabousa) il peccato già
nell’intimo del cuore, sino a partorirlo (tiktei amartian). Una volta portato a compimento
(apotelestheisa), il peccato procura la morte (apokyei thanaton). La seduzione da parte della
concupiscenza è descritta al pari del fascino perverso della donna sfacciata, della maritata in veste di
prostituta che compare nei Proverbi (Pr 7,6-27): essa si fa strada con dolce lusinga, sino a far cadere
in trappola. Analoga descrizione quasi psicologica del generarsi del peccato dal desiderio la si trova
nei Salmi: «Ecco, l’empio produce ingiustizia, concepisce malizia, partorisce menzogna» (Sal 7,15).
Il processo verso il peccato, sotto il pungolo lusinghiero della tentazione è descritto in Gen 3: la
donna fa spazio nel suo cuore alla parola del tentatore che fa concepire al suo cuore il desiderio, sino
alla consumazione dell’atto trasgressivo, che tende a propagarsi, procurando divisione e morte.
Giacomo descrive in modo paradossale un processo generativo interno al cuore, pari a quello che
accade nel grembo di una donna, il quale, tuttavia, anziché produrre vita genera morte. Non si tratta
qui con buona probabilità della morte in senso escatologico, quale pena eterna dei dannati; si tratta
piuttosto di una situazione esistenziale e spirituale ormai incapace di produrre frutti di opere buone.
Più avanti, nella terza parte, l’apostolo riprende la riflessione sui desideri smodati del soggetto che
procurano guerre e divisioni, diventando peccati sociali, generatori di una cultura di morte (4,1-2).
b) 1,16-17: Il secondo passo, descrive un movimento contrapposto al primo: l’uomo, cogliendo la sua
fragilità apre il suo cuore verso l’alto, implorando il dono buono e perfetto (pasa dosis agathe kai
19pan dorema teleion) della Sapienza, che proviene dal Padre della luce. Questi è descritto ancora nei
suoi tratti essenziali di chi non ha alterazione (parallaghe), né ombra di mutazione (tropes
aposkiasma), tratti che rafforzano l’idea già sopra espressa di una generosità tutta luminosa, senza
ombre né pentimento [...]


*

http://www.diocesilucca.it/documenti/sussidio_lettera_giacomo.pdf
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 02/11/2013 12.45
Titolo:SUL "PADRE NOSTRO", LE RIFLESSIONI DI ERASMO DI ROTTERDAM
Come osi dire \"Padre\"? Ma CHI è il \"Padre\" tuo?

di Erasmo da Rotterdam *

- Quale preghiera, vorrei sapere, recitano i soldati durante [le] messe? Il Pater noster?
- Faccia di bronzo! Osi chiamarlo \"padre\", tu che vuoi tagliare la gola al tuo fratello?
- \"Sia santificato il tuo nome\". Che cosa c’è che disonori il nome di Dio più che queste vostre risse?
- \"Venga il tuo Regno\". Preghi così tu, che con tanto sangue hai edificato la tua tirannide?
- \"Sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra\". Lui vuole la pace e tu prepari la guerra?
- \"Dacci il nostro pane quotidiano\". Chiedi al Padre comune il pane quotidiano tu, che incendi le messi del fratello e preferisci morire di fame tu stesso, piuttosto che egli se ne giovi? Con che fronte pronunci queste parole:
- \"E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori\", tu, che ti appresti alla strage fraterna?
- \"E non ci indurre in tentazione\". Scongiuri il pericolo della tentazione tu, che con tuo rischio provochi il rischio del tuo fratello?
- \"Ma liberaci dal male\". Chiedi di essere liberato dal male tu, che dal male sei ispirato a ordire il male estremo del tuo fratello?

- (Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia, 1509)
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 04/11/2013 18.00
Titolo:"SDEMONIZZARE" DIO. Una “tentazione” teologicamente corretta...
Una “tentazione” teologicamente corretta

di Stéphanie Le Bars

in “Le Monde” del 17 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Ci sono voluti cinquant’anni alla Chiesa cattolica e ai suoi esegeti per, in un certo senso, “sdemonizzare” Dio. Dal 22 novembre prossimo, una nuova traduzione [in francese] del Padre Nostro ridarà al Dio cristiano il posto che gli spetta. E i milioni di cattolici francofoni che recitavano, pur senza saperlo, un testo erroneo, torneranno sulla retta via.

Quindi, alla sesta richiesta di tale preghiera basilare per i cristiani, non bisognerà supplicare “ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione), ma “ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciare che entriamo in tentazione). Una formula certo meno felice dal punto di vista della fluidità lessicale, ma teologicamente più corretta, secondo i numerosi specialisti che hanno studiato da decenni questa frase controversa.

La traduzione del 1966, basata su un compromesso ecumenico tra cattolici, protestanti riformati e ortodossi, era stata considerata “blasfema” da alcuni teologi fin dalla fine degli anni ’60 e rifiutata dalle correnti più tradizionaliste. La formulazione faceva infatti pensare che Dio stesso incitasse i fedeli a soccombere alla tentazione. “Quella traduzione presuppone una certa responsabilità di Dio nella tentazione che porta al peccato, al male. Ma in tutto il Nuovo Testamento, non si dice che Dio tenta la creatura umana”, ricordava nel 2011 Mons. Hervé Giraud, vescovo di Soissons e autore di un testo che riassume gli annessi e i connessi di questo tema spinoso. “Normalmente è il diavolo che si incarica di questa operazione”, insisteva.

Fin dal 1969, l’abate Jean Carmignace sottolineava nella sua tesi “Ricerche sul Padre Nostro”, le difficoltà di interpretazione sollevate dal passaggio dall’ebraico al greco e dal greco al francese. Il religioso proponeva ai fedeli una formula meno compromettente: “Fais que nous n’entrons pas dans la tentation”(Fa’ che non entriamo in tentazione). Nel corso degli anni, alcuni, tra i protestanti, hanno preferito l’espressione “ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione), un’espressione adottata nel 2000 dalla Bibbia di Gerusalemme.

Altri hanno proposto “ne nous induis pas en tentation” (non indurci in tentazione) o anche “ne nous introduis pas en tentation” (non introdurci in tentazione), opzioni tutte giudicate inadatte. I più anziani ricordano la formula anteriore al Vaticano II (1962-1965), in cui si dava rigorosamente del “voi” a Dio: “Ne nous laissez pas succomber à la tentation” (Non lasciateci soccombere alla tentazione).

La modifica apportata ora alla preghiera che, secondo la tradizione, sarebbe stata trasmessa da Gesù stesso agli apostoli, è il risultato di un lungo lavoro iniziato diciassette anni fa da decine di traduttori. È la parte più visibile, quella di cui il grande pubblico si accorge, di un impegno molto più vasto che mira a proporre una nuova versione della Bibbia per la liturgia francofona. Si annunciano ad esempio cambiamenti nel testo delle Beatitudini.

Verosimilmente ci vorranno anni prima che le chiese risuonino del frutto di questo lavoro, convalidato in luglio dal Vaticano. In Francia, questa versione sarà presentata ai vescovi nella loro assemblea plenaria di inizio novembre a Lourdes. Poi la “Bibbia ufficiale di 2.928 pagine” sarà venduta al “prezzo di lancio di 59.90 euro”, secondo la rivista Famille chrétienne, che annunciava questo “evento importante per la Chiesa” fin dal 5 settembre.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 05/11/2013 12.43
Titolo:I VESCOVI FRANCESI E LA "RECOGNITIO" VATICANA...
Esce una nuova traduzione a cura dei vescovi francofoni

La Bibbia nella liturgia
parla il linguaggio dell’uomo di oggi *

Se ne è parlato solo per il cambiamento di una frase del Padre nostro (da ne nous soumets pas à la tentation a et ne nous laisse pas entrer en tentation), che deve fra l’altro ancora ricevere la recognitio vaticana, facendo quasi passare in secondo piano l’intera opera, frutto di diciassette anni di complesso lavoro. La Bible. Traduction officielle liturgique, che per le edizioni Mame uscirà nelle librerie francesi il prossimo 22 novembre, rappresenta un’opera eminentemente ecclesiale in virtù della molteplicità degli esperti che vi hanno partecipato, tra esegeti, linguisti, innografi, liturgisti, vescovi.

Cinquant’anni dopo l’apertura del concilio Vaticano ii, la traduzione ufficiale liturgica della Bibbia pubblicata dall’Associazione episcopale liturgica per i Paesi francofoni è, per padre Jacques Rideau, direttore del Servizio nazionale della pastorale liturgica e sacramentale, «un frutto della Sacrosanctum Concilium e della Dei Verbum; essa segna questo legame intimo che la Scrittura e la liturgia mantengono l’una con l’altra». Sempre in Francia, intanto, si è aperta l'assemblea plenaria della Conferenza episcopale, per la prima volta presieduta dall'arcivescovo Georges Pontier.

*

©L'Osservatore Romano 4-5 novembre 2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 05/11/2013 21.51
Titolo:TU NON CI INDUCI IN TENTAZIONE. Il "Padre nostro" di G. VVannucci...
[Il "Padre nostro", nella versione di] Giovanni Vannucci*:

Il tentativo forse più riuscito è quello di padre Giovanni Vannucci (1913-1984), il quale era solito dire che «nella Chiesa cattolica il più grande martire è il Padre nostro», a motivo della trascuratezza con cui viene recitato e... vissuto. Padre Giovanni, dell’ordine dei Servi di Maria, fu valente esegeta, e in spirito sinceramente ecumenico visse e operò nell’eremo della Stinche (Firenze).

Egli faceva notare che nell’ebraico ci sono due lingue: quella delle comunicazioni ordinarie e quella sacra che, diceva, «va riscoperta pazientemente, tenacemente, attentamente, ma soprattutto nel silenzio e nell’ascesa del nostro essere. Ora, la lingua sacra ebraica conosce soltanto due tempi: lo stato di perfezione e lo stato di imperfezione».

Questo, secondo padre Vannucci, si applica anche al Padre nostro, le cui espressioni non indicano un puro desiderio condizionato alla fallibile volontà dell’uomo, ma contengono un’affermazione di fede nella quale si riflettono gli immutabili disegni divini.

Tenendo conto di questo, dovremmo tradurre – precisa padre Vannucci – non "sia santificato il tuo nome", ma santo è il tuo nome; non "venga il tuo regno", ma il tuo regno viene; non "sia fatta la tua volontà...", ma la tua volontà si compie nella terra come nel cielo; non "dacci oggi il nostro pane quotidiano", ma tu doni a noi il pane di oggi e di domani ("quotidiano" traduce un termine che ha il doppio significato di pane terreno e pane celeste). E ancora: tu perdoni i nostri debiti nell’istante in cui li perdoniamo ai nostri debitori; tu non ci induci in tentazione, ma nella tentazione tu ci liberi dal male.

Anche per padre Vannucci, come per santa Teresa d’Avila, questa fu una vera e propria scoperta. «Dovete scusarmi, ma prima d’ora non me ne ero accorto», furono le parole pronunciate sommessamente, e con un accenno di sorriso che chiedeva comprensione, alcuni mesi prima della morte.

Secondo padre Giovanni Vannucci, questa versione nel nostro idioma della preghiera di Gesù, così diversa da quella che solitamente siamo abituati a recitare, era più fedele all’autentico senso originario della lingua parlata da Cristo ed era coerente con altre parole di lui riportate nei racconti evangelici: «Padre nostro che sei nei cieli, / santo è il Tuo Nome, / il Tuo Regno viene, / la Tua volontà si compie / nella terra come nel cielo. / Tu doni a noi il pane di oggi / e di domani. / Tu perdoni i nostri debiti / nell’istante in cui / li perdoniamo ai nostri debitori. / Tu non ci induci in tentazione, / ma nella tentazione / tu ci liberi dal male».



* Cfr.: Antonio Gentili, Il Vangelo in una sola preghiera (Jesus, n. 8, 1999 - http://www.stpauls.it/jesus00/0899je/0899je70.htm)

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (5) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La chiesa di Papa Francesco

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info