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www.ildialogo.org Il diritto primordiale  ,di Mirella Camera

Il diritto primordiale  

di Mirella Camera

22 settembre 2013
dal blog a latere
Malgrado il malumore, per usare un eufemismo, dei cattolici doc, quelli affezionati alle bandiere e agli stendardi, per i quali la difesa dei “principi non negoziabili” ha rappresentato il compendio della loro identità cristiana e che hanno rimproverato al papa di non pronunciarsi abbastanza decisamente contro l’aborto, ebbene malgrado costoro il termine che Francesco ha usato a proposito della difesa della vita al suo inizio è forse uno dei più energici che siano stati espressi negli ultimi tempi: essa, ha detto, è “un diritto primordiale”.(1)
Questo significa non solo che sta temporalmente prima di tutti gli altri, ma anche che è fondativo rispetto a tutti gli altri e in qualche modo li regge tutti quanti: perché se non c’è prima la vita, che senso ha senso parlare, per esempio, di diritto alla salute, allo studio, alla libertà di espressione e così via?
Significa anche che quando entra in conflitto con altri - e sempre, quando ciò accade, si determina una situazione tragica - non si tratta di optare fra due diritti alla pari (lavoro o salute? tanto per stare coi piedi per terra), ma di scegliere in base a questa implicita gerarchia: prima di tutto la vita, poi quello che segue perché sia anche dignitosa.
Già, ma la vita di chi? O meglio - poiché questo termine è ormai irrimediabilmente impregnato di connotazioni ideologiche - l'esistenza di chi? Della nuova creatura in arrivo che rappresenta la massima povertà dell'essere - in fieri, inerme, incompleto, in balia di tutto e di tutti - o della donna (bisognerebbe dire della coppia, ma quanto è raro!), la cui esistenza è già saldamente in atto pur con tutte le precarietà che potrebbero insidiarla diventando madre? Si tratta davvero di un conflitto di diritti alla pari o c'è un clamoroso squilibrio tra le due poste in gioco dove, al di là di tante parole e giustificazioni, la realtà attuale è, di fatto, una legittimazione del diritto del più forte?
Purtroppo, in una società divisa ideologicamente dove le parole sono diventate altrettanti slogan da sbandierare a brutto muso contro gli avversari, è difficile fare tabula rasa di tutta l'eredità storico culturale che ci ha portato fin qui e affrontare la faccenda con occhi nuovi.
Finora si è risolta con l'assunto che, in caso di gravidanza indesiderata, uno dei soggetti ha dei diritti e l'altro nessuno, dal momento che non è nemmeno un soggetto. Una posizione da leguleio ipocrita, perché quando la gravidanza è desiderata, invece, il non nato è considerato già persona a tutti gli effetti a cominciare dal suo diritto alla salute (proprio la sua, non quella della madre).
Poi ci sono i motivi di quell'indesiderata. Lasciamo perdere il rischio vita della madre. Quello sarebbe un tragico conflitto tra due diritti - forse- uguali. Ma gli altri? Chiedersi se sono seri non sarebbe onesto. La maggior parte delle volte sono serissimi.
Lei è una ragazzina, giovanissima e immatura, va ancora a scuola: giocava a far la donna e "c'è rimasta". L'altra ha già tre figli e il marito è finito in cassa integrazione: non c'è proprio spazio per un quarto. Una si è appena lasciata col padre del bambino perché è un violento possessivo, le faceva fare una vita d'inferno; quell'altra è stata addirittura stuprata ed è rimasta incinta. Una ha la certezza di trasmettere al bimbo una malattia grave, lo dicono le analisi; un'altra è malata mentale e assolutamente incapace di allevare un figlio. Eccetera. Ci sono montagne di motivi gravissimi e serissimi per pensare che sia meglio che un bambino non nasca.
Meglio per tutti tranne che per l'interessato, ovviamente. Che viene derubato della sua esistenza prima ancora di sperimentarla. Quello che perde è incommensurabile, rispetto ai problemi che si troverebbe ad affrontare venendo al mondo. Ma siccome non sa cosa perde, ci si sente autorizzati a decidere per lui senza problemi: tanto lui non soffre, gli altri invece potrebbero. Tra una certezza e un condizionale, non si deve sceglie la certezza?
Vogliamo dire la verità? Questa soluzione non è meditata, è sbrigativa. Indegna di una società civile che si riempie la bocca parlando di diritti. Una soluzione meditata, all'altezza non solo della cultura cristiana dentro cui si è formata, ma anche della ragione laica e dei principi umanistici che l'hanno corroborata, tiene entrambi i punti fermi e non sottovaluta nulla.
Il diritto alla vita (che del resto è sbandierato dalla Carta dei Diritti dell'Uomo) e la serietà dei motivi per non accettare un figlio vanno tenuti insieme, non devono creare una situazione in cui una parte sia destinata a soccombere. In senso letterale. Basta con questa ossessione del tertium non datur. Il tertium va desiderato, ricercato, perseguito, inventato, reso possibile con tutte le forze.
Tra l'altro una via alternativa c'è già ed è già praticata, anche se in minima parte, probabilmente per la forte pressione culturale che ha banalizzato l'aborto e l'ha addirittura trasformato in una "conquista della donna" (quanto bieco e ipocrita maschilismo ci sia dietro a questa formula merita un discorso a parte). E' quella di far nascere comunque il bambino e sostenere la madre (o la coppia) nella scelta di affidarlo ad altri. Il fatto che questa strada sia poco praticata, che sia dolorosissima per la donna e quasi lancinante per la sua coscienza, è proprio il segno della contraddizione di una mentalità sbrigativa e superficiale: si preferisce avallare come pratica di massa il togliere di mezzo un'esistenza piuttosto che "averla" e poi "cederla". È il segno di una mentalità del possesso che inevitabilmente produce quella dello scarto. Era chiaro fin dai tempi di re Salomone (2).
Però Francesco ci esorta a non partire dal fondo, dall'esito di un processo mentale da condannare, come è avvenuto negli ultimi decenni da parte dei cattolici, ma dall'inizio (non a caso ha usato la parola "primordiale"): dalla consapevolezza della grandiosità di una esistenza, della sua dignità assoluta, del suo diritto incontestabile a dispiegarsi nel mondo come tutte le altre. Una volta acquisito questo come pensiero comune, come dato lapalissiano, il resto verrà da sé. Allora molti gravi motivi appariranno meno gravi, altri irrisolvibili troveranno l'accoglienza di altri madri e padri, qualcuno escogiterà soluzioni che non si vedevano prima, e pian piano si farà strada il concetto, apparentemente ovvio, che per una creatura umana poter esistere è il primo diritto in assoluto, inalienabile, irrinunciabile, che merita ogni possibile creatività sociale per assicurarlo.
E il fatto che per decenni proprio gran parte dell'umanità "progressista" l'abbia clamorosamente frainteso forse era il frutto di una grandissima sbornia ideologica collettiva.
______________________________
(2) 1Re 3,16-28



Lunedì 23 Settembre,2013 Ore: 08:45
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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