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www.ildialogo.org   Per una “teologia della pelle”?,di Fausto Marinetti

Brasile/Rio
  Per una “teologia della pelle”?

di Fausto Marinetti

I midia occidentali potranno mai spiegare un papa, che sceglie come primo viaggio il santuario degli immigrati inghiottiti dal mare dell’ignavia delle patrie, dei mercati comuni?

Ed eccolo al secondo round, quasi una gita, per giocare in casa con i giovani del mondo nella sua America Latina.

Un papa che viene dalla “fine del mondo”, abituato a vedere le cose “dalle periferie” della storia, come si sente nell’epicentro della cristianità? Me lo chiedo quando apro l’insipido Sat 2000, leggo il presuntuoso Settimo Cielo, giornali e riviste servili, siti ultra-cattolici.

Chi è nato e si è integrato nella società consumistica potrà mai cogliere cosa vuol dire un papa che viene da una famiglia di emigranti, un abitué delle favelas, carceri, ospedali, uno che ha “studiato” la teologia a piedi nudi e la “teologia-della-fame”?

Come capirlo dalla sponda dei paesi ricchi, che dominano il sud del mondo con istituzioni (FMI, Banca Mondiale), che dettano leggi/capestro all’economia dei popoli/Lazzaro? Con la connivenza/collaborazione attiva/passiva dei loro teologi? Un Papa “allievo” di Medellin dove, per la prima volta, si è parlato (nel 1968!) di «far scendere dalla croce i (popoli) crocifissi di oggi»? La “teologia del popolo” ha inventato nuove pratiche evangeliche: ci si auto-crocifigge in piazza (l’ho visto a La Paz, Bolivia), come a dire: “Governanti! Il torto che fate a noi, lo fate al Cristo in persona”. E la devozione popolare ha prodotto nuove immagini sacre: contadini crocifissi, donne in croce, bambini con i chiodi della fame?

Un Papa i cui gesti sono più eloquenti delle parole. Quanti professionisti della fede ne seguiranno l’esempio? Lavare i piedi ai carcerati; appartamento modesto; macchina popolare; rifiuto di mitrie e croci di oro; scarponi neri; pagarsi il conto; raccomandarsi alle preghiere del popolo.

Il sottoscritto, reduce da 20 anni di missione nel nordest brasiliano, andato per evangelizzare, ne è stato evangelizzato; per battezzare ed è stato battezzato nelle lacrime e nel sangue di un popolo impoverito; per sfamare e si è alimentato della sua religiosità e cultura secolare. Un popolo semplice, abituato a soffrire, inventa l’ottimismo del “dare un jeito, um jeitinho”: c’è sempre una soluzione, uno stratagemma per “ingannare la fame”. A tavola c’è sempre un posto in più: “basta aggiungere un po’ d’acqua ai fagioli”. L’impoverito, schiavo di lungo corso, “confia, desconfiando”, “si fida, non fidandosi” (del ricco e del prete!).

Da dove viene quel sentirsi a proprio agio nel bagno di folla, quel toccare e farsi toccare, abbracciare, baciare i bambini, stringerli a sé? Un prete del Cearà me lo ha spiegato con la sua pratica pastorale: al funerale non pronuncia le solite chiacchiere consolatorie. Condivide il pianto, abbraccia, stringe forte i dolenti; visita i malati e non fa che ascoltare; poi una preghiera ed un abbraccio ancor più efficace. Senza ritegno, senza parsimonia, con naturalezza. L’ho osservato a lungo. Conclusione: noi occidentali siamo frigidi, razionalisti, dottrinali; loro, tutto cuore, sentimento, abbraccio. Verrebbe da dire: trasmettono Dio con la pelle, attraverso la pelle. Forse si può parlare di una “teologia della pelle”?

Scusa: quando hai scelto di chiamarti Francesco eri cosciente della sfida, che assumevi? Coraggio o temerarietà? Riuscirai a spogliarti, come lui, sulla piazza della storia? Di che cosa? Dei panni teologici che tarpano il volo dello Spirito che preferisce soffiare nelle periferie? Delle culture occidentali onniscienti ed onnipotenti, dei settarismi ed esclusivismi di certi movimenti cattolici, delle religioni/superstioni/fanatismi, ecc.?

Nel “santuario di Lampedusa”, denunci la “globalizzazione dell’indifferenza”, l’incapacità di piangere; cerchi di suscitare la vergogna dei “buoni cristiani, bianchi e occidentali”. Non ti rivolgi ai devoti, ma da “padre di tutti”, lanci quel grido che ferisce la storia dell’occidente egoista, chiuso, insensibile: «Uomo dove sei? Che umanizzazione è la vostra?».

Non ti manca un pizzico di paterna ironia per i tuoi fans: «quando la chiesa perde questo coraggio apostolico diventa una chiesa ferma, una chiesa ordinata, bella, tutto bello, ma senza fecondità, perché ha perso il coraggio di andare alle periferie … Quelli che non camminano per non sbagliarsi, fanno uno sbaglio più grave” (8.5. 2013). E ai movimenti ecclesiali: «Non chiudersi, per favore! … Quando la chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala … La chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma uscire … Preferisco mille volte una chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una chiesa ammalata per chiusura!». « La chiesa trionfalista è felice così, ben sistemata, con tutti gli uffici, tutto a posto, tutto bello, efficiente. Ma è una chiesa che rinnega i martiri … Pensa solo ai trionfi, ai successi, e non conosce la regola di Gesù: la regola del trionfo tramite il fallimento, il fallimento umano, il fallimento della croce» (29.5. 2013); «alcuni che pensano che seguire Gesù è fare carriera» (28.5. 2013). E ai rappresentanti dei movimenti ecclesiali che gridano: “Francesco, Francesco!”, rispondi: «Io avrei voluto che voi gridaste: “Gesù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!”. Da qui in avanti, niente “Francesco”, ma “Gesù”!».

Vuoi non solo una chiesa che si pone al servizio dei poveri, che opera in loro favore, ma una chiesa che si fa povera. Non pauperismo ideologico, non romanticismo di una povertà formale, ma una necessità vitale per un occidente annoiato ed anoressico.

Troppi presumono di sapere chi è, cosa vuole un papa da “fine del mondo”? Superficiale fermarsi all’involucro dei tuoi gesti. Va bene entusiasmarsi per un papa che si presenta come un uomo e non vuole essere trattato da capo di stato. Infatti porta la sua cartella, siede a tavola con i cardinali, saluta cordialmente, abbracci e strette di mano calorose. Ma cosa c’è dietro ciò che appare? Quale messaggio? Quello che i il secolo del benessere di massa non vuol sentire? Il primo mondo (bianco e cristiano) ha mai accolto la sfida del sud mondo?

L’ho vissuto sulla mia pelle. Credevo di sapere tutto (o quasi) sulla “teologia dei popoli impoveriti”. Invece! Sono andato a vivere sul vulcano della miseria con la pretesa cattolica di redimere i poveri, sfamandoli… Ogni giorno bussavano alla mia porta tanti di quei poveri cristi, che se ne aiutavo 10, il giorno dopo ne arrivavno 100, il giorno dopo ancora 200. E così via… Allora ho toccato con mano che cosa è la miseria istituzionalizzata imposta con le leggi di mercato. Ho “visto” che la denutrizione, la morte ingiusta e prematura di 40 milioni di esseri umani all’anno (una seconda guerra mondiale permanente) non è un fenomeno naturale, ma sociale, pianificato con le strutture stesse della società.

Francesco, darai corda anche tu ai cattolici comodi e molleggiati del primo mondo? smorzerai il fuoco del vangelo? Ci illuderai, ripetendo che basta fare opere di bene, darsi all’assistenzialismo, elemosina, volontariato, briciole di bontà? Così riduttivo il messaggio di colui che si presenta sulla scena della storia con la pretesa di cambiare le regole del gioco? Con quel “ma Io vi dico…”? uno che pretende portare sale, fuoco, spada? Che osa lanciare parole roventi contro i popoli arricchiti alle spalle dei popoli/impoveriti? “Guai a voi… razza di vipere… sepolcri imbiancati…”? Uno che non parla solo ai singoli, ma, oggi, direbbe ai popoli bianchi e cristiani: “Gli indios, i selvaggi ignoranti e immorali, i favelados, i popoli emarginati dalla storia non hanno mai inventato guere mondiali, campi di sterminio, pulizie etniche, Hiroshima e Nagasaki, guerre umanitarie… Quando mai i popoli bianchi e cristiani hanno riconosciuto i loro crimini contro l’umanità? Se non li ammettono vuol dire che sono pronti a ripeterli?”.

Potrà mai un’Europa dalle “radici (suppostamente) cristiane” cambiare rotta se non si riconcilia con una storia di brigantaggio costata la vita/cultura/religione di milioni di indios? Quando si lede la giustizia, non si è tenuti a riparare il danno e restituire la refurtiva?

Francesco: avrai la “sfrontatezza evangelica” di dichiarare che l’evangelizzazione non si limita a facili devozioni, pellegrinaggi sportivi, elemosine di rito, conversioni individuali, ma anche delle strutture economiche e sociali? Avrai la temerarietà di rompere la placenta di un cristianesimo dottrinale, intimista, spiritualeggiante, avulso dalla vita dei popoli depauperati delle materie prime e della forza lavoro sottocosto, le facili delocalizzazioni nuove forme di colonizzazione della manodeopera? Avrai il coraggio di mettere a nudo una evangelizzazione assistenzialista, perché è gratificante dar da mangiare ai poveri per strada, pregare con i delinquenti, visitare i drogati, ecc.? Tutto ciò potrà mai costituire una risposta all’esclusione sociale di interi popoli o di continenti alla deriva? Nessuna critica all’imperiasmo del denaro, allo sfruttamento finanziario, alla denuncia delle cause perverse di un sistema di “mors tua, vita mea”?

La società affluente strumentalizzerà i tuoi “fioretti” per farne spettacolo attraente?

E poi il tocco finale sull’aereo del ritorno: “Chi sono io per giudicare un gay”? “La donna: ma Maria non è più importante degli apostoli, quindi dei vescovi, dei preti?”. “Ci occuperemo dei risposati… la misericordia di Dio è grande”.

Saprai sorprenderci ancora e sempre? Intanto prenditi il tuo meritato riposo. E sogna, sogna le folle… guardale negli occhi, tocca, abbraccia, bacia… a tuo agio… sorridi, sorridi… sguardi di affetto, di complicità… sorridi a tutti… anche a noi cristiani all’acqua di rose, integrati, funzionali al sistema… sorridi, sorridi della nostra meschinità…

Fausto Marinetti




Martedì 30 Luglio,2013 Ore: 23:17
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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