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www.ildialogo.org LA FILOSOFIA DELLA SPERANZA NELL'EPOCA DELLA DISPERAZIONE,di Augusto Cavadi

LA FILOSOFIA DELLA SPERANZA NELL'EPOCA DELLA DISPERAZIONE

di Augusto Cavadi

Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore che ringraziamo, dal suo blog Augustocavadi.com
WWW.ZEROZERONEWS.IT
 Su richiesta del direttore Gianfranco D'Anna ho spedito da Lovere (Bergamo) questo aggiornamento sulle vacanze filosofiche in corso.
     Alla fine del mio ultimo anno di liceo (1968-69) scelsi la facoltà di filosofia perché pensavo fosse un modo di contribuire a cambiare il mondo. Per fortuna in quegli anni non era impossibile optare per l’insegnamento nei licei: e fu questo un primo ambito di servizio culturale e politico. Ben presto, però, capii che fuori dalle aule scolastiche c’era molta gente desiderosa di pensare con la propria testa, e di confrontarsi spregiudicatamente con concittadini altrettanto desiderosi di mettersi in gioco: da qui una serie di iniziative che, grossolanamente e un po’ autoironicamente, definisco “filosofia per non…filosofi (di professione)” (cfr. il sito vacanze.domandefilosofiche.it).
 Mentre batto queste righe al computer sono a Lovere, sulla sponda bergamasca del delizioso lago d’Iseo, dove dal 21 al 27 agosto ho co-organizzato, con un collega e amico di Roma (Elio Rindone), la XXI “Settimana Filosofica per non …filosofi”. Come ogni anno, anche quest’anno la partecipazione (che cerchiamo di contenere entro quaranta persone) è varia per provenienza geografica (dalla Lombardia alla Sicilia), per età (dai 28 anni ai 96), per stato sociale (disoccupati e magistrati, impiegati e insegnanti di varie discipline). Sin da ieri sera (all’incontro di apertura in cui ognuno è stato invitato a presentarsi e comunicare brevemente le sue aspettative) si è registrato un diffuso interesse per la tematica prescelta: Lo spazio della speranza nell’epoca della disperazione. Per una tragica coincidenza la discussione è partita a pochi giorni dal disastro del ponte di Genova, a poche ore dall’esondazione del fiume nel Pollino e mentre una nave carica di immigrati vaga nel Mediterraneo in attesa che qualche governo si degni di accoglierla; più ampiamente in una fase storico-politica italiana e internazionale dove le velleità sovranistiche (un modo eufemistico di ribattezzare i disastrosi nazionalismi del XX secolo) sembrano minacciare quel poco di cooperazione che, faticosamente e non senza contraddizioni, si stava costruendo all’interno dell’Europa e fra Occidente e Oriente. Ma la speranza, per quanto possa avere echi collettivi, nasce come atteggiamento squisitamente personale: ed è proprio come soggetti individuali che ci troviamo orfani delle “grandi narrazioni” - dalla tradizione ebraica e cristiana al comunismo marxista e alla socialdemocrazia – ed esposti al mistero di un universo sempre più grande di quanto riusciamo a percepirne. Veramente, per dirla con Malraux, siamo la prima generazione dell’umanità che non sa che cosa ci sta a fare sulla terra.In questo contesto la filosofia non ha né ricette da prescrivere né, tanto meno, consolazioni da distribuire: ciò che può, e vuole, fare è capire la cause di questa situazione spirituale e dunque esaminare criticamente alcune ipotesi per uscirne senza precipitare dalla padella dello smarrimento alla brace dei fondamentalismi dogmatici. In questa disamina i due organizzatori saremo aiutati da tre colleghi che stimiamo molto: Francesco Dipalo che, attraverso alcuni pensatori occidentali, interrogherà il buddhismo; Orlando Franceschelli che, con tutta la vigilanza critica necessaria, darà voce alle ragioni di Nietzsche; Salvatore Fricano che racconterà alcune esistenze filosofiche in cui la speranza è stata incarnata prima che teorizzata. 
  Insieme alle dichiarazioni di interesse si sono registrate già al primo incontro propedeutico delle riserve di segno contrario: qualcuno ha sinceramente ammesso di essere stato indotto a tornare, più che dal tema specifico, dal desiderio di ritrovare il clima di cordialità amichevole, di autenticità etica e di libertà intellettuale respirato in edizioni precedenti. Qualche altro (Chiara) ha un po’ spiazzato l’uditorio confessando di non condividere il titolo della Settimana: perché nell’epoca della disperazione? Se il titolo fosse realistico, lei sarebbe una “disperata a propria insaputa”. Qualche altro ancora ha obiettato che non sarebbe strano: parafrasando Heidegger, si può essere talmente disperati da non sapere neppure di esserlo. 
Insomma, come in ogni contesto filosofico non inquinato da diplomazie accademiche, la gamma delle posizioni si è da subito delineata vasta e articolata. Abbiamo visto come si è avviata la riflessione, sapremo in pochi giorni come si concluderà.
Augusto Cavadi
www.augustocavadi.com
  



Venerdì 24 Agosto,2018 Ore: 18:13
 
 
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