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www.ildialogo.org ABRAMO E IL "PADRE NOSTRO": INTERI MILLENNI DI IMBROGLI. L' Amore non induce in tentazione!  Un lettera aperta (a filosofi, teologi, e psicoanalisti),di Federico La Sala

QUESTIONE TEOLOGICA E ANTROPOLOGICA. "Di quale Dio parliamo quando parliamo di Dio, e di quale Dio parlano quando parlano di Dio? La domanda è cruciale. Infatti non è per niente chiaro, non è sempre lo stesso, e sovente non è un Dio innocuo" (Raniero La Valle, Se questo è un Dio)
ABRAMO E IL "PADRE NOSTRO": INTERI MILLENNI DI IMBROGLI. L' Amore non induce in tentazione!  Un lettera aperta (a filosofi, teologi, e psicoanalisti)

GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Intorno a noi, la Terra, c’è il "cielo puro" e il "libero mare" - come scriveva Nietzsche, non ci sono gli extra-terrestri, che ci verranno a salvare o a distruggere. Gli extra-terrestri siamo noi! Cosa vogliamo fare? (...)


di Federico La Sala

NOTA INTRODUTTIVA:

IL "PADRE NOSTRO" E IL BAAL-LISTICO "NON CI INDURRE IN TENTAZIONE". MA CHI E’ IL "PADRE NOSTRO": L'AMORE PIENO DI GRAZIA ("CHARITAS") O MAMMONA, L'AMORE PIENO DI INTERESSI ("CARITAS")?!

Nella "Lettera di Giacomo", così sta scritto: "Nessuno, quando è tentato, dica: sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce (...) Non andate fuori strada, fratelli miei carissimi, ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento" (1. 13-16).

NONOSTANTE TUTTA LA CHIAREZZA LOGICA ED EVANGELICA DELL’APOSTOLO GIACOMO SULLA TENTAZIONE, LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA ANCORA OGGI CONTINUA A INSEGNARE E A CHIEDERE AL "PADRE NOSTRO" DI "NON CI INDURRE IN TENTAZIONE"!!! 

 NON C’E’ DA MERAVIGLIARSI: BENEDETTO XVI HA APPENA SCRITTO CHE DIO E’ "MAMMONA" ("CARITAS"): "DEUS CARITAS EST" (2006)... E PAPA FRANCESCO HA SUBITO SOTTOSCRITTO (SENZA PENSARCI DUE VOLTE) LA "LUMEN FIDEI" GIA’ PREPARATA DAL SUO COLLEGA EMERITO...

PER APPROFONDIMENTI SUL TEMA, IN RETE, SI CFR.:

MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.

PER RATZINGER, PER IL PAPA E I CARDINALI, UNA LEZIONE DI GIANNI RODARI. L’Acca in fuga (fls)

___________________________________________________

I DUE CORPI DEL PAPA-RE E LA NOSTRA SOVRANITA’.

Lettera aperta al filosofo Karol Wojtyla (in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Gerusalemme) - [21.03.2000] *

Caro WOJTYLA

sono anch’io un filosofo e Le scrivo in quanto tale. Non ho scritto molto, né sono tanto famoso come Lei, ma, se permette e vuole, desidererei sottoporre alla sua attenzione alcune mie idee e riflessioni relative al comportamento della persona, di cui Lei è autorevole e strettissimo collaboratore e consigliere, il Papa Giovanni Paolo II.

Entriamo subito in argomento. Il Suo recente, spettacolare, MEA CULPA, lo trovo inconsistente e, per così dire, furbetto ("Di voi pastor s’accorse il Vangelista, / quando colei che siede sopra l’acque / puttaneggiar coi regi a lui fu vista; [...] Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!": Dante, Inf., XIX, vv 105-7, 113-7).

Mi spiego, velocemente: ha notato i segni (io, di origini contadine, a queste cose sono stato abituato da mia madre, mio padre, e dai miei nonni e dalle mie nonne, a farci attenzione: sono piccole conoscenze tecniche di interpretazione che servono - come dice il Galileo della Toscana, non della Galilea, per vedere come va il cielo e per leggere il grande libro della Natura e del mondo, non per capire come si va in cielo) apparsi, nella carne, sulla fronte del Papa (L. Accattoli, Spunta un "graffio" sulla fronte. La Santa sede: "Nulla di grave", Corriere della Sera, 19.04.2000)? Sono due vere e proprie piccole corna, da capretto. E, come Lei sa, molti possono essere i significati del fatto: i fatti sono stupidi - diceva giustamente Nietzsche (ma anche Marx e Freud... ma lasciamo correre. Torniamo al problema).

L’ interpretazione, la più ovvia, è che la gatta, il diavolo, o, più semplicemente, lo stesso Papa - agitandosi nel sonno e nei sogni (per i tanti conflitti latenti sul fronte interno ed esterno del suo Stato), si sia graffiato con le proprie mani - ha messo lo zampino... e tracciati i graffi-ti. Comunque sia, io trovo la cosa molto interessante, e da rifletterci su.

Io penso che, da parte sua, sia meglio invitarLo a farlo. Glielo dica: Papa, si guardi allo specchio, rifletta su se stesso. E lo faccia, sia persuasivo, con il suo cuore e con la sua intelligenza. Glielo dica: Ora, Basta! Non può andare nella Terra Santa con quella faccia, non può più giocare a fare il furbo... deve togliersi di dosso le insegne imperiali di quello Stato Romano del passato, che, con la fede delle armi e con le armi della fede, dovunque arrivava faceva il deserto e lo chiamava pace!

Glielo dica - Gli illumini la mente: il Dio dei nostri padri, come dicono gli ebrei, e come diceva Pascal come Kierkegaard, faceva tutto il contrario, trasformava il deserto in giardini, nel deserto portava l’acqua, non induceva [ripetiamo. 23.03.2000 d. C) e non induce in tentazione nessuno il Padre nostro, non chiedeva né chiede sacrifici di esseri umani (come il dio di quelli e di quelle che tenevano per Baal e che ne dicevano di menzogne!) ma di caproni e capretti...

Glielo dica: Ora, Basta! Lo fermi... prima che si identifichi con l’agnello da sacrificare al suo dio, o che il suo dio vuole sacrificare, e trovi coloro che fanno il ‘gioco’ dello specchio e lo sacrifichino. O, per caso e per assurdo, questi già esistono e sono tutti i suoi Generali che hanno iniziato la lotta di tutti contro tutti (sono solo uomini... Giuseppe e i suoi fratelli!) per prendere il Suo posto e vestire le insegne della Sua carica?

Nessun essere umano è un agnello [Lezione del Dio della Vita ad ABRAMO e ISACCO: Non confondete Baal (l’amore di uno solo, cieco, egoistico, narcisistico, ed edipico) con Me. Io sono UNO, l’Unità dell’uno e dell’altro (di tutte e due). L’Amore non induce in tentazioni! 23.03.2000 d.C] - solo nel sogno, nella follia, o nel gioco vero e terribile della guerra-specchio, questo avviene. Lo svegli: questo è il ‘gioco’ del dio delle menzogne e degli imbrogli - altro che il Dio dei nostri padri e delle nostre madri, degli uomini e delle donne di tutto il mondo.

Caro Illustre collega, riconsideriamo la questione fondamentale - è più attuale che mai. E vediamo, da uomo (io sono colui che sono...) a uomo (io sono colui che sono...) e, più correttamente, da esseri umani (=gli animali che hanno la capacità e la facoltà di ascoltare, pensare, e parlare a un altro animale, e dire io sono colui che sono capace di trattare l’essere umano che ho in me, fuori di me, come un animale ... che non ha questa capacità e facoltà, e lo fa), di sciogliere l’enigma, e finire la partita tra filosofi atei, materialisti, scettici, spiritualisti... e poi vedrà e valuterà se darsi da fare, subito, e di corsa, per salvare il suo Papa dalle grinfie del diavolo - cioè, di quei problemi che si mettono di traverso e rischiano di bloccarlo o farlo cadere rovinosamente. E noi, noi tutti e noi tutte, con lui.

Riepiloghiamo, e chiariamo, per sommi capi: 
-  1) La tradizione ebraica ci dice che " il Signore [SOVRANO, RE, PAPA, SAPIENTE...] è il nostro Dio, il Signore è UNO solo", e che il posto e il ruolo, di questo Uno che regge e governa il Tutto, sul piccolo tutto della nostra Terra, può essere occupato e interpretato solo da un Uomo, Israele, appunto, Giuseppe....e così anche nel campo della tradizione cattolico-romana, fino a Giovanni Paolo II, il Suo Papa; 
-  2) La tradizione greca ci dice che il principio di tutte le cose, è Uno solo, la Natura, che l’Uno è il Dio, l’Essere, che non ha ... né esseri né il Non essere (Parmenide); e che, infine, l’UNO, al di sopra degli esseri e del non -essere e dello stesso Essere, è il Bene, la Misura-Valore di tutte le ricchezze, materiali e spirituali (Platone). Pitagora, come Parmenide, e come Platone (e anche Aristotele) interpreta la cosa come Parmenide: solo l’Uomo che sa giungere a conoscere l’Idea del Bene-Valore può diventare sapiente e re , come e un DIO, sposare la DEA Giustizia (e possedere l’Idea del Bene-Valore).

Le ho reso l’idea di chi ha nella tradizione greca chi ha il diritto di avere in mano la Bilancia e la Misura delle cose e della società? Mi spiego meglio: un figlio (uomo) di Madre Natura, con la conoscenza - furba e astuta, come quella di Zeus (Meti) e di Ulisse (Atena) - di chi non sa del proprio (e di tutti e tutte) padre, nega di non saperlo, lo uccide, e prende il suo posto, quello del RE, il Padre di tutti gli uomini (e quindi anche di lui stesso) e di tutte le donne (e quindi anche della donna che è sua madre) della Città - e si fa sposo della stessa REGINA, la Madre-Città, di tutti (quindi anche di lui stesso!) e tutte (quindi anche della donna che è sua madre), e della stessa Madre Natura.

Chiariamo. Egli, l’uomo-figlio, cieco, ignorante e avido di potere, prende il posto del Padre-RE (di tutti e tutte) e sposa (si allea con) la donna-madre, che ha preso il posto della Madre-REGINA (di tutti e tutte). Ella, cieca e ignorante, avida di potere e corresponsabile (con l’uomo-sposo, della negazione del loro figlio, e della negazione della loro stessa sovrana e reciproca RELAZIONE di Amore e di Amicizia e della vita di loro stessi), come e più del figlio, sposa (si allea con) l’uomo-figlio e, alla fine, resasi conto di cosa ha fatto, si impicca ...

Come l’uomo, così la donna, sono caduti nella stessa trappola - dello specchio, della morte e della cecità... Siamo, alla preistoria - di ciò che è tuttora la nostra storia, all’omicidio del padre Laio, all’incesto, alla follia e alla cecità di Edipo e al suicidio della madre Giocasta, alla peste, alla morte della Città - e della stessa Natura...

Il mio grande amico ebreo, Sigmund Freud, ne ha parlato molto e ha messo a disposizione di tutti e di tutte la chiave per risolvere l’enigma della Sfinge di Tebe di Grecia, come della Tebe di Egitto, del Faraone e di Mosè.

Mi auguro che Lei e il Suo Papa lo conosciate, e che non l’abbiate solo condannato!, e che lo ‘incontriate’ - certamente sarà pure lui a Gerusalemme. E mi auguro che l’incontro a Gerusalemme con il popolo di Israele, di Giuseppe e tutti gli altri fratelli, e con lo stesso Sigmund Freud, sia l’occasione per chiarirsi le idee e ristabilire rapporti di giustizia, verità, di amore e amicizia..

Ricordi tutte queste cose al Papa, quando insieme a tutto il popolo di Israele ("I figli di Giacobbe furono dodici. I figli di Lia: il primogenito di Giacobbe, Ruben, poi Simeone, Levi, Giuda, Issacar e Zàbulon. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. I figli di Bila, schiava di Rachele: Dan e Nèftali. I figli di Zilpa, schiava di Lia: Gad e Aser": Genesi, 21-26), riaffermerà e ripeterà dentro di sé le parole-chiavi "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno solo".

Forse Ognuno dell’uno e l’altro campo, armato della propria fede, non potrà non riconoscere l’errore e capire la cecità in cui, insieme ai greci e ai romani, era - ed eravamo tutti e tutte - caduto, e, tutti e tutte apriranno gli occhi, si riconosceranno, e si abbracceranno come figli e figlie dello stesso UNO, il DIO dei nostri padri e delle nostre madri - la RELAZIONE di AMORE e di AMICIZIA, che fa di ogni io di fronte a un altro io, di tutti e tutte, re e regine, figli e figlie dello stesso Dio (così dentro di sé, così nella famiglia, nella società civile, e nello Stato).

Il Padre nostro di Gesù, il figlio del popolo ebraico e della Madre Terra, era ed è lo stesso Padre nostro di Giuseppe e Maria! Dinanzi a Gesù, nel suo tempo, siamo stati tutti ciechi e tutte cieche: era troppo luminoso per i nostri occhi, e tutti e tutte - come ha detto il nobilissimo e straordinario figlio del popolo ebraico, Franz Kafka - abbiamo abbassato e dovuto abbassare gli occhi ... e poi ci siamo dimenticati di riaprirli e alzarli. Oggi, forse, possiamo capire... e prima che sia troppo tardi.

Ciò che è successo in Sudafrica. Può succedere anche a Gerusalemme... Se l’ho persuasa, e ritiene che nelle cose dette ci sia un granellino di verità, agisca, agisca subito. Anche il Suo Papa, forse, lo sa, e sotto il Sinai ha detto: "Dobbiamo fare presto". Cosa voleva dire? Questo? Allora, glielo ricordi. Consigli il suo Amico. Lo esorti a portare a compimento la sua grande Riforma della Chiesa Cattolica, che faccia un grande dono a stesso, a suo padre e a sua madre, e a tutti gli uomini e a tutte le donne, e al Dio dei nostri padri e delle nostre madri. Lo solleciti a togliersi dal posto che occupa, e a dichiarare che mai più nessun uomo e nessuna donna più lo faccia.

Egli lo sa già, e benissimo. Glielo ricordi! Solo Dio è il Signore - Egli è il Padre nostro - di tutti i nostri padri e di tutte le nostre madri, degli uomini e delle donne, senza nessuna eccezione ed esclusione, di tutto il Pianeta Azzurro - della Terra, la Madre nostra.

Come ha deciso di fare, e sta facendo, già dal 1995, Nelson Mandela, con Frederik De Klerk, Desmond Tutu, anche ebrei e cattolici, tutti i popoli, e tutti gli uomini e tutte le donne, possono ritrovare la fiducia in se stessi e se stesse e la speranza e, finalmente, fare la pace, fare la verità, e "GUARIRE LA NOSTRA TERRA"...

Intorno a noi, la Terra, c’è il "cielo puro" e il "libero mare" - come scriveva Nietzsche, non ci sono gli extra-terrestri, che ci verranno a salvare o a distruggere. Gli extra-terrestri siamo noi! Cosa vogliamo fare? Forse ci conviene deporre le armi e cominciare a dialogare in spirito di verità. Cominciamo.

La discussione è appena agli inizi, continuiamo .... La ringrazio della umana e filosofica attenzione e La saluto. Molto cordialmente. 
-  Milano, 21.03.2000 d.C. Federico La Sala

*Cfr. Federico La Sala, L’enigma della sfinge e il segreto della piramide. Considerazioni attuali sulla fine della preistoria in forma di lettera aperta (a Primo Moroni, Karol Wojtyla e, p. c., a Nelson Mandela), Edizioni Ripostes, Roma-Salerno 2001, pp. 41-48. 

E, ANCORA VOLENDO,  SI CFR.: RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD.

 



Giovedì 07 Novembre,2013 Ore: 18:15
 
 
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Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/11/2013 18.22
Titolo:il "non ci indurrre in tentazione", i vescovi francofoni, e il Vaticano...
Esce una nuova traduzione a cura dei vescovi francofoni

La Bibbia nella liturgia parla il linguaggio dell’uomo di oggi *

Se ne è parlato solo per il cambiamento di una frase del Padre nostro (da ne nous soumets pas à la tentation a et ne nous laisse pas entrer en tentation), che deve fra l’altro ancora ricevere la recognitio vaticana, facendo quasi passare in secondo piano l’intera opera, frutto di diciassette anni di complesso lavoro. La Bible. Traduction officielle liturgique, che per le edizioni Mame uscirà nelle librerie francesi il prossimo 22 novembre, rappresenta un’opera eminentemente ecclesiale in virtù della molteplicità degli esperti che vi hanno partecipato, tra esegeti, linguisti, innografi, liturgisti, vescovi.

Cinquant’anni dopo l’apertura del concilio Vaticano ii, la traduzione ufficiale liturgica della Bibbia pubblicata dall’Associazione episcopale liturgica per i Paesi francofoni è, per padre Jacques Rideau, direttore del Servizio nazionale della pastorale liturgica e sacramentale, «un frutto della Sacrosanctum Concilium e della Dei Verbum; essa segna questo legame intimo che la Scrittura e la liturgia mantengono l’una con l’altra». Sempre in Francia, intanto, si è aperta l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale, per la prima volta presieduta dall’arcivescovo Georges Pontier.

*

©L’Osservatore Romano 4-5 novembre 2013
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/11/2013 18.25
Titolo:TU NON CI INDUCI IN TENTAZIONE. Omaggio a p. G. Vannucci....
[Il "Padre nostro", nella versione di] Giovanni Vannucci*:

Il tentativo forse più riuscito è quello di padre Giovanni Vannucci (1913-1984), il quale era solito dire che «nella Chiesa cattolica il più grande martire è il Padre nostro», a motivo della trascuratezza con cui viene recitato e... vissuto. Padre Giovanni, dell’ordine dei Servi di Maria, fu valente esegeta, e in spirito sinceramente ecumenico visse e operò nell’eremo della Stinche (Firenze).

Egli faceva notare che nell’ebraico ci sono due lingue: quella delle comunicazioni ordinarie e quella sacra che, diceva, «va riscoperta pazientemente, tenacemente, attentamente, ma soprattutto nel silenzio e nell’ascesa del nostro essere. Ora, la lingua sacra ebraica conosce soltanto due tempi: lo stato di perfezione e lo stato di imperfezione».

Questo, secondo padre Vannucci, si applica anche al Padre nostro, le cui espressioni non indicano un puro desiderio condizionato alla fallibile volontà dell’uomo, ma contengono un’affermazione di fede nella quale si riflettono gli immutabili disegni divini.

Tenendo conto di questo, dovremmo tradurre - precisa padre Vannucci - non "sia santificato il tuo nome", ma santo è il tuo nome; non "venga il tuo regno", ma il tuo regno viene; non "sia fatta la tua volontà...", ma la tua volontà si compie nella terra come nel cielo; non "dacci oggi il nostro pane quotidiano", ma tu doni a noi il pane di oggi e di domani ("quotidiano" traduce un termine che ha il doppio significato di pane terreno e pane celeste). E ancora: tu perdoni i nostri debiti nell’istante in cui li perdoniamo ai nostri debitori; tu non ci induci in tentazione, ma nella tentazione tu ci liberi dal male.

Anche per padre Vannucci, come per santa Teresa d’Avila, questa fu una vera e propria scoperta. «Dovete scusarmi, ma prima d’ora non me ne ero accorto», furono le parole pronunciate sommessamente, e con un accenno di sorriso che chiedeva comprensione, alcuni mesi prima della morte.

Secondo padre Giovanni Vannucci, questa versione nel nostro idioma della preghiera di Gesù, così diversa da quella che solitamente siamo abituati a recitare, era più fedele all’autentico senso originario della lingua parlata da Cristo ed era coerente con altre parole di lui riportate nei racconti evangelici: «Padre nostro che sei nei cieli, / santo è il Tuo Nome, / il Tuo Regno viene, / la Tua volontà si compie / nella terra come nel cielo. / Tu doni a noi il pane di oggi / e di domani. / Tu perdoni i nostri debiti / nell’istante in cui / li perdoniamo ai nostri debitori. / Tu non ci induci in tentazione, / ma nella tentazione / tu ci liberi dal male».

* Cfr.: Antonio Gentili, Il Vangelo in una sola preghiera (Jesus, n. 8, 1999 - http://www.stpauls.it/jesus00/0899je/0899je70.htm)
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 07/11/2013 21.32
Titolo:FRANCIA. Ci sono voluti 50 anni perché il Vaticano non bestemmiasse ...
“Padre Nostro”: ci sono voluti 50 anni perché il Vaticano non bestemmiasse più Dio

di Henri Tincq

in “www.slate.fr” del 30 ottobre 2013 (traduzione: www.finesettimana.org)

Rivoluzione nelle fila cattoliche. Ad una scadenza ancora incerta - 2014? 2015? - i fedeli francofoni non reciteranno più la loro preghiera quotidiana favorita, il Padre Nostro, secondo la formulazione in uso da subito dopo il Concilio Vaticano II, quasi cinquanta anni fa (1966). La sesta “domanda” di questa celebre preghiera in forma di suppliche successive fatte a Dio - “Et ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione) - sarà soppressa e sostituita da “Et ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione). Non si tratta di un dettaglio o di una disputa bizantina. È l’epilogo di una battaglia di esperti che dura da mezzo secolo.

La Chiesa pensa di avere l’eternità davanti a sé. Le sono stati necessari 17 anni di lavoro e la collaborazione di 70 traduttori - esegeti, biblisti, innografi - per giungere a questo risultato. 17 anni, è il tempo che è stato necessario per la nuova traduzione integrale della Bibbia liturgica, che, per la Francia, sarà adottata l’8 novembre dai vescovi e che sarà in vendita nelle librerie a partire dal 22 novembre.

Quegli eminenti traduttori sono partiti dai testi originali in aramaico, in greco, in ebraico, e non più dalle traduzioni già esistenti. Ed è questo aggiornamento radicale che ha permesso a questi studiosi, con l’accordo del Vaticano, di giungere alla redazione di un nuovo Padre Nostro, più soddisfacente e più corretto teologicamente.

Il Padre Nostro è la preghiera di base di tutti i cristiani, indipendentemente dalla loro confessione, cattolica, protestante, ortodossa o anglicana. Essa è tanto più sacra in quanto, secondo i vangeli di Luca e di Matteo, è stata insegnata direttamente da Cristo stesso. “Signore, insegnaci a pregare”, gli chiedevano gli apostoli. La risposta di Gesù si trova nelle parole del Padre Nostro, preziosamente riprodotte - “Padre Nostro che sei nei cieli...” - che risalgono così a due millenni fa. Ritrascritta dal greco al latino, è stata poi tradotta nelle lingue parlate del mondo intero.

Questa preghiera, la più comune dei cristiani, può essere recitata o cantata in qualsiasi momento della giornata. Non è codificata come la preghiera dell’islam (cinque volte al giorno e ad ore fisse). Compare in ogni celebrazione della messa dopo la preghiera eucaristica. È anche recitata in tutte le assemblee ecumeniche. È il segno di una volontà di riconciliazione e di unità di tutte le confessioni cristiane, nate dallo stesso vangelo, ma separate dalle loro istituzioni.

[Perversité de Dieu]
Ma perché cambiare oggi un simile monumento della spiritualità cristiana, sul punto preciso della tentazione? Un punto centrale nell’antropologia cristiana. Secondo i vangeli, Cristo ha trascorso quaranta giorni nel deserto ed è stato tentato da Satana: tentazione dell’orgoglio, del potere, del possesso (Matteo 4,11). Gesù stesso ha detto ai suoi apostoli nel giardino del Getzemani, la sera della sua passione, proprio prima del suo processo e della sua morte in croce: “Pregate per non entrare in tentazione”.

Precisamente, cinquant’anni fa, un errore di traduzione è stato commesso a partire dal verbo greco eisphérô che significa letteralmente “portar dentro”, “far entrare”.Questo verbo avrebbe dovuto essere tradotto con: “Ne nous induis pas en tentation” (non indurci in tentazione) o con “Ne nous fais pas entrer en tentation” (non farci entrare in tentazione). I traduttori del 1966 hanno preferito la formula “Ne nous soumets pas à la tentation” (non sottoporci alla tentazione).

Formula contestata. Controsenso, se non addirittura bestemmia, si protesta in seguito. Come è possibile che Dio, che nell’immaginario cristiano è “infinitamente buono”, possa “sottoporre” l’uomo alla tentazione del peccato e del male? È insostenibile.

Tale forma equivoca è stata tuttavia letta dal pulpito in tutte le chiese del mondo francofono, pregata pubblicamente o intimamente da milioni e milioni di cristiani, inducendo, in menti non competenti, l’idea di una sorta di perversità di Dio, che chiede ai suoi sudditi di supplicarlo per sfuggire al male che lui stesso susciterebbe!

Oggi si torna quindi ad una formulazione più corretta: “Et ne nous laisse pas entrer en tentation” (non lasciarci entrare in tentazione). Così il ruolo di Dio è compreso meglio, riabilitato. Dio non può tentare l’uomo. La tentazione è opera del diavolo. È Dio, invece, che può impedire all’uomo di soccombere alla tentazione.

Ora occorre che i protestanti, gli ortodossi, gli anglicani si allineino su questa nuova formulazione cattolica. Nel 1966, i teologi cattolici, protestanti, ortodossi si erano alleati per riflettere su una traduzione veramente ecumenica (con gli stessi termini) del Padre Nostro, che non esisteva prima della rivoluzione del Concilio Vaticano II. Avevano proposto un testo comune alle loro Chiese, che lo avevano adottato. Senza dubbio oggi si metteranno nuovamente d’accordo per ratificare la nuova preghiera nei termini già definiti dai cattolici. Anche solo per smentire coloro che si lamentano dello stato di avvicinamento ecumenico che avrebbe perso vigore e si preoccupano del risveglio di riflessi comunitari.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 08/11/2013 21.28
Titolo:EBRAISMO E DEMOCRAZIA. Lo Stato d’ Israele al posto della Torah ...
Perché lascio la «mia» comunità ebraica

di Moni Ovadia (il manifesto, 8 novembre 2013)

Lunedì scorso tramite un’intervista chiestami dal Fatto Quotidiano, ho dato notizia della mia decisione definitiva di uscire dalla comunità ebraica di Milano, di cui facevo parte, oramai solo virtualmente, ed esclusivamente per il rispetto dovuto alla memoria dei miei genitori.

A seguito di questa intervista il manifesto mi ha invitato a riflettere e ad approfondire le ragioni e il senso del mio gesto, invito che ho accolto con estremo piacere. Premetto che io tengo molto alla mia identità di ebreo pur essendo agnostico.

Ci tengo, sia chiaro, per come la vedo e la sento io. La mia visione ovviamente non impegna nessun altro essere umano, ebreo o non ebreo che sia, se non in base a consonanze e risonanze per sua libera scelta. Sono molteplici le ragioni che mi legano a questa «appartenenza».

Una delle più importanti è lo splendore paradossale che caratterizza l’ebraismo: la fondazione dell’universalismo e dell’umanesimo monoteista - prima radice dirompente dell’umanesimo tout court - attraverso un particolarismo geniale che si esprime in una "elezione" dal basso. Il concetto di popolo eletto è uno dei più equivocati e fraintesi di tutta la storia.

Chi sono dunque gli ebrei e perché vengono eletti? Il grande rabbino Chaim Potok, direttore del Jewish Seminar di New York, nel suo «Storia degli ebrei» li descrive grosso modo così : «Erano una massa terrorizzata e piagnucolosa di asiatici sbandati. Ed erano: Israeliti discendenti di Giacobbe, Accadi, Ittiti, transfughi Egizi e molti habiru, parola di derivazione accadica che indica i briganti vagabondi a vario titolo: ribelli, sovversivi, ladri, ruffiani, contrabbandieri. Ma soprattutto gli ebrei erano schiavi e stranieri, la schiuma della terra». Il divino che incontrano si dichiara Dio dello schiavo e dello Straniero. E, inevitabilmente, legittimandosi dal basso non può che essere il Dio della fratellanza universale e dell’uguaglianza.

Non si dimentichi mai che il «comandamento più ripetuto nella Torah sarà: Amerai lo straniero! Ricordati che fosti straniero in terra d’Egitto! Io sono il Signore!» L’amore per lo straniero è fondativo dell’Ethos ebraico. Questo «mucchio selvaggio» segue un profeta balbuziente, un vecchio di ottant’anni che ha fatto per sessant’anni il pastore, mestiere da donne e da bambini. Lo segue verso la libertà e verso un’elezione dal basso che fa dell’ultimo, dell’infimo, l’eletto - avanguardia di un processo di liberazione/redenzione.

Ritroveremo la stessa prospettiva nell’ebreo Gesù: «Beati gli ultimi che saranno i primi» e nell’ebreo Marx: «La classe operaia, gli ultimi della scala sociale, con la sua lotta riscatterà l’umanità tutta dallo sfruttamento e dall’alienazione».

Il popolo di Mosé fu inoltre una minoranza. Solo il venti per cento degli ebrei intrapresero il progetto, la stragrande maggioranza preferì la dura ma rassicurante certezza della schiavitù all’aspra e difficile vertigine della libertà.

Dalla rivoluzionaria impresa di questi meticci «dalla dura cervice», scaturì un orizzonte inaudito che fu certamente anche un’istanza di fede e di religione, ma fu soprattutto una sconvolgente idea di società e di umanità fondata sulla giustizia sociale.

Lo possiamo ascoltare nelle parole infiammate del profeta Isaia. Il profeta mette la sua voce e la sua indignazione al servizio del Santo Benedetto che è il vero latore del messaggio: «Che mi importa dei vostri sacrifici senza numero, sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei giovenchi. Il sangue di tori, di capri e di agnelli Io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i Miei Atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio, noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io li detesto, sono per me un peso sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, Io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, Io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete il male delle vostre azioni dalla mia vista. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova».( Isaia I, cap 1 vv 11- 17).

Il messaggio è inequivocabile. Il divino rifiuta la religione dei baciapile e chiede la giustizia sociale, la lotta a fianco dell’oppresso, la difesa dei diritti dei deboli. Un corto circuito della sensibilità fa sì che molti ebrei leggano e non ascoltino, guardino e non vedano. Per questo malfunzionamento delle sinapsi della giustizia, i palestinesi non vengono percepiti come oppressi, i loro diritti come sacrosanti, la loro oppressione innegabile.

Qual’è il guasto che ha creato il corto circuito. Uno smottamento del senso che ha provocato la sostituzione del fine con il mezzo. La creazione di uno Stato ebraico non è stato più pensato come un modo per dare vita ad un modello di società giusta per tutti, per se stessi e per i vicini, ma un mezzo per l’affermazione con la forza di un nazionalismo idolatrico nutrito dalla mistica della terra, sì che molti ebrei, in Israele stesso e nella diaspora, progressivamente hanno messo lo Stato d’ Israele al posto della Torah e lo Stato d’Israele, per essi, ha cessato di essere l’entità legittimata dal diritto il internazionale, nelle giuste condizioni di sicurezza, che ha il suo confine nella Green Line, ed è diventato sempre più la Grande Israele, legittimata dal fanatismo religioso e dai governi della destra più aggressiva. Essi si pretendono depositari di una ragione a priori.

Per questi ebrei, diversi dei quali alla testa delle istituzioni comunitarie, il buon ebreo deve attenersi allo slogan: un popolo, una terra, un governo, in tedesco suona: ein Folk, ein Reich, ein Land. Sinistro non è vero? Questi ebrei proclamano ad ogni piè sospinto che Israele è l’unico Stato democratico in Medio Oriente. Ma se qualcuno si azzarda a criticare con fermezza democratica la scellerata politica di estensione delle colonizzazioni, lo linciano con accuse infamanti e criminogene e lo ostracizzano come si fa nelle peggiori dittature.

Ecco perché posso con disinvoltura lasciare una comunità ebraica che si è ridotta a questo livello di indegnità, ma non posso rinunciare a battermi con tutte le mie forze per i valori più sacrali dell’ebraismo che sono poi i valori universali dell’uomo.
Autore Città Giorno Ora
Federico La Sala Milano 09/11/2013 16.23
Titolo:Qualche domanda sul rapporto tra uomini e donne ...
Documento preparatorio del Sinodo sulla famiglia: qualche domanda sul rapporto tra uomini e donne

di Rita Torti (www.teologhe.org, 8 novembre 2013)

Sulle caratteristiche e sulle importanti implicazioni del Documento preparatorio alla III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, reso pubblico in questi giorni, molto è già stato scritto. Tuttavia alcuni aspetti rimasti per il momento in ombra suscitano interrogativi che credo valga la pena di condividere, raccogliendo così anche l’invito contenuto nell’ultima domanda del Questionario allegato al testo introduttivo: “Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?”.

1) Un primo dato che balza agli occhi è che nell’elenco delle “numerose nuove situazioni che richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa” sono contemplati fenomeni di vario tipo - dai matrimoni misti alle famiglie monoparentali, dai fenomeni migratori ai messaggi dei mass media, dalle legislazioni civili alle madri surrogate -; a dire il vero alcuni di essi non rientrano propriamente nella categoria della “novità” (ad esempio la poligamia o i matrimoni combinati - questi ultimi abbondantemente conosciuti anche dalle società europee).

Manca però qualunque accenno, nel testo e nel Questionario, a un fenomeno drammatico, documentato e diffuso in modo trasversale nei diversi contesti geografici, culturali e sociali: quello della violenza di genere (fisica, sessuale, economica...) all’interno delle famiglie.

La domanda che ci si può porre è allora questa: come mai a parere degli estensori del documento la violenza maschile nei confronti delle donne non è un problema da mettere in luce, da indagare e da evangelizzare?

E’ improbabile che in un testo così ufficiale e importante l’assenza sia casuale. Tuttavia sarà utile ricordare che questa mancanza può aggravare la situazione di milioni di donne - spose, ma anche figlie - di ogni parte del mondo, che a questo punto non solo subiscono violenze all’interno della famiglia, ma si trovano ad essere anche invisibili agli occhi dei pastori della Chiesa.

2) Il silenzio su questa ferita endemica delle relazioni familiari è rafforzato, sempre nell’elenco delle situazioni che richiedono “attenzione e impegno pastorale”, da un’altra scelta: quella di segnalare esplicitamente la presenza di “forme di femminismo ostile alla Chiesa”, e di ignorare invece la presenza - certamente più concreta, diffusa e radicata, anche in contesti cattolici - di mentalità e prassi maschiliste.

Anche in questo caso, in molte donne - e auspicabilmente in altrettanti uomini - può sorgere una domanda: davvero il maschilismo nelle sue varie declinazioni non è un problema per le relazioni familiari, e per le donne e gli uomini che ne sperimentano gli effetti? Davvero è un fatto che non suscita alcun interesse nei pastori della Chiesa, e su cui essi non ritengono quindi di dover sollecitare esplicitamente la riflessione delle comunità cristiane?.

3) Passando alla parte del Documento in cui si illustra “la buona novella dell’amore divino” che “va proclamata a quanti vivono questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli, che è la comunità familiare”, un altro interrogativo sorge nel seguire quelli che il testo definisce “riferimenti essenziali” delle fonti bibliche su matrimonio e famiglia.

Dopo alcuni rimandi a passi della Scrittura che mostrano l’importanza attribuita al matrimonio, all’amore e all’indissolubilità del legame coniugale, il paragrafo intitolato “L’insegnamento della Chiesa sulla famiglia” si apre con questa enunciazione: “Anche nella comunità cristiana primitiva la famiglia apparve come la ‘Chiesa domestica’ (cf. CCC,1655). Nei cosiddetti “codici familiari” delle Lettere apostoliche neotestamentarie, la grande famiglia del mondo antico è identificata come il luogo della solidarietà più profonda tra mogli e mariti, tra genitori e figli, tra ricchi e poveri”.

Che gli autori delle Lettere apostoliche considerassero con tanta ammirazione la “famiglia del mondo antico” è affermazione che probabilmente la maggior parte dei biblisti non sottoscriverebbe, anche volendo mettere tra parentesi le notevoli differenze che correvano tra il mondo greco e il mondo romano in questo ambito del vivere. Ma più immediata e alla portata di tutti è un’altra riflessione: in che senso si può definire “luogo della solidarietà più profonda tra mogli e mariti” la realtà che il Documento preparatorio illustra ad esempio con il rimando alla Prima lettera a Timoteo (2,8-15), che ordina fra l’altro: “La donna impari in silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio. Infatti Adamo fu formato per primo, e poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la donna, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione; tuttavia sarà salvata partorendo figli, se persevererà nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia”?.

Quindi, l’ultima domanda: in che modo questo e gli altri testi a cui il Documento rimanda (appunto, i famosi/famigerati codici domestici) possono comunicare la buona novella alle famiglie di oggi? Sarà veramente opportuno portare come esempio di famiglia evangelica brani che per secoli sono stati usati dalla teologia, dalla predicazione e dagli uomini comuni per rafforzare con il sigillo divino quella che era considerata la legge naturale della superiorità maschile e inferiorità femminile?!

Davvero siamo sicuri che nessuno se ne approfitterà per legittimarsi padrone, e davvero siamo sicuri che nessuna penserà che allora subire è cosa buona e giusta? Le esperienze che si registrano in ogni parte del mondo - e che gli estensori del Documento certo non ignorano - sembrano dirci che no, non possiamo essere sicuri.

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